Vino, rivoluzioni e rivoluzionari d’oggi

Io non ce la faccio davvero più e le palle sono arrivate al collasso.

Ma è mai possibile che sia ancora l’Italia il paese dove non si riesce mai a fare chiarezza sulle cose? Ed è sempre l’Italia a farsi infatuare da amori incomprensibili e -proprio perché tali -capaci di togliere la ragione e la visione dall’alto delle cose?

Ho cominciato a degustare e a conoscere il vino vent’anni fa e ho visto le rapide trasformazioni che hanno portato questo paese nel peggior degrado agricolo di sempre. Perdita di suoli fertili, stupro cementifero senza criterio, corsi d’acqua deviati per fare posto a inutili insediamenti abitativi e totale perdita di cultura; la stessa che oggi lascia l’italiano che si approccia al vino in totale balia di ogni sorta di messaggio fusion che sappia di rivoluzione giusta perché sana e perché a dirlo è uno che magari lavora alle poste (con tutto il rispetto naturalmente) ma che si dedica giornalmente al vino, in rete. Lo stesso che magari vive a ridosso della tangenziale est di Milano, che ha un’auto che inquina come un carro armato, che è obeso come l’emblema del junk food, che non fa la raccolta differenziata e fuma 3 pacchetti di sigarette al giorno ignorando la provenienza del tabacco, e legge libri scritti dagli stessi che gli dicono che “è più sano” a priori e quindi giusto. Come se uno per capire Berlusconi si leggesse i libri scritti dai suoi amici e non “Piccolo Cesare” di Giorgio Bocca.

E poi ti chiede “tu berresti Sciatò Duron Von Sil o un vino artigianale fatto sulle colline del paradiso da un vignaiolo indipendente che ara con i buoi, nutre il figlio con le bacche e ha la moglie che si depila l’inguine a secco con una pietra?”.

Per lo stile di vita e le scelte mi viene voglia certamente di provare il vino del vignaiolo, ma se questo è un orribile quanto maleodorante intruglio, dubito mi diventerà duro per la “figata” del luogo o per le sue ridondanti parole. Se fai vino devi imparare a farlo, in un armonico equilibrio vitale tra te e il tuo pezzo di terra e non hai bisogno di continuare a giustificare il tuo operato con discorsi aleatori, salutisti e ambientalisti soprattutto se poi non fai un cazzo, fuori dal tuo perimetro, per migliorare le cose per te stesso e per gli altri. Pare uno specchietto per le allodole che supplisce mancanze, più che un grido convinto di rivoluzione.G. Arcari

Ho visto…

Un’agricoltura divorata da chi ha cercato (riuscendoci) di farne industria, aiutato da una politica che oggi va indicata come principale colpevole del degrado territoriale e culturale di questo paese. Una politica che prima ha lasciato che l’industria stabilisse il valore dell’agricoltura così da portare il prezzo dei terreni coltivabili quasi a zero, in modo che qualcuno li potesse comprare a cifre ridicole rendendoli edificabili e speculandoci anche trenta volte rispetto al prezzo d’acquisto, per poi guadagnare ancora riempiendoli con l’irreversibile cemento. Per tutto questo non si batte nessuno, a nessuno interessa che attorno a quei due ettari da sogno fumino inquinanti camini, sbollisca il percolato nei suoli e che l’azienda vicina inquini le falde acquifere. È sufficiente auto dichiararsi naturali. Dove sono i rivoluzionari?

Ho scoperto piccole aziende agricole di “produttori dolci” tanto da mettere quasi compassione, essere le maschere superficiali di aziende più grandi e moralmente scorrette, sempre gestite dagli stessi che alla fine scopri essere ambigui e arricchiti personaggi, che antepongono sempre l’interesse personale a quello collettivo. Spesso hanno lezioni per tutti, loro, campioni del modo di potatura, di trinciaggio, di zappata moderna, e custodi del sapere universale. Eppure non ricordo di loro negli anni ’90. Ma certo, andavano alle scuole medie e poi hanno fatto scienze politiche o qualcosa del genere. E allora mi chiedo, bastano poche vendemmie per tante certezze? Sono questi i rivoluzionari?

E non si troverà mai (o si?) un vignaiolo contadino di 80anni -che da quando è al mondo non fa altro- che si schieri con tanta decisione nei movimenti che oggi sembrano rivoluzionari. Non sento grandi quanto storici produttori gridare “non uso pesticidi, solforosa, diserbo..” anche se magari è così! Forse perché il loro vino è già riconosciuto come grande? Beh, dal momento in cui uno sceglie di fare vino deve essere capace di fare quello occupandosi al meglio di casa sua e della sua terra. Perché non vedo un Bruno Giacosa nell’avanguardia di questa resistenza che oggi pecca continuamente in credibilità? Quale rivoluzione..


35 risposte a "Vino, rivoluzioni e rivoluzionari d’oggi"

  1. Gioann condivido la tua denuncia e la tua incazzatura e sottoscrivo quanto hai scritto. Permettimi di farti i complimenti per l’immagine, particolarmente fantasiosa, della moglie del vignaiolo indipendente puro e duro “che si depila l’inguine a secco con una pietra”. Stica..i!

  2. In questi giorni di tristi e amare considerazioni sullo squallore squalificante della politica, che dovrebbe invece essere il luogo di riscatto dell’anima, come non essere incazzati e inferociti. Complimenti e ti cito: “Un’agricoltura divorata da chi ha cercato (riuscendoci) di farne industria, aiutato da una politica che oggi va indicata come principale colpevole del degrado territoriale e culturale di questo paese. Una politica che prima ha lasciato che l’industria stabilisse il valore dell’agricoltura così da portare il prezzo dei terreni coltivabili quasi a zero”

  3. Difficile non essere d’accordo e difficile non masticare rabbia ogni volta che si va sull’argomento..
    Poiché i sentimenti si trasferiscono al vino, prima di entrare in cantina, cercherò un pensiero felice per volarci sopra, come un moderno Peter Pan vignaiolo 🙂

  4. Bel pezzo Giovanni, concordo su tutto.
    Solo una cosa: credo che quelle avanguardie un po’ Naif abbiano avuto il merito storico di aver ripotato l’attenzione verso pratiche meno invasive sia in vigna che in cantina. Qualche limite lo si era superato, e non parlo di solforosa, ma dell’atteggiamento di cercare una soluzione chimica ad ogni problema. Come era già successo nella medicina: quando ero piccola e avevo la febbre il medico prescriveva sciroppo e antibiotico subito, ora se succede ai miei bimbi aerosol se non respirano perfettamente e antibiotico solo se ci sono prove fondate di infezione batterica, che la virale sono le coccole a curarla.

    1. Grazie Sara! 🙂
      Sono d’accordo con te in merito all’attenzione verso pratiche meno invasive, però oggi c’è una strumentalizzazione massiccia delle stesse da parte di persone che devono ancora dimostrare di essere capaci di fare vino e di essere dei vignaioli quali dicono d’essere. Anteporre certe parole a un risultato che latita non serve e non fa bene a nessuno e da pratica utile rischiamo che diventi un meschino strumento.
      Le coccole per curare i piccoli invece, sono la soluzione migliore e parlo da zio rincoglionito. 🙂

  5. Un ruolo importante devono avere le guide, perchè non devono cercare la precisione secondo i dettami della degustazione tecnica, ma bensì rispettare il territorio, le annate diverse dovute ai fattori climatici e la mano dell’uomo che fa la differenza, la nostra identità è importante, non dobbiamo rincorrere nessun mito francese se non la nostra cultura.

  6. sottoscrivo le tue parole e la tua riflessione generale, credo ci sia bisogno dopo anni di mitizzazione del vino, di guadagnare un atteggiamento laico, di secolarizzare un sentimento che negli ultimi vent’anni ha assunto una dimensione sacralizzata.
    c.p.r.

  7. D’accordo quasi su tutto, mi affascina il mondo del naturale, però sto molto con i piedi per terra, mi son rotto di sentire che il biodinamico è fico, fa moda ed è trendy, chi fa questa scelta secondo me deve stare molto sul pezzo, si fà più culo, non può distrarsi e poi giù na pasticchetta e tutto torna come prima se non meglio.
    Comunque io vendo mobili, e la cultura contadina non mi manca, mio padre due tre anni prima di andare in pensione ha impiantato mezzo ettaro di vigna dietro al mobilificio, per esempio odiavo vendemmiare, mio padre te lo faceva sempre fare la domenica, l’unica mezza giornata mia libera, aspè ancora non ero appassionato,altrimenti col cavolo che gli facevo espiantare la sua piccola vigna, lui che non aveva mai fatto vino, andava a rompere le palle a tutti i vecchi contadini della zona carpiva le loro esperienze e le riportava in vigna secondo i suoi ragionamenti e qualche annata è andata alla grande, questo a giudizio di chi assaggiava non il mio, odiavo quella vigna.
    Ti ho raccontato questa cosa, perchè non tutti i novizi se si impegnano ed hanno una vocazione e ci mettono anima e cuore e sudore, dopo che la vigna entra a regime se si parla di un nuovo impianto, riescono a tirar fuori qualcosa di interessante.
    Ora la nuova frontiera sarà il vino vegano, in poche parole non si sfruttano gli animali, insomma possono cagare tranquillamente per la vigna, se poi la fanno fuori dal vasetto ci pensa l’inserviente a portarla vite per vite, questo è il baratro tra il biodinamico ed il grottesco, sicuramente io avrò molto da bere ma per ora la vedo così……..aiutateme (:_

  8. man, post bellissimo anche se mi fa stare male leggere e sentire (e condividere) queste tue dolenze. Come disse il nostro Virgilio, la verità è sempre rivoluzionaria.

  9. Bravissimo Giovanni, condivido tutto meno il passaggio sul valore dei terreni, perché in verità i terreni agricoli in Italia in molti casi costano troppo, proprio per l’assenza di una politica urbanistica seria, il che crea aspettative di edificabilità ovunque.
    per il resto, visto che Jeremy cita il “nostro” Virgilio, io cito quello vero: labor omnia vincit. Molta gente rivedrebbe alcune sue posizioni, dopo una settimana di zappa. http://www.antiqvitas.it/doc/doc.virg.Geo1.htm

    1. Grazie Maurizio! 🙂
      In merito ai terreni, correggimi se sbaglio, penso che costino troppo in base a quello che possono rendere qualunque sia la coltivazione. Intendi questo?

      Poi sto cercando di capire, grazie a un paio di amici avvocati e ne invito altri a prendere parte alla discussione, se c’è la possibilità di denunciare le giunte e gli assessori all’urbanistica che hanno massacrato comune per comune, tutta l’Italia. L’urbanistica è cosa ignota a questo paese.

  10. Concordo in pieno con tutto quello che scrivi, bravo Giovanni! 🙂 …certo che è difficile, non farsi venire il sangue cattivo, quando ci troviamo davanti agli occhi,ogni giorno, la realtà di cui parli…..mah, beviamoci un po’ su’! 🙂

  11. Bene, ho scoperto un nuovo blog, scusa la mia ignoranza, molto interessante. Questo post rispecchia molte mie convinzioni, peccato che io non ho avuto il dono dello scrivere semplice e coinvolgente.
    Distruzione di terreno agricolo: nel mio comune è stato approvato in consiglio un bel impianto fotovoltaico a terra che distruggerà 10 ettari di terreno agricolo, in gran parte vigne. Il sindaco si loda per l’iniziativa privata perchè porterà nelle casse comunali dai 80 a 100 mila euro di Imu. Da notare che il consiglio precedente avevano votato l’adesione alle Città del Vino con gran strombazzamento. In questo modo, di una grande zona agricola ricca di frutteti, vigne e ortaggi (di un unico proprietario nobile oramai quasi decaduto), dove fino a 30 anni fa lavorava il 20% degli abitanti del mio paesello si è giunti alla quasi totale distruzione dopo due aree artigianali che già l’avevano ridotta del 60%.
    Così è….

  12. Oddio! Io rientro nel gruppo di impiegati delle poste (non esattamente, ma lì vicino diciamo) che scrivono un blog tematico sul vino. Un blog misuratissimo, fra l’altro.
    Se vuole lo chiudo e così ve la canterete e ve la suonerete fra di voi, mentre io il vino nel mio piccolo lo compero? Oppure mi appello all’articolo della Costituzione sulla libertà di esprimere la mia opinione?
    Per dire, se posso permettermi, che come sempre fare di tutta erba un fascio è sbagliato secondo me, e distinguere con scetticismo fra gli uni e gli altri è una salvaguardia. Sempre. Ora capisco, spero almeno, che l’intento polemico e la direzionalità del Suo messaggio non consentivano troppi fronzoli, ma ho sempre timore delle posizioni troppo nette.
    PS posso dire che per il resto il Suo articolo mi è piaciuto: o gli impiegati delle poste possono parlare solo di raccomandate e francobolli?
    Cordialità, Primo Oratore.

  13. Ma perchè chi si dichiara “naturale” o similari deve essere un rivoluzionario? Perché devono esser quelli che cambieranno il mondo? Chi l’ha detto che debbano ave quella missione?

    Io credo che in qualsiasi modo si decida di far vino, ci si debba sforzare di fare un vino che rispecchi i luoghi da cui proviene, e di conseguenza mi sembra normale che il non utilizzo di certe chimicanze aiuti a fare un vino più aderente al territorio.
    Poi bisogna pretendere che il vino non abbia difetti, certo, ma io quando bevo certi vini “convenzionali” magari non trovo puzze e riduzioni, ma un gusto omologato e artificiale che ritengo esser peggio di tutte le riduzioni riscontrate in tanti anni di frequenza a fornovo e similari.

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