Night Train Express

E la tempesta arrivò.
Il primo giorno ufficiale di vendemmia, all’arrivo del primo carico di pinot noir, veniamo tutti radunati al “crush pad”, l’area di scarico e pigiatura delle uve; e qui assisto ad un paio di eventi che mi lasciano tra l’interdetto e lo sfiduciato.
Innanzitutto viene offerto a tutti un brindisi beneaugurale a base di non meglio identificate bollicine californiane, di un’atrocità rara; successivamente la Head Winemaker (il capo insomma) “battezza” il primo cassone di pinot noir con una bottiglia dell’annata precedente: un rituale che ha secondo me un significato rilevante e racchiude un bel simbolismo.
Ma è quello che avviene successivamente che mi fa porre qualche interrogativo; per farla breve tutto il livello dirigenziale della cantina, una decina di persone in tutto, irrompe sulla scena in costume, impersonando i diversi personaggi di “Alice nel Paese delle Meraviglie”.
Ci sono tutti, da Alice ovviamente, alla Regina, al gatto del Cheshire al Cappellaio Matto al Bianconiglio, e tutti recitano una particina in una sorta di scenetta sospesa tra il grottesco e l’umiliante, il cui tema sinceramente ad oggi ancora mi sfugge.
L’unica cosa che mi è chiara è un grande “boh” che mi si materializza in mente.

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Alcuni giorni dopo la grottesca pièce messa in scena dai capi, mentre stiamo smanettando su di una pressa, Carlo ed io veniamo avvicinati da un curioso personaggio, un ragazzo tedesco con dread e pizzetto caprino, Sascha, il supervisore del turno di notte. Dopo aver lanciato un’occhiata veloce al nostro macchinare intorno alla pressa, dichiara qualcosa che suona come “Voi due sapete cosa state facendo, perciò vi voglio nel mio turno”.

E’ un momento di dubbio, non so se esserne onorato per il riconoscimento della mia (limitata) professionalità o essere terrorizzato per qualcosa che pare essere un impegno fisico e mentale per nulla lieve….vada per l’ottimismo, accettiamo l’”offerta”.

Veniamo destinati alla linea dello chardonnay, più precisamente all’area di scarico e alle presse, e prima di iniziare a pieno regime con le notti abbiamo qualche giorno di training per acquisire familiarità con le attrezzature ei macchinari. Io mi “specializzo” nella gestione della batteria di 4 presse, Carlo alla manovra del mastodontico carroponte usato per lo scarico dei tir; oltre a noi e al già citato supervisore tedesco, la “nightshift crew” è composta da un ragazzo portoghese alle pompe e alle vaschette di sgrondo, tre o quattro cileni alle follature e altre operazioni all’interno, e un numero imprecisato di operai avventizi di origine ispanica, che appaiono e scompaiono settimanalmente.
Si inizia, e per qualche giorno mi sembra di vivere in una bolla, come se non fossi io ad agire; il turno comincia alle sette della sera, e si protrae fino a quando serve, generalmente le sette e trenta della mattina successiva, quando il “dayshift” arriva a sostituirci; la pausa pranzo o meglio, cena, è di circa mezz’ora ed in breve il microonde diventa il mio migliore amico.

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Il turno scorre scandito da una routine che in poche notti diviene familiare: all’arrivo c’è il passaggio di consegne e la pianificazione della nottata, in base ai carichi previsti in arrivo e alle operazioni da portare avanti all’interno della cantina, come follature o inoculi.
Dopodiché si cerca di tamponare il casino lasciato dal turno di giorno, che ha la sorprendente capacità di fare diventare un macello qualsiasi cosa venga mossa…chilometri di tubi aggrovigliati, linee che terminano tristemente in mezzo al nulla di un corridoio, pompe mute e disconnesse, valvole chiuse quando dovrebbero essere aperte e aperte quando dovrebbero essere chiuse, e via discorrendo.
Questa sorta di babysitteraggio diventerà il leitmotiv dell’intera vendemmia…quelli di giorno lavorano da cani, quelli di notte li rincorrono.
Finite le “pulizie” e settate le linee per i nostri carichi è ormai ora di cena, e se il primo tir non è ancora arrivato, ci rifugiamo in sala mensa per mangiare qualcosa di caldo e bere un caffè. Bisogna sfruttare ogni possibile momento di pausa, perché una volta iniziata la processione dei camion, non ci sarà (molto) tempo per il cazzeggio.

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Inesorabili, con una precisione oraria da fare impallidire, i camion si presentano sulla pesa: se siamo fortunati ne arrivano tre o quattro nell’arco della notte, se invece siamo sfigati stiamo ancora scaricando quando il turno di giorno viene a darci il cambio.
Le prime volte lo scarico è un continuo balletto di nastri trasportatori indecisi, presse che girano troppo o troppo poco, portelle che non si aprono, camionisti che si addormentano in cabina…ma nel giro di un paio di settimane, da un tempo medio di un’ora per scaricare ciascun tir si passa a poco più di mezz’ora.
L’”European Dream Team” comincia a funzionare a dovere, e in cantina la voce comincia a girare, insieme a qualche invidia, che ci procurerà non poche seccature.

Continua…

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