In quest’ultimo mese il dibattito sui vini targati Franciacorta venduti a prezzi di realizzo è stato davvero animato, con il blog preso d’assalto come non mai. La cosa ha destato talmente interesse che ha contribuito a far emergere altre questioni calde e che evidentemente interessano ai produttori, i quali invito a esprimersi sempre e liberamente senza timore.
Alcuni produttori e un paio di commercianti di vini mi hanno scritto privatamente ponendo l’accento su una questione emersa dopo la pubblicazione della precisazione di Fratus, nella quale evidenziava le differenze tecniche, oltre che economiche, del suo franciacorta rispetto al vsq che produce.
Per farvela breve: è eticamente giusto che un’azienda di Franciacorta produca anche anonimi vini spumante di qualità?
Come ho già avuto modo di scrivere in un commento su LeMilleBolleBlog preferisco di gran lunga che un’azienda commercializzi un vsq a 5 euro piuttosto che un franciacorta al medesimo prezzo. Certamente non posso ignorare chi sostiene che il marchio di territorio -anche se non riportato esplicitamente in etichetta- possa rappresentare un vantaggio poco corretto e una via di fuga dagli oneri consortili.
Pensate se Ca’ del Bosco o Bellavista dovessero utilizzare la stessa bottiglia e la stessa etichetta, ma con omessa la scritta Franciacorta sostituita da “Vino Spumante di qualità”! Mi vengono in mente le rivolte di massa.
Possiamo anche metterla così, con un paradosso: com’è possibile evitare che le due sopra citate aziende si mettano a declassare le loro bottiglie per produrre un vsq così da evitare (anche) di versare la quota consortile?
Non pensate che tale spumante avrà sicuro successo sul mercato, per l’ormai indiscussa riconoscibilità dei marchi in questione? E non pensate che tale successo possa anche essere dovuto al territorio che loro stesse hanno contribuito a sviluppare?Come arginare questa bizzarra possibilità?
Impedendo alle aziende consorziate di produrre un vino fuori dalla docg se fatto con il medesimo metodo? La vedo dura.
Impedendo loro di usare lo stesso nome dell’azienda e lo stesso marchio… il medesimo packaging e la stessa etichetta (forma, colore, ecc) dei vini a denominazione che già producono? Mmh…
Mettere una sorta di contributo anche per le produzioni di vsq? Un utopico deterrente.
Oppure è sufficiente una “carta etica” firmata dai produttori stessi con relativa espulsione dal consorzio?
Costituisce davvero un pericolo e un fastidio il fatto che un’azienda franciacortina iscritta al consorzio produca anche vsq?
Esprimetevi!
Un produttore utilizza la denominazione se questa gli consente in qualche modo di trarne un valore aggiunto, e non intendo solo dal lato economico. Il primo modo per evitare che i produttori escano dalla denominazione è far sì che la denominazione costituisca una sorta di casa comune riconosciuta come tale: questo è il primo valore aggiunto. Io la penso così.
Buongiorno a tutti, come molti sapete non è da molti anni che la nostra azienda ha iniziato a produrre Franciacorta, prima vendevamo uva e forse, se avessimo continuato in tal senso oggi avremmo in tasca qualche soldino in più ma sicuramente non avremmo mai provato la soddisfazione di vendere un prodotto d’eccellenza come il Franciacorta. Come per tutti i primi anni sono anni nei quali si investe molto ma non si raccoglie nulla, nei quali specie in questi periodi, è difficile crederci ed andare avanti ma noi l’abbiamo fatto e credetemi che quando ho visto la prima bottiglia etichettata con il nostro nome mi sono sentita orgogliosa di quello che avevamo creato.
La nostra ora è una piccola produzione di 25 mila bottiglie, speriamo di crescere negli anni ma prima di guardare ai numeri vogliamo guardare alla qualità del nostro prodotto.
Produrre e commercializzare Franciacorta non è secondo me solo un ONORE ma anche un ONERE.
Viviano in una terra che è simbolo e sinonimo di un prodotto DOCG fatto seguendo un disciplinare studiato apposta per produrre vino di qualità eccellente.
Non mi sembra giusto produrre Spumante VSQ con la denominazione di Franciacorta, è un offesa a tutti i produttori grandi e piccoli che come noi investono soldi e capitali per produrre il VERO FRANCIACORTA DOCG.
Ci sono alcuni produttori che per loro necessità lo vogliono fare? Lo facciano ma tolgano dall’etichetta la denominazione FRANCIACORTA.
Secondo me c’hai capito poco: se un produttore fa VSQ non può scrive anche “Franciacorta” in etichetta.
Mi sembra abbastanza illiberale imporre alle aziende che stanno nel consorzio di non poter fare altri vini con lo stesso metodo, ma fuori dalla DOCG. E se si arrivasse a una cosa del genere sarebbe una bella dimostrazione di debolezza del marchio Franciacorta: davvero questa tanto (secondo me) idolatrata docg ha paura di un VSQ qualsiasi prodotto dai vigneti più giovani con rese “abbondanti”, con sosta sui lieviti più veloce di Vettel?
L’unica strada, però lunga, è imporre una forma della bottiglia e registrarla per renderla inutilizzabile da altri produttori al di fuori della docg. Però chi lo dice all’attuale presidente del consorzio che tanto successo deve all’immagine del suo cuvée Prestige? E a Bellavista? Vuoi vedere che escono immediatamente dal consorzio pur di poter mantenere la loro bella bottiglia? In questo caso la forma vince sul contenuto, non ci sono storie, alla faccia della grande qualità dei loro Franciacorta.
Chi crede che Cà del Bosco e Bellavista uscendo dalla DOCG perdano vendite? Ormai sono dei Brand e come tali potrebbero viaggiare senza l’autobus “franciacorta”.
Credo che Francesca intendesse “Non mi sembra giusto produrre Spumante VSQ all’interno della denominazione Franciacorta”
Allora Francesca è abbastanza despota.
Meglio se non ha capito, fidati.
Dimenticavo, ci sarebbe un’altra strada: cominciare a negare la fascetta rosa a quei prodotti veramente mediocri (e sono tanti) che inondano il mercato. Solo così i prezzi resterebbero “importanti”, perché come ben sa chi ci ospita su questo blog la qualità costa.
Minchia, per una volta sono quasi completamente d’accordo con te. Sono commosso. 😀
Però purtroppo la fascetta non si può negare a nessuno che produca secondo disciplinare, anche se si tratta di vini mediocri..
Mi stai dicendo che basta rispettare rese per ettaro e qualche altro parametro per avere la fascetta? Cioè nessuna commissione assaggia una campionatura dei vari vini presentati? Capisco tante cose se davvero le cose stanno così.
Per carità, non è che abbia tanta fiducia nelle commissioni d’assaggio, basta pensare a quella del brunello quando anni fa rifiutò la docg al Decennale di Palmucci: follia!
Non devi commuoverti, basta che ti fidi ciecamente 🙂 🙂
Mi vien da dire che se c’è in giro gente che in Franciacorta produce VSQ a prezzi da realizzo, vuol dire che il vero problema è di sovraproduzione, si è piantato troppo o dove non si doveva piantare. Se uno ha le viti in zona vocata, che danno le uve giuste con le giuste rese, che senso avrebbe non produrre come DOCG ? Non è che sono stati concessi troppi impianti e magari anche dove era meglio dedicarsi a qualche altra attività agricola ? (chiedo a chi conosce la zona).
Aziende che si trovano in queste condizioni, sono in una certa misura “costrette” poi a svendere il prodotto, che vale quello che vale (non si può cavare il sangue dalle rape).
Il problema quindi non è a mio avviso DOCG o VSQ ma è: tu produci Franciacorta solo se hai i terreni che possono farlo. Stabilito dove sono le zone vocate si deve stabilire un prezzo minimo delle uve, che deve essere adeguato, in modo che le bottiglie non possano scendere sotto un determinato prezzo. Poi libertà se etichettare come DOCG o VSQ.
C’è “sovrapproduzione” perché il mercato non è cresciuto e si è continuato a permettere di piantare, hai ragione. Bisognava fermarsi nel 2008. Certamente ci sono zone “dove sarebbe stato meglio dedicarsi a qualche altra attività agricola” ma ci sono anche zone vocate, dove qualcuno avrebbe fatto meglio a dedicarsi ad altre attività e questo non solo in Franciacorta.
In merito a docg-vsq: vsq non ha necessariamente una riconoscibilità territoriale e questo va valutato. In Champagne non si può produrre un corrispondente del vsq
Chiaro che il discorso dell’allargamento indiscriminato (o con paletti assurdi – vedi Alta Langa) dei permessi di impianto vale per tutte le doc/docg d’Italia (e troppe doc e docg direi anche: che senso ha ?). Vero che in Champagne se fai spumante quello deve essere e non altro. Vero anche che il CIVC è un mastino nella difesa e promozione del prodotto, non si sgarra, anche nel garantire il prezzo minimo di acquisto delle uve, giusto per scoraggiare chi si presenta sul mercato appositamente per proporre un prodotto a basso costo. Così dovrebbero fare i consorzi in Italia. Mi pare (correggimi se sbaglio) che le ultime mosse del Consorzio Franciacorta si stiano muovendo in questa direzione. A quel punto anche chi è fuori (per questioni sue o per conveninenza) sarebbe invogliato a rientrare nei ranghi, perché rappresentato o con voce in capitolo. E’ un primo passo obbligato di una strada lunga, che se ben percorsa porterà dei vantaggi a tutti. Il vino sappiamo farlo come i francesi. Nessuno li batte sul come si vende.
@chiaro, è così ovunque. non penserai che in Champagne esiste una squadra di persone che organoletticamente decide se il tuo vino sia degno della denominazione o meno?!
Le commissioni di degustazione servono per le camere di commercio che approvano in via definitiva la commercializzazione del vino.
Ma diciamocelo chiaramente: non servono a niente e valutano esattamente come fanno i redattori delle varie guide. L’unica cosa oggettiva sono le analisi correlate.
Peggio mi sento. Eppure mi sembrava una cosa di un’ovvietà solare. Un gruppo (numeroso) di persone addette ai lavori, dei sommelier (che qualcuno deve aprirle stò bottiglie 🙂 🙂 🙂 ), dei produttori, dei giornalisti del settore, commercianti e enotecari della zona.
Una bella cieca tematica fatta da campioni imbottigliati in bottiglie uguali (è è è, belavista, non faccia il furbo 🙂 🙂 ) appositamente per lo scopo. I due voti più alti e i due più bassi scartati e poi via di media. Chi non supera un determinato minimo sta fuori e scrive VSQ, gli altri docg.
Dimenticavo: tutto da fare alla presenza di giornalisti, così tanto per evitare furbate.
Ps: il chiaro, non solo “chiaro”. Ci tengo, grazie.
Scusate se mi permetto un appunto all’interno della vostra chiacchiera… Non vorrei esprimere pareri favorevoli o contrari al fatto di produrre VSQ in Franciacorta, non credo si debba neppure disquisire a riguardo!!
I tanto citati contrassegni di stato non vengono “regalati” ai produttori che semplicemente rispettano le rese imposte dal disciplinare… Una partita di vino ATTO a Divenire Franciacorta, e cioè un vino che ha rispettato tutti i parametri di cui prima parlavate, per poter essere commercializzato come DOCG deve, per prima cosa, risultare conforme ad una analisi fisico-chimica (valori di riferimento da disciplinare); ad idoneità analitica ricevuta i vini vengono presentati in FORMA ANONIMA (la tanto nominata bottiglia di Bellavista non può essere riconosciuta, giusto per capirci) ad una commissione di degustazione composta da un panel di degustatori all’interno del quale si distinguono tecnici (enologi, agronomi, addetti al settore vitivinicolo,…) ed esperti (i famosi Sommelier, GIORNALISTI, perchè di giornalisti ce ne sono, ecc,…) i quali valutano i prodotti in base alle caratteristiche tipiche che il prodotto deve avere, cioè i canoni di tipicità del Franciacorta… Credo che ragionando un minimo si capisca come non sia possibile fondare una valutazione di prodotto sul “buono-non buono”, non questo tipo di valutazione per lo meno…
Giulio, Giovanni: decidetevi. Io spero che abbia ragione Giulio, anche se poi mi sembra incredibile che tanti vini abbiano la fascetta rosa.
Quali sarebbero le caratteristiche tipiche del franciacorta?
Credo che ci sia una certa confusione e che si idealizzino cose frutto dell’interpretazione personale. Il laboratorio che fa le analisi per la camera di commercio di Brescia (per esempio) lo conosco abbastanza bene e le degustazioni che seguono da parte di una commissione decisa in maniera oscura.
Ogni tanto fanno rivedibile qualche vino (rosato spesso) per questioni legate al colore. Non si è mai visto qualcuno picchiare i pugni sul tavolo dicendo “questo non è Brunello di Montalcino” tanto per dirme una calzante. 😉
La risposta sta tutta nel tuo “quali sarebbero le caratteristiche di un Franciacorta” e io ti chiedo pure di un trento o uno champagne a sto punto?! 😉
Le commissioni di degustazione deputate a concedere l’idoneità devono valutare sulla base dei caratteri organolettici di tipicità descritti dal disciplinare, che sono piuttosto vaghi in qualunque disciplinare. Altri parametri non organolettici (e in particolare fisico-chimici) sono valutati precedentemente alla degustazione.
Il decreto legislativo 61 del 2010 dice infatti: “Ai fini della rivendicazione dei vini a DOCG e DOC, i medesimi, prima di procedere alla loro designazione e presentazione, devono essere sottoposti ad analisi chimico-fisica ed organolettica che certifichi la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari” e poi “l’esame organolettico è effettuato da apposite commissioni di degustazione, tra cui quelle istituite presso le Camere di commercio, indicate dalla competente struttura di controllo, per le relative DOCG e DOC e riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal rispettivo disciplinare di produzione”. Pertanto, se il vino sta dentro ai parametri produttivi e chimico-fisici sanciti dal disciplinare può andare in comissione, e se in commissione sta dentro ai parametri organolettici stabiliti dallo stesso disciplinare, allora è idoneo.
Per il Franciacorta, i parametri, da disciplinare, sono questi: “spuma: fine, intensa; colore: dal giallo paglierino più o meno intenso, fino al dorato; odore: fine, delicato ampio e complesso con note proprie della rifermentazione in bottiglia; sapore: sapido, fresco, fine ed armonico”. Come si nota, a meno che il prodotto sia palesemente difettoso, è abbastanza scontato che l’idoneità venga concessa e, ripeto, questo non vale solo per il Franciacorta, ma pressoché per tutte le denominazioni italiane.
Un’ultima osservazione, riferendomi a quanto letto sopra: non so come funzioni a Brescia, ma non mi pare così frequente che delle commissioni di degustazione camerali facciano parte anche giornalisti, a meno che questi siano contestualmente anche degustatori abilitati o tecnici del settore, ma in questo caso il fatto che siano “anche” giornalisti è del tutto accidentale.
Grazie Angelo per la tua precisione. A parte un paio di nomi non so dirti da chi sia composta la commissione bresciana..Francamente non ricordo giornalisti.
Le commissioni di degustazione sono composte da Tecnici degustatori (agronomi ed enologi di comprovata (curriculum) esperienza e da Esperti deustatori (AIS, Onav e Fisar, con esperienza). Si fa regolare domanda che viene valutata e accettata se i requisiti sono rispettati. La composizione della commissione è gestita dall’ente certificatore che a turnazione chiama i vari componenti. Il giudizio sulle caratteristiche organolettiche deve valutare la tipicità e la suffcienza, non l’eccellenza, cioè devono esserci difetti palesi. Non ne fanno parte giornalisti in quanto tali.
Banalmente dico. Il problema di fondo è perchè io produttore di DOCG Franciacorta mi ritrovo costretto a vendere come VSQ.
Meditate gente Meditate…….
beh, ci sono una serie di variabili che possono concorrere a questo..
Semplice, perche’ non vendo.
Perche’ il marchio franciacorta all’estero e’ inesistente.
Proseguiamo?….
Si dai, proseguiamo che mi interessa.
ciao a tutti,
ma perchè tante cantine preferiscono produrre VSQ invece di DOCG?
Come ho appena scritto sopra le motivazioni possono essere molteplici.
In primis poco credo nel territorio e nel marchio Franciacorta. La possibilità di non seguire un disciplinare restrittivo come quello della docg… non paghi la quota consortile… e poi perché vogliono insediarsi in quella fascia di mercato che oggi è coperta dal prosecco e da spumanti generici a basso costo
chi produce VSQ, in genere, ha sempre prodotto Franciacorta e continua a farlo (e quindi a crederci),
probabilmente per una serie di motivi, sta diventando sempre più aziendalmente insostenibile la produzione di Franciacorta, quindi si è costretti a spostarsi sul VSQ, certo il Consorzio di Tutela starà già mettendo in atto politiche per prevenire un ulteriore aumento di questo fatto…
A mio modesto parere, dopo aver letto ipotesi alquanto fantasiose, riporto il punto del disciplinare per il quale per un’azienda franciacortina potrebbe essere conveniente produrre VSQ :
“4.5.1 La produzione massima di uva a ettaro è 10 tonnellate ……
La quantità di uva rivendicabile, per i primi due anni conteggiati a partire dalla prima annata vitivinicola successiva all’impianto del vigneto, è inferiore al massimo stabilito dal disciplinare e di seguito definita:
primo anno zero;
secondo anno 4 ton/ha.
I suddetti limiti di resa in uva a ettaro dovranno essere rispettati, fermo restando la possibilità di un supero di produzione del 20% che potrà essere impiegato per la produzione di DOC “Curtefranca” o IGT Sebino” se ne ha il diritto ”
e, aggiungo io, per produrre quel “cavolo” che uno vuole, vino generico o VSQ. Cordialità.
@Emanuele: diventa difficile credere a una denominazione quando alcune sue bottiglie sono vendute a meno rispetto a un vsq, ecco perché ” il rischio di insostenibilità” che per ora e per chi produce con coscienza rimane solo un pericolo, per altri -forse- qualcosa da cui trovare una scappatoia. Io credo molto in questa denominazione e in questo territorio altrimenti non c’avrei investito la mia vita.
@cristian: ho già proseguito qui sopra. Penso anche che credere in una denominazione non sia solo il farsi trascinare dagli eventi e mettersi a produrre qualcosa di alternativo (in peggio) perché le cose non vanno ma, anche cercare di cambiare il corso delle cose nella direzione di ciò che si crede davvero.
@Giovanni Palazzi: usti che grinta! 🙂 Quali sono le “ipotesi alquanto fantasiose”?
Però non capisco -dal tuo scritto- dove si veda che c’è convenienza a produrre un vsq. Pensi che venga fatto solo con le eccedenze consentite dal disciplinare?
Gio, se consideri che il 20 per cento lo puoi utilizzare per fare VSQ dovrebbero esser almeno potenzialmente più di due milioni di bottiglie e non sono poche. Le ipotesi fantasiose si riferiscono al fatto che prima di considerare quella che è, a parer mio , la più logica, si sono fatte considerazioni non accennando appunto a questa e , da quanto letto, probabilmente molti che hanno commentato manco sapevano di questa possibilità. Comunque, visto i numeri in gioco, posso pensare che i VSQ vengano fattì solo con le eccedenze, con una permanenza di 9 mesi e spuntando prezzi ben superiori ad alcuni Franciacorta in offerta nella GDO.
Forse il fatto che con alcuni vsq possano spuntare prezzi superiori rispetto ai docg non ti fa pensare all’ipotesi di una pericolosa e possibile inversione di tendenza? Mi vengono i brividi al sol pensiero! 😦 Perché a nessuno è vietato declassare il vino..
Quello che è veramente pericoloso è che chi produce VSQ in FRanciacorta vada in giro a dire candidamente che “tanto i vigneti son gli stessi, tanto le uve son le stesse, tanto il metodo è lo stesso” e allora spiegetemi perchè uno dovrebbe comprare Fc che mediamente costa di più di un vsq???
e questo direi senza dubbio che è il commento più centrato di tutti, quello che mi aspettavo dall’inizio. Brava Ava!
D’accordo Ava, d’ accordo Gio, ma è proprio lì che deve uscire la differenza , altrimenti è tutta “fuffa” , la differenza la devi sentire nel bicchiere. 😉
Scusa, ma la verità non è mai un pericolo: se l’azienda xxx facesse un metodo classico secondo i dettami del Franciacorta e poi decidesse di utilizzare la docg solo su metà della produzione e per il resto VSQ, evidentemente immettendola a prezzi inferiori sul mercato (i controlli, le fascette…. Costano) quale sarebbe il vantaggio nell’acquisto del suo Franciacorta? Il problema sta li, il disciplinare Franciacorta non aiuta ad avere un vino migliore, ma ha solo l’aria di essere marketing. Se esci dalla provincia di Brescia e non sei uno dei 4/5 produttori di riferimento, il nome Franciacorta serve solo per entrare sul mercato (un traghetto che ti porta in un posto), ma poi, una volta che ti conoscono puoi benissimo rinunciare alla docg e quindi anche a qualche costo.
Se poi la tua sta in un paese come “paderno franciacorta” allora ti basterà scriverlo bello grosso dove ti trovi e il gioco potrebbe essere fatto.
bel discorso da italiano opportunista, complimenti.
@ “il Chiaro”. Sostieni che il disciplinare del Franciacorta non aiuti ad ottenere un vino migliore rispetto ad un vino ottenuto seguendo le stesse regole, ma non rivendicato come DOCG. Direi che questo discorso sia applicabile a tutto l’universo delle Denominazioni, non ti sembra un po’ bizzarro applicarlo al solo disciplinare del Franciacorta? Inoltre dal suo discorso si evince che dai poca o nessuna valenza al sistema di verifiche e controlli, ritieni che possa esserci un sistema alternativo o forse pensi che sia sufficiente la semplice autocertificazione di un produttore di attenersi a certe regole ?
Ma opportunista di cosa? Non produco vino e tanto meno Franciacorta. Ti ho messo li un’analisi veloce di come stanno i fatti. Dovete togliervi dalla testa l’immagine del produttore che fa il vino per passione e se non lo vende chissenefrega! Chi fa vino è un imprenditore e come tale deve far andare avanti la propria impresa. Se per non farla morire bisogna passare dalla fascetta rosa ci si passa, se invece bisogna declassare e capitalizzare si va di VSQ. Se ho l’acqua alla gola e ho bisogno di “svendere” delle bottiglie di Franciacorta per avere liquidità lo faccio. Magari per il futuro cercherò anche di capire che errori ho commesso per non dover ripetere la svendita, ma intanto cerco di sopravvivere.
Io rispetto chi lavora e da lavoro senza passare da scorciatoie illegali, il resto sono chiacchere.
Certo che il discorso è applicabile a tutte le doc(g). Solo che qui si parla di Franciacorta. Facciamo pure esempi esterni: pensa all’azienda montevertine, i suoi vini sono tecnicamente dei Chianti Classico, ma Manetti li “declassa” a igt Toscana.
Qualcuno se la sente di affermare che un qualsiasi Chianti classico sia sempre meglio di quei vini? E che sia sempre espressione territoriale migliore dei veri Pian del ciampolo, montevertine e Pergole torte?
Il Decennale 2001 di Poggio di Sotto è peggiore di tutti i brunello di montalcino in circolazione?
San giusto a rentennano oltre ai suoi Chianti Classico fa anche il Percarlo. È un 100% sangiovese però igt: provalo e poi dimmi se sta sotto a tutti i Chianti della zona.
Altri esempi illustri? Eccoli: Tignanello (igt vs Chianti) Granato (la regina del teroldego ha come vino top un igt “vigneti delle Dolomiti” 100% teroldego, bizzarra come cosa, no?)…..
Sulla questione verifiche e controlli non so che dirti, non so che tipo di verifiche vengano eseguite, però resto perplesso sulla valenza di queste quando assaggio certi vini. Il discorso è estendibile anche alle altre doc(g): quanti Chianti fascettati puoi trovare in commercio che fanno veramente pietà?
Si Gio, la differenza c’è e si sente ma rimane quello che ha scritto Ava..
E soprattutto non sono tanti quelli che sono in grado di sentire la differenza nel bicchiere, non di certo gli sciacalli cui poco importa della qualità, e pensano solo a tirar giù centesimi se non euro…
@Giovanni Arcari: e come degusterebbero i “redattori delle varie guide”? 😉
Esprimendosi con personalissime e inappurabili opinioni 😉
Insomma non capiscono un cazzo. 🙂
Degustano con la bocca?
@Beghi: e che c’è da capire? 😉
Se l’è bianc o rus! (o rosa) 🙂
E anca se l’è bun (per te però) 🙂
La vecchia sigla VSQPRD e quella VSAQPRD è stata abolita con l’entrata in vigore della OCM ” Vino “. Naturalmente, come per tutti gli altri vini, lo spumante rientra nella classificazione generale relativa alle indicazioni o denominazioni.