Dalla Nuova Zelanda abbiamo tutto da imparare. Cominciando con il rugby dove ci hanno sempre asfaltato (anche se ultimamente gli inglesi hanno ricordato agli All Blacks dove è nato il rugby) passando per l’agricoltura e il rispetto della natura.
Ora mi tocca leggere –in quest’analisi di Marco Baccaglio– che ci surclassano anche con il vino. Non parlo di prestigio, storia o “struttura organolettica” ma del prezzo medio del vino esportato che è di tre volte superiore a quello italiano!
Un dato interessante (e qui dovrebbe dircelo Baccaglio se lo sia davvero) che si potrebbe analizzare, è il valore delle uve perché ho come il sospetto che non sia poca cosa.
In Italia il modello è ancora quello del produrre di + per credere di guadagnare complessivamente di + senza considerare che produrre di + significa avere + costi, maggiori esposizioni e rischi. E tutta questa frenesia da numero, si genera senza chiedersi se il mercato sia pronto ad assorbire tale produzione. La storiella è quella che vediamo oggi: produzione di uva abbondantemente sopra la normale richiesta e un mercato che non si sa come affrontare se non piegati a novanta. Prezzi dei vini in picchiata e prestigio che cala inesorabilmente.
Chi mi diceva che “per vendere negli Stati Uniti bisogna abbassare i prezzi”? No perché… i Māori ci dimostrano esattamente il contrario! Non è che per caso, loro, hanno capito che si vive se esiste un margine e che ci si può migliorare solo investendo quel margine?
Modello italiano di origine calcistico-berlusconiana: ci si compra un Maradona e si obbliga la squadra a giocare per Maradona. Lui segna, guadagna, fa due pubblicità da checca e si tromba qualunque cosa con le zeppe e tacco 12 (lo so, noi faremmo lo stesso anche senza pubblicità), simula dolori atroci e ruba qualche rigore tuffandosi per terra come se gli avesse sparato Oswald dalla tribuna risorgendo -purtroppo- ogni volta con un tempo che varia a seconda del risultato. Poi la società acquista un’altra serie di costosissimi giocatori famosi e all’interno del club cresce l’ansia da prima donna, la squadra non gira più come dovrebbe, i meno pagati non sanno più per chi giocare, i super pagati si svalutano perché non portano risultati e la società fallisce.
Modello neozelandese di origine rugbistica: il Maradona gioca per la squadra altrimenti la sua vita potrebbe prendere una piega sgradevole e lui lo sa. Non pubblicizza mai assorbenti interni e anche se non disdegna le zeppe, se le prende volentieri pure scalze.
Non simula, cerca di nascondere il sangue che gli scende copioso dall’arcata sopracciliare per non mettere in difficoltà i compagni… si fa cucire in due minuti e rientra in campo.
La società investe per far crescere il livello dei suoi giocatori fino a farne accrescere il valore perché capisce che è solo investendo per aumentare la qualità, e non il numero, che si può guadagnare in successi.
Meno giocatori onerosi ma di qualità oggettiva superiore. La società è in buona salute, raggiunge risultati e non fallisce (o se fa fiasco, è solo per colpa dell’inquinamento calcistico).
Loro crescono, noi facciamo sempre più ridere e adesso torna pure Berlusconi dopo vent’anni di grandi successi.
aggiungo due punti:
– in Nuova Zelanda non esistono sussidi per l’agricoltura, ed il settore e’ completamente libero da vincoli di natura legislativi atti a controllare la quantita di vigneti piantati. In altre parole non esistono diritti di reimpianto e ognuno, strano ma vero, nel suo terreno puo’ piantare quello che vuole assumendosene pienamente il rischio imprenditorisle.
– che “da noi” si faccia piu’ uva di quanto ne vuole il mercato e’ un mito, infatti e’ vero il contrario, visto che i prezzi alla produzione sono cresciuti in media del 30% rispetto all’anno precedente e, piu’ in generale, si stima che con la vendemmia 2012 a livello globale si e’ prodotto meno del consumo mondiale annuo. Nota anche che in Italia sono stati spiantati quasi 100.000 ettari negli ultimi venti anni, il 15% della superfice vitata, corrispondente piu’ o meno a quella della Nuova Zelanda.
Grazie Gianpaolo per il contributo che aiuta a capire meglio le differenze in campo agricolo.
Sono d’accordo con te -in merito all’uva- se analizziamo solo il 2012 che per fortuna di tutti è stata un’annata quantitativamente magra, ma se osserviamo l’ultimo quinquennio le cose non stanno così. Ci sono territori che hanno una produzione d’uva quasi doppia rispetto alla richiesta di vino del mercato e questo ha creato inesorabilmente l’abbassamento del prezzo e gli espianti. Ti posso citare la Franciacorta ma non solo..
Quanti ettari sono stati piantati sempre negli ultimi vent’anni?
una considerazione generale, come nel Rugby, sono MAESTRI nel marketing e nel merchandising. Da loro, come dal popolo anglosassone dobbiamo solo imparare . Nello specifico sono circa 5 milioni di abitanti (quasi come il Veneto) , e gli All Blacks hanno un budget da capogiro !!!! (derivato da diritti TV sfruttamento immagine e merchandising) . Se questi fiutano il business vino siamo fritti, l’unico handicap la scarsità della superfice dedicata.
Un’altra cosa certa è che comunque quel budget lo sanno investire al meglio, anche nel rugby 🙂