Storia di una trapa

Vorrei tornare dopo lunga e colpevole assenza a farmi vivo con un post ( o meglio, una serie di post) che dovrebbero essere un gioco, una cosa leggera leggera, una positiva perdita di tempo se volete; il mondo è un posto estremamente serio, ed anche io contribuisco quotidianamente in maniera sensibile a questo rigore/grigiore, tant’è che le poche volte in cui incontro Giovanni ricevo sempre un’esortazione a “girarmene una” e prendermi meno sul serio.

In tempi di orti urbani, boschi verticali e rotatorie in stile foresta pluviale voglio raccontarvi la storia di una singola, unica e inimitabile trapa. Per chi non mastica il dialetto delle zone a cavallo della Media Valle dell’Oglio e i tecnicismi agricoli, una trapa (plur. trape) è semplicemente una pianta di vite ma, parafrasando la preghiera di Full Metal Jacket, mi verrebbe da dire che “ce sono tante come lei, ma questa è mia”.

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Dimora nell’orto dietro casa ormai dal 2011 quando, insieme ad una sfortunata compagna ormai estirpata, è stata l’inizio di una sperimentazione di viticoltura domestica. Gli anni sono passati, e la trapa ( che risulta essere uno Chardonnay) è riuscita a sopravvivere alle mie maldestre potature, a trattamenti fitosanitari inesistenti e assenze di attenzioni lunghe mesi. Adesso è lì, nuovamente pronta a ripartire, dopo un severo passaggio invernale dal coiffeur, che ha definito la sua forma in un mini cordone speronato alto pochi centimetri da terra e dopo una sostanzioso apporto di nutrienti nel terreno, dosati in maniera casuale.
Il mio gioco consisterà nel fare una cronaca puntuale e documentata dell’andamento vegetativo e della maturazione di questa sfortunata piantina fino a che i suoi frutti non saranno pronti per essere colti, pressati e trasformati in profumato (si spera) mosto.

Mi rendo conto che tutto ciò può sembrare una cosa da depravati o da fissati (e probabilmente lo è) ma secondo me darà anche qualche risultato interessante, fosse anche solo una presa per il culo o uno sghignazzo. Vorrà dire che il gioco ha sortito il suo effetto.

Incidentalmente la nicchia ecologica formata dai condomini della mia via ha molte affinità con le condizioni pedo-climatiche della Franciacorta e questo mi permetterà anche di imbastire un parallelismo un po’ naif tra il mio orto e l’area in cui sto lavorando. Il germogliamento è stato abbastanza regolare e con il bel tempo dell’inizio di maggio la spinta vegetativa ha messo il turbo; fra pochi giorni prevedo saremo già in fioritura, sia nel mio orto che in Franciacorta.
Con dei rigorosissimi test  qualitativi verificheremo a vendemmia ultimata se a spuntarla sarà la blasonata uva franciacortina o questo sgangherato esperimento urbano, che come potrete notare dalla foto è già in sensibile espansione.

Ci sentiamo presto, non appena si parte con la fioritura.

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