Di seguito riporto un “racconto indipendente” che narra dell’esperienza appena terminata del SoloUva Tour negli Stati Uniti per il quale sono partiti Nico e Andrea una decina di giorni fa. Con loro infatti c’era una terza persona, Laura, che ha sentito il desiderio di raccontare la sua “prima volta” in questo mondo enoico, fatto di tastings e produttori, a lei sconosciuto.
Grazie Laura!
Io, astemia enologica forse anche un po’ acerba ma semplice amante del buon bere, mi sono ritrovata a degustare una realtà nuova fatta di tanti piccoli produttori, ciascuno con la propria personalissima storia. Tutti, guidati dallo spirito indie, hanno raccontato del loro vino, indissolubilmente legato alla storia della loro vita, io ascoltavo, assaporavo, cercando di cogliere le differenze e ammirando le analogie, la passione e la grande umanità che accomuna i produttori.
I tastings si sono svolti a New York, Philadelphia, Newport e Boston sotto la coordinazione precisa e frizzante di Valeria, puntuale nel comunicare i cambi di programma in tre lingue differenti, nel gestire l’imprevisto di un malanno improvviso, nel cullare Ettore, il tutto curato con la stessa precisa maestria. Al suo fianco Rose, occhi che si contendono la meraviglia con la voce, lei che si occupa degli eventi di Indie, che guida la macchina a singhiozzo, che si diverte a imparare la mimica italiana sorseggiando quattro margarita (forse erano cinque) mi ha tenuto compagnia nell’ascolto silenzioso delle discussioni tra due enologi, un agronomo e un musicista, detto così sembra l’incipit di una barzelletta..lo è, perché l’ ascoltare le discussioni e il confronto sul vino tra persone con una formazione così diversa è la miglior trama per la storiella del riso. Eppure il professore agronomo che lascia la cattedra prestigiosa per trasferirsi in Francia a produrre il vino come lo faceva mio nonno pigiando l’uva, gravida di solo sole, coi piedi, il violoncellista biodinamico che cerca la nuova nota nel grappolo, i due enologi che scelgono di produrre vino contendendosi la bolla con le uve che analizzano; per me sono vere favole. Ecco, credo che questo sia lo spirito di Indie, essere tramite oltreoceano di queste realtà fuori orbita, offrire al mercato americano la lacrima di Dioniso ma lasciando che sia l’ artista a versarla nel calice e a descriverla, perché l’essenza non si perda nella sterile vendita ma venga trasmessa nella degustazione, poco importa se poi le aspirazioni nasali, le acrobazie della lingua e i gorgheggi si tramutano in sputi. Ci sarebbe un capitolo intero da scrivere a riguardo, io davvero fatico a capirlo, meglio una sana ubriacatura, ma capisco che sia presunzione la mia.
Così mi distraggo e osservo Summer che allatta il piccolo durante la degustazione, richiama l’attenzione del compagno che ha abbandonato la sua postazione per brindare con gli altri artisti, osservo la complicità e la passione che li lega, la stessa che forse ha dato vita a tutto questo con la pacatezza e la dedizione di Christian Capitan America, il saldo riferimento a cui tutto lo staff si rivolge.
L’ultima serata ho conosciuto un altro pezzo di Indie, Rosanna, che ci ha accompagnati in un’ enoteca e in un ristorante a Brooklyn, lei che si occupa dei clienti, che conosce il vino, l’accademica col sogno in tasca. Alla serata non è mancata la risata indimenticabile di Natalino, l’energia e la favola di Valeria che mi ha portata per un attimo nella sua Sicilia e mi ha narrato della sua residenza d’arte. Con lei sono ritornata nella mia dimensione. Piccola ma contenta di questo viaggio.
Laura Rudelli