La percezione è una faccenda piuttosto ingarbugliata. Potremmo immaginarla come la fitta trama di connessioni di un processore elettronico, in cui i nostri sistemi sensoriali sono intimamente collegati. Un bel groviglio di fili che, non di rado, si intrecciano e vanno ‘in corto’. Non bastava il lungo elenco di interferenze di cui ho parlato QUI. Pure le sinestesie ora?
Ma cosa sono? E come agiscono?

Per definizione: quando una stimolazione sensoriale coinvolge non solo l’organo di senso direttamente coinvolto nella percezione ma è in grado di stimolare anche un altro sistema sensoriale, possiamo parlare di sinestesia. Insomma i nostri sensi di ‘aggrovigliano’ e con essi il nostro percepito. Il termine, che nella sua etimologia greca significa percepire insieme, mostra un’analogia con la sua antitesi, anestesia. Certo in questo caso (e per nostra fortuna) è necessaria una fervida immaginazione per proiettarsi in un’esistenza vissuta in assenza di suoni, immagini, odori e sapori. Costantemente esposti a pericoli e privati del piacere impagabile che guida le nostre scelte alimentari (e non), vivremo in un mondo ovattato, anonimo, sterile e dacadente.
Patologia o normalità? Eccezione.
Se immaginarsi il nulla è difficile quanto terrificante, priettarsi in una realtà alla “Alice in wonderland” (no, le droghe non valgono), può essere altrettanto impegnativo. A meno che non abbiate una tra le 100 diverse forme di sinestesia (potremo chiamarli sinesteti ‘puri’ mi prendo sta licenza semantica, vah). In questo caso potreste udire colori, gustare forme o altre mescolanze di esperienze sensoriali difficili da immaginare per la maggior parte di noi. Potreste descrivere la forma e il sapore di una voce o di una musica e sapreste percepire il colore di un profumo. Si tratta di una ‘bizzarria’ neurologica, non di un corto ma di ‘cablaggi’ geneticamente sistemati così (come tranquillizzo io, nessuno mai). Rarità dunque, non certo patologia (le stime parlano di 4 casi su 100).
Ricordo le risate quando qualche tempo fa, lessi di un tizio che non usciva con le ‘Helen’ perché quel nome sapeva ‘troppo di muco’. La sua attuale compagna si chiamava Jeanette e odorava di pancetta. Incredibile? Provate a scambiare due parole con un sinesteta, poi mi direte.
Se è vero che fenomeni di tale entità rappresentano l’eccezione, è altresì vero che tutti noi siamo soggetti a ‘sinestesie’. E sebbene una lunga tradizione culturale e filosofica ci abbia abituati a pensare ai nostri cinque sensi come ben distinti, catalogando le sensazioni in visive, uditive, olfattive, gustative e tattili a seconda dell’organo di senso cui sono legate, è il nostro stesso linguaggio a smentire questo falso credo. Di fatto i nostri sistemi sensoriali sono programmati per interagire tra loro e se poniamo la giusta attenzione a come siamo soliti descrivere le percezioni, è facile intuire che le interazioni sensoriali appartengono a tutti gli individui. Siamo confusi (esiste il retrogusto?) e molto spesso descriviamo sensazioni proprie di un senso con termini presi in prestito dal vocabolario di altri (la musica è ‘dolce’? ‘Calda’?).
Quando si parla di assaggio questo fenomeno riguarda principalmente olfatto, gusto e tatto ma anche la vista gioca un ruolo fondamentale in questo affascinante processo (pure troppo direi). È sufficiente percepire il profumo di una pietanza per farci venire l’acquolina in bocca, ci basta anche solo vederla. Ci basta vedere il colore di un vino per sentire una ‘fragolina di bosco’ o la super inflazionata ‘viola mammola’. E se cambiassimo il colore a quel vino, sentiremmo la stessa cosa? Con la stessa intensità? Molti test hanno smentito fior di nasi ed esperti di settore e la bibliografia a riguardo non manca.
Il ‘pericolo’ per gli assaggiatori è quello di effettuare descrizioni dettate più da erudizione e ricordi anziché da un’effettiva percezione. Impossibile evitarle, possiamo solo controllare le condizioni di assaggio. Certo la consapevolezza di non essere infallibili e la capacità di porsi difronte a quel calice ogni volta come fosse la prima sono un buon punto di partenza.
Forse insomma dovremmo prima rivedere la nostra forma mentis.
La sinestesia non e un fenomeno paranormale perche’ sussiste potenzialmente in tutti gli individui , infatti uno stimolo sensoriale provoca la percezione associata alla memorizzazione di altre sensazioni. Per esempio quando diciamo che un colore è ‘caldo’ o ‘freddo’, associando una percezione tattile a una visiva. La sinestesia è un fenomeno percettivo intermodale che pone in interazione diretta, (ovvero indiretta tramite i processi mnemonici) i vari sensi cosi che l’esito di una particolare stimolazione sensoriale influenza altri canali sensoriali ovvero attiva il sistema percettivo nella sua globalità. Tra i vari fenomeni intermodali la Sinestesia determinata dall’ handicap di una via sensoria , rappresenta un caso particolare di sostituzione di un canale di informazione dei sensi con uno o piu altri. : essa pertanto consiste nel fatto che una stimolazione generata da una modalità sensoriale provoca risposte in canali sensoriali diversi da quello proprio dello stimolo di partenza.
Esattamente Jaime,
grazie per questo intervento (io sono più a mio agio quando parlo di corti e cablaggi più che di femoneni intermodali :)).
Nessun fenomento paranormale, tutt’altro. Ne ho parlato perchè spesso anche gli “scolarizzati del gusto” tendono a fare confusione con la semantica e questo può rappresentare un problema nel caso in cui debbano a loro volta svolgere un’attività formativa, di comunicazione o di valutazione di un prodotto. Questo avviene con più frequenza con olfatto e gusto (per ovvi motivi). Nella mia piccola esperienza leggo e sento spesso inesattezze che in alcuni ambiti non dovrebbero essere ammesse.
Molto interessante, mi ricorda proprio un piccolo pezzo scritto partendo dalla filosofa dei sensi…
Discorsi poco approfonditi solitamente ma interessantissimi.
Se interessa:
http://infernot.org/2013/10/23/da-platone-al-sommelier/
Grazie Manlio,
molto interessante anche l’articolo che mi hai suggerito.
Mondo odoroso (o meglio la nostra relazione con esso) e la semantica fanno a “cazzotti” da sempre 😉
Proprio qui ospiteremo tra non molto una neuroscienziata italiana che indaga proprio i meccanismi percettivi dell’olfatto.
Ci racconterà cosa si sa e quanto ancora c’è da scoprire sul questo senso che, soprattutto noi occidentali, ci siamo dimenticati di avere ma che così massicciamente incide sulla nostra vita sociale e di relazione.
Seguici 🙂
Stefania
Figurati Stefania, l’ho preparato proprio per un intervento presso una scuola di psicologia, dove erano anche intervenuti medici e neuroscienziati… molto interessante.
Un bell’intervento.
Leggo che hai un’enoteca a Pavia, me ne ricorderò dovessi passare da quelle parti.