La chiarezza non è mai troppa.
Sono molto felice che i miei post in merito alla zonazione e ad un aggiuntivo sistema di denominazioni in Franciacorta abbia scatenato la critica al pepe di Franco Ziliani. A Franco non posso che riconoscere il merito di avermi sempre fornito un confronto di qualità assoluta in tutto ciò che è vino, ma credo che questa volta non abbia ben compreso di cosa si stia parlando. A questo punto metto in discussione la mia capacità di farmi comprendere e proverò a spiegarmi con maggior dovizia di particolari.
In Franciacorta, oggi, si possono produrre 95 quintali di uva per ettaro con una resa in mosto del 60%. Questi dati rimarrebbero invariati comunque.
A cambiare sarebbero in primis le scelte dei produttori ai quali (anche se un’esigua minoranza come dice Ziliani) non si può non concedere di scegliere cosa fare del loro futuro.
Riportare il nome del comune in etichetta sarebbe, come detto, una scelta di chi produce e la stessa comporterebbe una riduzione della resa in mosto al 50%.
Arrotondando per eccesso contiamo 60 ettolitri per ettaro. 50 quelli rivendicabili come “vino atto a Franciacorta docg Erbusco…”. I restanti 10 “vino atto a Franciacorta docg…”. 50+10= 60 e nessuno ha perso un ettolitro.
A questo punto uno può scegliere se e come frazionare quel 50% in pressa, oppure può decidere di rivendicarne solo la metà, oppure di non rivendicarlo per niente e di produrre franciacorta senza denominazione. Ognuno può fare come vuole e può scegliere liberamente cosa fare.
Se poi si vuole identificare anche il nome del vigneto, gli ettolitri rivendicabili con denominazione comunale + nome vigneto sarebbero 40 per ettaro. Con i restanti 20 ne farà ciò che vuole, consapevole che 10 potrà ancora dichiararli con il nome del comune d’origine delle uve.
Veniamo al discorso cuvée. Tutto rimarrebbe invariato oppure con lo stesso sistema di riduzioni che ho spiegato sopra, il produttore può scegliere di indicare percentuali per vitigno, per comune e/o per vigneto.
Non credo sia fantasioso sostenere che pressando meno si ottiene un vino migliore e che dare più informazioni al consumatore (e senza doversele inventare) sia un’operazione poco praticabile. Sono anche persuaso che in futuro questo sistema possa portare a un’eliminazione o comunque a una chiara identificazione di tutti quei franciacorta che oggi possiamo vedere sugli scaffali a meno di 4 euro e che certamente non aiutano il prestigio di questa zona.
Non ci si deve inventare nulla ma semplicemente prendere atto di quello che già esiste e della possibilità di poterlo rivendicare con orgoglio da parte dei produttori che vogliono, ne sono certo, solo migliorarsi continuamente.
Nel dubbio, se come dice Ziliani sarà “una ristretta, fortemente consapevole e dotata di un forte orgoglio municipale, minoranza.” ne prenderò atto comprendendo certamente le ragioni che qualcuno mi spiegherà.
Però a questo punto mi leverei il dubbio chiedendo ai produttori di votare a tal proposito.
la mia non voleva essere assolutamente “una critica al pepe” come tu la definisci, ma una semplice e onesta constatazione dell’estrema difficoltà di far passare questa tua utopia. Bella ed intellettualmente stimolante, ma sempre utopia.
Franco, cosa c’è di utopico nel voler evidenziare ciò che già esiste?
Caro Giovanni, per una volta (finalmente!) sono al 100% d’accordo con te. Chiaramente quello che tu proponi, per avere un senso compiuto, si dovrebbe concludere con l’assegnazione ufficiale di un valore ai vari comuni. Serviranno 50 o 100 anni? Il fatto che sian cose lunghe non può diventare una scusa per non cominciare. C’è da dire che non ci stiamo inventando niente, considerando che la Champagne ha adottato da un secolo lo stesso metodo e mi pare che da loro funzioni benissimo. Partiamo dal presupposto che da noi le cose stanno messe in modo tale per cui sarebbe impossibile fare quello che hanno fatto loro, cioè attribuire in qualche modo “dall’alto” un valore differente alle varie zone (ricorsi al Tar, scioperi, guerra civile).
Cominciamo con il mettere in etichetta da dove viene il vino che c’è nella bottiglia e lasciamo che siano i degustatori o consumatori che dir si voglia a stabilire quale sia la zona migliore.
Poi verrà il giorno in cui ci sarà uno storico tale per cui si potranno mettere i valori “sulla carta”.
Le conseguenze porterebbero solo benefici alla Franciacorta, sia per la valorizzazione delle tipicità, che per altri aspetti meno diretti come ad esempio una definitiva soluzione al problema del prezzo stracciato dell’uva, a prescindere dall’area di provenienza.
Dove sta l’utopia? Gli interessi di chi ha il boccino in mano e quelli dei potenziali beneficiari della tua iniziativa secondo te coincidono? Tornando all’esempio di prima: chi secondo te può avere interesse a far valere l’uva di un ipotetico vigneto Grand Cru 3 euro al chilo, quando oggi ne vale 0,70 come quella di tutti gli altri?
Bravo Francesco! Ti reputavo una persona capace di comprendere le cose giuste,me ne hai dato la prova. Fatti sentire per una chacchierata