La mia percezione dello scorrere del tempo è qualcosa che sta tra la maturazione dei cachi e un viaggio in Ciao verso Alpha Centauri. Qualche mattina mi sveglio di sobbalzo perché mi rendo conto che il prossimo maggio saranno quaranta e il cuore batte forte e l’odore acre della cenere dell’ultima fumata della sera è famigliare come un tatuaggio di Morrison negli anni ’90. Altre volte mi alzo e penso di dover arrivare in via Matteotti per fischiare a Micio per poi andare a scuola insieme e per fumarne una durante il tragitto. Ancora oggi mi accusa che se ha iniziato a fumare è solo per colpa mia. Opinabile e poi lui usa ancora il gel come allora. È un nostalgico, poco attaccabile ma anche poco credibile dall’alto del banco dell’accusa.
I pensieri corrono mentre Sancio urla nel bagno e non c’è musica che possa coprire l’esternazione del suo dolore. Il problema è che il suono arriva solo dopo la fitta al cuore, non prima, e chi ha ascoltato fare musica in un qualsiasi pulcioso locale di Chicago sa di cosa sto parlando.
Non è il troppo vino o il cibo, oppure una raffica di vento freddo a fargli rivoltare le budella e a farlo gridare a ogni sospiro. È l’anima che urla ferita da se stessa e che deve ribellarsi ma non sa. Che deve alzarsi ma non vede il cielo. Che deve cantare ma non ha orecchie per ascoltarsi e quindi insicura e immobile.
Ci si perde nell’essenza di progetti grandiosi che non sono altro se non l’immagine di qualcosa che qualcun altro ha fatto. Non rispecchiano ciò che vogliamo se non l’arricchimento temporaneo di un egoistico e fragile ego. La felicità è altra cosa e passa attraverso un’esperienza fatta di fortunate e coraggiose scelte.
A questo punto è obbligo chiedersi se sia più opportuna l’immortalità o la rinascita consapevole. Per obbligo nei confronti dell’evoluzione della specie, la stessa specie che dovrebbe salvare il mondo dalla catastrofe, ma anche la stessa che la catastrofe l’ha causata, mi auguro si propenda per la seconda, come un secondo giro di giostra ma con vantaggio; così che ci si ricordi delle scelte sbagliate per non rifarle ancora.