E se in Champagne non usassero più lo zucchero?

Un giorno di qualche tempo fa mi ritrovo con alcune persone a chiacchierare di vino e a stappare champagne. Qualche bottiglia dopo, la discussione si fa seria e il tono della voce sempre più acceso per sovrastare quello del vicino e per gridare “primo, cazzooo! L’ho detto io!”. Tatticismi.

Poi il tavolo diventa cupo e ci si butta sui dolcificanti e le grida arrivano fino Ovindoli. Alla fine qualcuno estrae un’altra bottiglia e il silenzio regna per qualche minuto. Hells Bells scandiva il ritmo del brusio che montava ordinato. Nessuno trovava una maniglia certa. Qualcosa c’era e altro mancava, forse. Non si capiva, non c’era certezza da esprimere per quel vino e il fastidio cresceva a mandibole serrate.

Poi si ragiona su quello che interviene nel vino e parlando di “rifermentati in bottiglia” si arriva allo zucchero. Per quanto un Pas Dosé non abbia zucchero residuo, per produrlo -un francese- ha comunque bisogno di almeno una quarantina (+) di grammi di zucchero per litro di vino. Arricchimento in fase alcolica e ancora una volta in bottiglia.Canna da zucchero

E se la chiave di volta fosse quella? Se il cambio stesse proprio nell’aggiunta di un elemento/alimento diverso allo zucchero? Quale?

I tempi non erano ancora maturi per parlare di stevia rebaudiana perché in Europa ne era vietata la coltivazione e pure la commercializzazione. Alle lobby dello zucchero andava bene così.

All’inizio del 2012 la svolta. L’Europa non ha più potuto far finta di nulla dinanzi alle criticità dello zucchero e ha ammesso la coltivazione e pure la commercializzazione della stevia e dei prodotti ricavati da essa. Essendo, a differenza dello zucchero raffinato, non cancerogena, priva di calorie e con un potere dolcificante decine di volte superiore a quello dello zucchero, ecco partito l’utilizzo nelle bevande analcoliche.stevia

Il pensiero è volato subito a quel giorno, a quella bottiglia e al non trovare una risposta che oggi pare invece più alla nostra portata.

Pensate se in Champagne mettessero al bando lo zucchero così poco attinente a qualsiasi pratica “bio” (anche se esiste lo zucchero bio. Come l’eroina bio del resto) e usassero questo dolcificante che non causa nemmeno il diabete.

I francesi sarebbero in grado di fare apprezzare un cambio così radicale nei loro vini? Senza dubbio.

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13 risposte a "E se in Champagne non usassero più lo zucchero?"

  1. Secondo wikipedia per la fermentazione alcolica si deve partire dal glucosio/fruttosio e in ogni caso per qualunque fermentazione da un carboidrato e nella stevia rebaudiana che di calorie ne ha zero di carboidrati mi sembra dura che ce ne siano. Concedimi che non possa rifermentare e quindi la puoi usare solo nella liqueur d’expedition. Dobbiamo stare veramente a romperci le balle per 5 gr/l di zucchero (o fossero anche 10), che in una bustina di quelle da caffè ce ne sono 7 o 8? Rinuncio a un caffè e mi bevo una bottiglia di Franciacorta (o Champagne se preferisci) in pace. Anzi, una e mezza

    1. Sono d’accordo ma credo che, come ho scritto da un’altra parte, i francesi troveranno il modo di usarla o comunque di sostituire lo zucchero (dove possono) con qualcos’altro. Il tasto Franciacorta non l’ho toccato perché per quanto mi riguarda si può fare a meno di qualsiasi zucchero esogeno in ogni fase.

      1. ah per quello non c’è dubbio che i francesi siano i maghi del marketing. Tra l’altro ho appena letto sempre su wikipedia che la coca cola ha già fatto la coca life, addolcita con la stevia… Però in tutta onestà mi sembra sbagliato per quello che riguarda il vino mettersi a fare i confronti su quello che ha meno calorie, quello che ha meno zucchero e via così. Se la vogliamo mettere sulla capacità di vendita, di fare rumore con l’aria fritta non ho niente da replicare perchè a quel punto vale tutto. Se si vuole parlare onestamente (marchetta free) secondo me sono tutte chiacchiere senza valore. Così come anche per il discorso del biologico, il puntare sul fatto che sia soltanto un’agricoltura più sana è fuorviante. E’ un concetto rapido e semplice da comunicare, ma non tocca i veri vantaggi che fare biologico può dare

  2. Francesco, i francesi oltre al “marketing” ci insegnano ancora a fare il vino, a tutelare un territorio e a dare un giusto valore all’agricoltura. Se parliamo di vino possiamo solo succhiarglielo e in vent’anni in cui sono in questo mondo, non posso pensare altro visto che la matematica è cosa concreta. E mentre noi parliamo loro sviscerano numeri che possono solo umiliarci e senta ostentazioni.
    Io non la voglio mettere sulla “capacità di vendita” ma sulla cultura che porta a costruire una domanda così forte. Li ammiro perché loro, grazie all’agricoltura (non al fare vino, quella è altra storia) abbiano impedito il prolificare di stupide villette a schiera e centri commerciali. Loro vendono a cifre alle quali noi, autoproclamati fenomeni. non possiamo nemmeno immaginare. Guarda la Franciacorta: esportiamo il 10% di quello che produciamo e abbiamo un consorzio che investe ancora una buona parte del denaro dei soci nella settimana della moda di Milano. Ti prego!
    Io penso che se nel Barolo di un’amica (e prendiamo Maria Teresa Mascarello per essere tutti d’accordo) se dovesse raccogliere un’uva quasi matura e arricchire con zucchero di canna, non penserei a lei come l’icona identitaria che di fatto è. Non penserei al suo vino come l’immagine di un territorio. Un grandissimo vino in ogni caso (forse) ma non così unico perché aggiunge una cosa della quale potrebbe farne a meno. Aggiungerebbe una parte di Cuba a Barolo.
    Però se ci vuoi parlare dei “veri vantaggi del biologico” in un’annata piovosa come questa, non aspettiamo altro. 😉
    n’abbraccio
    ps: si può concentrare anche la stevia

  3. Che i francesi siano avanti una cannonata con i numeri (intesi come fatturato) non c’è dubbio, che ci insegnino a fare vino non la trovo proprio una verità assoluta. Raggiungono delle eccellenze strepitose ma la gran parte di quello che riescono a muovere, vendendolo anche molto bene per carità, non è esattamente il nettare degli dei (tipo i rosati provenzali, che dal 2002 al 2011 sono aumentati del 30% e adesso sono più di 200 milioni di bottiglie all’anno e che qualitativamente non puoi certo dirmi che siano dei vini della madonna). Noi dobbiamo fare ancora parecchia strada come franciacortini, ma di realtà italiane che danno la paga ai francesi ce ne sono (ok, poche..), anche per tutela del territorio e valorizzazione agricola.
    Tolta la consideraizone tecnica sul fatto che la stevia si concentri o meno, che fa poca differenza, vuoi dirmi che piuttosto dell’aggiunta cubana preferisci l’aggiunta argentina? Aggiungiamoci davvero l’eroina (bio) a sto punto che così si aprono nuove fasce di mercato. Il vino deve essere buono, mica dietetico che palle! E’ chiaro che si deve farlo il più sano possibile, ma se vogliamo fare un vino di qualità, non possiamo metterci a fare la guerra con quelli del tè verde diuretico e con la tisana al finocchio che sgonfia la pancia.
    Il concetto secondo me giusto è che se uno che fa Barolo lo raccoglie acerbo e lo zucchera, fa un Barolo di merda e non lo voglio bere, se Bollinger raccoglie le uve mature che però essendo in Champagne hanno grado basso e deve zuccherare le basi, probabilmente stanno facendo uno Champagne della madonna e me lo bevo eccome. Vuoi dirmi che piuttosto dello zucchero di canna che è estraneo, è meglio lo zucchero d’uva? va benissimo, ma non cominciamo a fare i vegani, ti prego. E quello che per me è il vero vantaggio del biologico, pioggia o non pioggia, è che ti porta a fare un agricoltura ragionata, ti fa stare con le antenne alzate e probabilmente (sottolineo probabilmente) ti porta a fare un prodotto qualitativamente più valido, non solo più sano

    1. Mangio carne cruda, sempre. Non è per il “dietetico” o meno; lo zucchero (e io ne consumo molto, dal caffè in su) è ciò che si contrappone alle pratiche bio perché cancerogeno. Ma non è questo il punto e non dev’essere questa la leva da usare.
      Credo piuttosto sia bene ragionare, noi franciacortini, se il metodo che abbiamo applicato fino oggi sia il più adatto ad esprimere in vino le peculiarità del territorio. Questo perché a differenza dei francesi possiamo non utilizzare alcuno zucchero e fare dei grandissimi vini. Vini che dopo anni dalla sboccatura si terziarizzeranno al profumo e al gusto dell’uva che è stata usata e non più tendente alla crosta di pane e lievito.
      Parliamone

      1. Lo zucchero è cancerogeno, l’alcol fa venire l’infarto e i grassi idrogenati sia uno che l’altro. Ma dai, vogliamo metterci a chiamare il dietologo prima di bere un calice? E quelli che producono il whisky che ha 40 gradi alcol e ti buca lo stomaco cosa dovrebbero fare? Il giorno che mi troverò a dover fare il vino vitasnella, solforosa free, sugar free e alcol free cambio mestiere.
        Per quanto riguarda il metodo, credo che ognuno dal suo vino ci debba tirare fuori quello che più gli piace. Se a te piacciono i profumi primari fai bene ad esaltarli, a me piace la crosta di pane e vado avanti a cercarla, finchè il mio gusto non cambierà. Se per convincere le persone a bere il mio vino devo cominciare a dire che il tuo è velenoso, secondo me ci allontaniamo dai concetti giusti e tipicamente francesi di squadra e di valorizzazione del territorio di cui parlavi prima tu. Per promuovere il mio ipotetico vino bio, che senso ha che io dica che quello non bio del vicino è tossico? Io dico che il mio è più buono del suo, perchè ci credo, poi se uno cerca qualcosa di diverso, sarò felice (moderatamente) per il vicino.

  4. Francesco, ti avevo scritto apposta che la leva da usare non è quella della salute, soprattutto se la discussione si sposta sulla Franciacorta esattamente come io speravo. Potevi risparmiare inchiostro! 😉
    Ne ho scritto qui in tempi non sospetti https://terrauomocielo.net/2010/01/26/vini-veri-naturali-e-sinceri-filosofia-di-vita-o-strategia-commerciale/ delle cose che hai appena espresso tu.
    Per quanto riguarda il metodo -e qui abbiamo una lacuna culturale immensa rispetto ai francesi- è palese che ognuno debba fare ciò che ritiene più opportuno per costruirsi un’identità, l’importante è esserne consci oltre ogni ragionevole dubbio. A me i dubbi sono venuti anni fa e ho agito diversamente rispetto agli altri e oggi un contraddittorio intelligente e sensato per come faccio, non me l’ha ancora spiaccicato in faccia nessuno.
    In merito alla promozione, la mia speranza è che si accorgano di quanto possa essere diverso il mio vino rispetto a quello di altri. Poi conta il piace/non piace prima del buono. Se preferiranno quello del vicino me ne farò una ragione e cercherò di migliorarmi ulteriormente. è stimolo sublime quel podio.

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