Domani e venerdì sapremo i nomi di chi rappresenterà le tre categorie di produttori.
Ne avevo già parlato qui con un certo ottimismo e con la convinzione -ancora viva- che le consulte potranno rappresentare una grande opportunità per la Franciacorta, ma è necessario che i suoi attori –tutti- cambino velocità di crociera.
Diventa doveroso per tutti, comprendere di fare parte di un sistema nel quale ognuno è elemento fondante di un meccanismo che deve sviluppare dinamicità ragionata quanto partecipata, e non improvvisazione a effetto boomerang come invece sta succedendo oggi.
È più che mai indispensabile portare valore aggiunto a un sistema che magari non sempre si è ritenuto gestito nel migliore dei modi, per il quale si è pensato spesso “era meglio fare diversamente”… La consulta diventa un contenitore di osservazioni, di iniziative, di saperi e anche un prezioso terreno di confronto nel quale comprendere e crescere.
Con le consulte si potranno portare idee concrete sul tavolo che conta con “la forza dell’insieme” perché anche se il peso politico -delle aziende che producono un massimo di 60mila bottiglie- pare di poco conto, la voce di oltre la metà dei produttori della Franciacorta può farsi sentire con rilevante eco.
Mi auguro anche che i viticoltori comprendano che il loro futuro e la loro economia sono strettamente legati a chi produce bottiglie e finché ci sarà qualcuno a vendere franciacorta sotto i cinque euro, il valore della loro uva sarà sempre minore e i costi per gestire un ettaro in costante crescita. È necessario essere uniti nei fatti e non solo nelle parole. Ciò che pare non riguardarli direttamente deve essere sentita come una priorità da non sottovalutare.
È anche fondamentale smetterla di essere così bresciani, convinti e sorridenti di essere più furbi di chi ci si trova di fronte ma pronti a pugnalare alle spalle solo per il miraggio di un guadagno sicuro quanto stare a culo nudo su una centrale nucleare. Dai!
Per una volta, per una sola volta, proviamo a non scartare o a etichettare a priori un’idea diversa e insolita, ma forse anche la più costruttiva mai proposta da un Consorzio. Proviamo tutti quanti a crederci un poco di più e poi vediamo che succede.
Personalmente mi candiderò come uno dei porta voce dei piccoli produttori, con la speranza che altri facciano lo stesso.
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. […] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? […] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
—Antonio Gramsci
(da Indifferenti, La città futura, numero unico, 11 febbraio 1917)
Man, le parole di Gramsci calzano come pelle. Grazie di cuore per averle pubblicate.
Adesso devo solo sperare che qualcuno non creda che io possa essere socialista! 😉