Vi fermate mai a riflettere sulla qualità della vostra vita? Lasciate perdere per un attimo la villetta in periferia e il bolide che vi romba sotto le chiappe. Smettete di guardare orgogliosi il vostro Rolex, la giacca stirata e la camicia croccante. Parlo di vita vissuta con entusiasmo puro, e non di “gingilli” da compensazione.
La scorsa settimana invitato a una cena, ho riflettuto, ancora, su cosa conti davvero per incrementare il proprio livello di felicità per chili di peso.
Della serata ero all’oscuro di tutto e anche questo ha contribuito a farmi muovere da casa in una delle poche serate non organizzate che mi capitano. “Andiamo a mangiare in una capanna tra le vigne della Franciacorta” le uniche parole del mio driver (e vice) Laura che puntuale come una faina sulla preda si è presentata sotto casa alle 19e50. Guida nervosa e transfer sofferto fino Calino prima di essere caricato su un mezzo di fortuna e giungere al capanno.
Ecco i polmoni gonfiarsi di nuovo. Aria fresca in un giorno dopo il temporale dove il cielo è squarciato tra le nubi e i profumi della primavera che pompa a fare da contorno “AL” capanno da caccia per eccellenza. Un roccolo con piante altissime e ben tenute con un prato tagliato a rasoio e uno specchio d’acqua con due anatre di plastica che galleggiano.
Il capanno è una sorta di bilocale ma senza bagno. La mimetizzazione è ottima ma dopo aver messo il naso dentro, comprendo che la caccia non è altro che un pretesto grazie al quale, Giulio e Brunetto, possono dedicarsi alla loro vera passione.
L’amicizia e la libertà di fare quello che vogliono lontani dalla routine quotidiana prendendo respiro dalla famiglia e dai problemi. Ci tengono molto alla serenità che si sono conquistati e la prima cosa che dicono è che i problemi devono stare fuori da quei confini.
Il capanno è pieno di feritoie dalle quali puntare i fucili. C’è una prima stanza con un tavolo e delle panche dove abbiamo cenato in otto, mentre Brunetto cucinava e Giulio ci serviva i piatti. Una stufa economica bellissima, che certamente ha passato il secolo, con la polenta a farsi e una pentola di uccelli saltati con spezie e peperoncino. Un capolavoro. Da lì si va in un’ala semicircolare dedicata alla cucina più fine e una zona lavaggio. Poi una sorta di tana con un letto per i più eroici e per gli irriducibili del vino a oltranza.

Quanta bellezza nella più assoluta semplicità di quel luogo e nelle persone con le quali ho condiviso il pasto! Poi, se è vero il detto che è l’uomo a rovinare il paesaggio, in questo caso è grazie agli sforzi di due amici se si può ammirare ancora un luogo capace di emozionare tanto.
Un posto che custodiscono con la sapienza unica di chi in quei posti è nato e li ha a cuore. Anche perché conservarli come in passato, è un po’ come fermare il tempo. E poi perché non c’è qualità di vita senza un’attenta qualità del tempo.
Un grazie a Brunetto e Giulio che oltre all’ospitalità mi hanno fatto conoscere un feudo perfettamente gestito da due Re.
man ci voglio andare anch’io!
man, la prossima volta ti ci porto!
Grazie Giovanni, hai carpito perfettamente lo spirito con cui viviamo i nostri momenti al capanno, fuori da tutto e da tutti dove l’unica cosa che conta è la serenità a stomaco pieno… Grazie di Cuore.
Grazie a voi, Giulio! 🙂