Bere vini di una certa età aiuta a comprendere l’importanza del tempo che si cela dietro tutto ciò che il vino rappresenta, che evoca e di cui necessità per essere creato.
Nel vino ogni cosa è tempo, come sperimentare per raggiungere il risultato che ci si è prefissati e che è lì, davanti ai nostri occhi ancora quando è solo un frutto che deve essere plasmato.Trovare quel compromesso che metta d’accordo il carattere dell’esecutore con le peculiarità delle uve coltivate secondo il volere del contadino, per un risultato che appaghi l’anima e che faccia dormire tranquilli, è questione di tempo.
Capire, interpretare, dedurre, migliorarsi e affermarsi sono cose che hanno bisogno di tempo.
Poi pensi che nell’arco della vita di un uomo il tempo è scandito dal costante ripetersi delle cose, come per un postino che timbrerà milioni di lettere, l’imbianchino che dipingerà migliaia di pareti, il fornaio, il carpentiere, l’impiegato di banca… Ma quante vendemmie può fare un uomo? Cinquanta, sessanta, settanta se è fortunato? E quanto poco tempo per non sbagliare?
Mi ha fatto pensare a questo, la stupenda magnum di Vigna Rionda ’96 di Massolino consumata lo scorso sabato all’Umbreleèr di Cicognolo, mi ha fatto pensare a quanto siano bravi i Massolino e al fatto che non basti dire “Serralunga” per trovarsi dinnanzi a un’opera tanto completa. Serve conoscenza, capacità e innata propensione al rispetto per il tempo e i Massolino lo sanno bene.
Questo Barolo si è rivelato davvero eccelso nell’integrità e nella freschezza del suo frutto. Non una nota ossidativa stonata, non uno spigolo e tutto in un perfetto connubio tra complessità e irresistibile gusto. Un vino che pone l’asticella del piacere a livelli molto alti e che rappresenta una delle grandissime eccellenze del nostro paese.
L’annata 1996 -messa in ombra da una quanto mai sopravvalutata ’97- continua a confermare ai miei sensi di essere una delle migliori mai degustate e non parlo solo di Massolino ma, anche di altri grandi interpreti del vino di Langa, come ebbi modo di raccontare qui di un impeccabile Giacosa.
Bevete ’96, se ancora riuscite a trovarne.
grandissimo vino quello di Franco… e condivido pienamente il tuo parere, non occorre dirlo, sul 97…
1996 grande millesimo. Ho in casa purtroppo ormai solo qualche bottiglia di Bussia di Giacomo Fenocchio e soprattutto il Dardi Le Rose di Beppe Colla, degustato anche qualche mese fa e che mi ha regalato emozione e commozione.