Verona e profumi del cappero

1696. È un’assolata mattina d’estate, il cielo è terso e una leggera brezza accompagna i nostri passi lenti. Stiamo costeggiando le mura che delimitano il Teatro Romano di Verona. I viottoli che lo abbracciano lasciano scorgere le proprietà -confinanti- dei monaci di San Bartolomeo e del collegio dei Santi Siro e Libera. Scorgiamo gli ulivi e le sommità delle piante che adornano i giardini interni. La vegetazione ha raggiunto le mura, lussureggiante e impetuosa. Edere, piante aromatiche e roseti si contendono ciò che resta delle alte mura perimetrali.

Un fiore in particolare cattura la nostra attenzione, i suoi petali bianchi e gli stami dalle estremità rosa intenso si stagliano sul verde brillante del fogliame. Sono i fiori del cappero che qui ha ormai conquistato buona parte della muraglia.

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fonte: web

Poco più avanti scorgiamo i monaci, indaffarati nelle operazioni di raccolta del fiore non ancora schiuso, il cappero appunto. Le sue proprietà sono ben note, in questo caso diventeranno gustosi sottaceti da sgranocchiare nel cosiddetto antipasto alla veneta. Prima “si deve infiappirli con il sale a norma di quantitativa. Si mettono di sopra distesi su un asse e devono starghe a infiapirse giorni 4 o 5 e poi si mettono nell’aceto, del più buono. Devono starghe circa 15 giorni, e poi si mettono in altro aceto che siano coperti nel suo vaso con una pezza bianca; e quando la pezza comincia a far della muffetta sopra, si deve lavarla nell’altro aceto e poi si covere lo stesso vaso, o quello che sia“. C’è una gran vociare, le grida risuonano lungo tutto il viale. Pare che i monaci di San Bartolomeo stiano discutendo con i confratelli del collegio di San Siro per questioni (di raccolta) del cappero!

La diatriba terminò, dopo vertenza giudiziaria, con un accordo tra le parti. I monaci di San Bartolomeo, nella parte sovrastante, avrebbero potuto raccogliere quelli raggiungibili con le mani “senza servirsi  di cana, legno o rampini” mentre i confratelli di San Siro, facilitati nella raccolta ai piedi del muro, avrebbero dovuto donare “libre 24 de capari che pro tempo l’andaranno raccogliendo” (circa 8-12 kg). Il racconto è tra le molte godibili narrazioni contenute nel libro di Andrea Brugnoli di cui vi ho parlato qualche tempo fa. Una passeggiata nella storia gastronomica veronese (e non) che evidentemente si è lasciata ricordare mentre percorrevo quegli stessi viottoli, oggi come allora disseminati di capperi.

L’infiorescenza della Capparis spinosa L. ha un’aroma elegante, un accordo odoroso che mi ha ricordato il mughetto, con un accenno di gelsomino (fiori d’arancio e chissà che altro…). Il tutto meno “gridato” ma sussurrato a chi ha la curiosità di avvicinare il naso a questi fiori. Uno studio sui cugini presenti nelle Isole Eolie ha isolato 145 composti volatili: aldeidi (22.2%) ed esteri (21%) i più abbondanti, seguiti da terpeni e composti solforati (8.42%) come indicato QUI. Insomma, annusate! E buona estate.

 

 

 


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