Era un dì di maggio quando in balia di un raro momento di lucidità, narravo avvicenti storie di hiper taster, umami e presunti recettori del grasso: Il prode sistema gustativo. Quando scrissi il primo post innervosita per il prurito da idiozie mediatiche, non immaginavo sarebbe stato così impegnativo pelare ‘sta gatta. Sintetizzare concetti che non odorano di crema solare e ombrellone è stato un tantino complicato. Temo il peggio debba ancora venire.
Raccolgo tutto lo scibile in mio possesso, prendo in prestito pure quello di qualcun altro e chiudo il cerchio dell’esperienza multisensoriale per eccellenza (e fatemelo usare questo termine inflazionato): l’assaggio. Applausi per le consistenze liscie e avvolgenti di una ganache al cioccolato, le croccantezze libidinose di una tempura, le calde cucchiaiate di una ribollita, la carbonatazione di una pils..il tocco morbido, caldo e umido di un bacio. Insomma il godimento powered by sistema somatosensoriale, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.

Intemperante, cedevole, legato a filo doppio ai piaceri carnali e per questo relegato a senso minore secondo gli studi di Aristoteliana fattura (e non solo), abbiamo dovuto attendere gli inizi del ‘900 perchè all’approccio filosofico si aggiungesse quello scientifico e al tatto fosse data l’importanza che merita. Letteralmente avvolti, fuori e dentro, solo grazie a lui possiamo percecire porzioni di realtà di primaria importanza (però moderatevi, anzi astenetevi, che poi c’è quel problema con le diottrie). C’è chi lo definisce il senso totale, dell’armonia e della conoscenza, porta d’accesso a quel mondo di desideri e sensazioni capaci di generare benessere come nessun altro mezzo riesce a fare (l’alcool dissente da quest’ultima affermazione). È il più intimo degli organi di senso, quello che ‘ci fa sentire dentro’. Il senso della reciprocità.
Il sistema somatosensoriale (dal greco somato: riguardante il corpo e caratteri fisici e biologici di individui e organi ed estesico: riguardante la sensibilità) comprende la sensibilità tattile, la termica, la dolorifica, la profonda o propriorecettiva (riguardante la postura, l’orientamento spaziale, forza del movimento) e la sensibilità viscerale. È quindi improprio chiamarlo tatto. Il tatto fa parte di questo complesso sistema. Com’è strutturato? In figura 1 gli organuli del tatto:

Poi:

E ancora, salendo in direzione fauci e dintorni, fondamentale è il complesso sistema sensitivo costituito dal nervo Trigemino, che con le sue tre branche fornisce la sensibilità alla faccia e alle mucose oro-nasali, dal nervo Facciale che si unisce ad un ramo del trigemino per innervare i due terzi anteriori della lingua, il nervo Glosso Faringeo che interessa la parte posteriore della lingua e il nervo Vago che trasmette quanto percepito dall’esofago, dalla regione oro faringea fino ai polmoni.

Tutto chiaro fin qui? Sì, la faccenda è piuttosto aggrovigliata. Differenti recettori (tipo quelli tattili), terminazioni nervose libere (trigemino) e/o sistemi misti, che si attivano e avvicendano con le diverse stimolazioni e che il nostro cervello processa restituendoci il percetto nella sua complessità. Oltre ai meccanorecettori protagonisti nell’individuazione delle cosidette sensazioni fisiche, ovvero quelle che ci consentono di definire un oggetto sotto il profilo della forma, reologia (deformazione dei materiali, plastico, gommoso,..), qualità della superficie e collocazione nello spazio, abbiamo termorecettori sensibili alle variazioni di temperatura e i nocirecettori sensibili alle stimolazioni dolorifiche. * “lo schema generale è: recettore/terminazione nervosa libera > neurone spinale o cranico > fascio nervoso spinale o cranico > cervello e di solito ci sono di mezzo un recettore e tre neuroni (da periferia a cervello). Sì è complicato!”
Capitolo a parte per quelle sensazioni che non sono proprie del sistema somatosensoriale ma nemmeno di quello gustativo. Appartengono ai sensi chimici (come gusto e olfatto) ma non sono sapori e nemmeno odori. Possiamo (possiamo?) definirle sensazioni chimiche comuni e riguardano gli stimoli sensoriali in cui sono coinvolti i chemiocettori, in particolare quelli presenti sulle mucose del cavo orale e del naso, stimolati da agenti chimici. Trigemino uber alles. Mettetevi comodi e riempite il bicchiere perchè mi scappa di aprire un parentesi:
– Il piccante: è la sensazione irritante, focosa, eventualmente dolorosa, provocata da composti quali capsicina, piperina e isosolfocianato di allile (senape). Ha inoltre un effetto anestetizzante delle papille. Se vi è capitato di ingoiare una quantita considerevole di capsicina vi sarette accorti che oltre a bocca in fiamme, gradazioni cromatiche facciali in evoluzione, sudorazione e lacrimazione, anche la percezione gustativa risulta alterata con tendenza a percepire solitamente un unico sapore dopo l’assunzione (alcuni avvertono tutto il cibo amaro, altri riescono a percepire solo il dolce). Essendo coinvolto il nervo trigemino e avendo quest’ultimo terminazioni nervose libere nelle vie nasali, l’azione irritante può interessare anche naso e occhi. I divoratori di peperoncini manifestano una soglia di percezione decrescente della piccanteza. Più vi strafogate di cibi piccanti, più dovrete aumentare la dose per avvertire la piccantezza con la stessa intensità.

– Il pungente: è la risposta di tipo trigeminale in presenza di molecole a carattere irritante come acido acetico, ammoniaca, l’acido cloridrico e soda caustica. Sempre all’interno della famiglia che pizzica meritevole di menzione è la nostra amata CO2, che per azione di un enzima (anidrase) presente sulla saliva, viene trasformata in acido carbonico, responsabile della ben nota sensazione che titilla il papalo quando sorseggiamo bevante gasate. L’azione irritante di queste (e altre) sostanze in zona olfatto, viene in gergo definita falso odore proprio perchè diverso è il tipo di recettore coinvolto (sì, l’aceto ha anche un odore ma la frazione irritante dell’acido acetico stimola il trigemino e non i neuroni olfattivi).
Queste le sbrigo alla svelta:
-il bruciante/rinfranscante: la prima è quella sensazione prodotta da liquidi ad alta gradazione alcolica che avendo un effetto vasodilatatorio, favoriscono l’afflusso di sangue generando un reale, seppur minimo, aumento della temperatura corporea (poi ci sono quelli in maniche corte a -10 °C, ecco); la seconda è causata da composti quali il mentolo, l’eucaliptolo e simili, ad effetto rinfrenscante delle mucose nasali e gustative;
– il metallico: ovvero la sensazione ferrosa, saguigna, “di mazzo di chiavi ciucciato”, di posateria d’argento (chi non pasteggia quotidianamente con quella) e chi più ne ha più ne citi, che possiamo riscontrare in alcuni cibi e bevande. La sensazione può riguardare anche (o solo) l’olfatto. Per alcuni prodotti (vedi la birra) si parla di off flavor, ovvero di un sentore che non ci deve essere, per altri è cosa buona e giusta. Se insomma vi state pappando una tartare di chianina e avvertite una ‘leggera’ sensazione ferrosa penso possiate stare tranquilli.

E poi lei, la chiacchierata astringenza. Quella che ci lascia a bocca asciutta, assetati, ruvidi, felpati. Quella sensazione avvertibile a livello della mucosa del cavo orale (quindi lingua, palato, gengive e labbra) dovuta alla combinazione, coagulazione, precipitazione delle proteine dell’epitelio e/o delle proteine salivari con sostanze polifenoliche (acidi tannici). Questi composti si legano alle proteine della mucosa producendo l’inizio di un processo di cuoificazione. Le proteine precipitano, la saliva si fa acquosa e perde il suo potere lubrificante. I dotti salivari subiscono una contrazione e nel cavo orale affluisce meno saliva. La sensazione di secchezza e l’effeto carta vetrata non si manifestano immediatamente ma lasciano solitamente un lungo ricordo di sè. Le variabili tempi di latenza e intensità di percezione dipendono sia dalla natura della bevanda/alimento e dalla sua interazione con altre sostanze presenti nell’alimento stesso (pH, eventuale presenza di alcool, polisaccaridi,..), sia dalla composizione e quantità di saliva durante l’assaggio. Non tutte le salive sono identiche, non tutti abbiamo lo stesso concetto di astringente. Ma nemmeno di dolce, amaro, piccante,…di cipria, di “di coscia di donna al mattino” (cit.) e vatte la pesca. Casomai non avessi chiarito a sufficienza il concetto di soggettività di giudizio lo ripeto, tanto per stare tranquilli.
Possiamo essere davvero acuti, qualcuno di noi anche straordinariamente bravo (e inconsueto) nel descrivere il percepito ma NESSUNO, nel farlo, sta descrivendo la realtà quanto piuttosto la sua porzione, interpretazione, interazione con quella realtà. La nostra mappa non è il territorio, teniamolo a mente.
Ringrazio infinitamente Anna D’Errico per la revisione scientifica. I debiti (alcolici) di gratitutine aumentano, spero tu sia allenata Anna. 😉
*nota di Anna D’Errico