Nel 2005 in Vespa e risalendo dalla Puglia, ho percorso tutta la costa Ionica Calabrese in un susseguirsi di altipiani, di anfratti, di costruzioni lasciate a metà e di un mare che a ogni chilometro rubava la scena a tutto quanto. E poi il vento che portava quel profumo inconfondibile dell’estremo sud capace di rapire i sensi e di ammorbidire l’anima.
Qualche mese fa da Enocratia a Milano e con il contributo di Alessandro Marra, ho provato Aris che ha evocato da subito quel viaggio e mi ha fatto ritrovare la Calabria più affascinante in un bicchiere di vino, che poi ho replicato per scrivere questo post.
Nebbioleggiante nel colore con un naso pieno di tabacco e liquirizia, un tannino dolce e maturo a far da contorno a frutto e polpa, in un vino che ti aspetteresti di trovare più a nord (molto più a nord).
La golosità che genera è irresistibile in una struttura compatta e importante. Pieno e senza essere stucchevole e noioso come tanti altri vini votati alla concentrazione senza criterio, che inaridiscono bevibilità già al primo sorso.
Aris è un grande vino italiano, l’archetipo di quello che deve rappresentare la viticoltura calabra fatta da persone che, senza troppi fronzoli, sanno produrre vino: il resto è da provare.
In verità un po’ tutti a quel tavolo (compresi tu, Max e Giovanna) hanno dato il loro “contributo” 🙂 se – come poi è stato – la boccia è durata poco, molto poco.
Hai ragione, è merito di tutti! 🙂
Piuttosto, io non ho ancora assaggiato il rosato e devo passare a prenderne qualche boccia dal mio amico enotecario Giuseppe (a cui devo la dritta sui vini di Sergio Arcuri).
Per tua fortuna (?), ho già in testa un’idea per assaggiarlo insieme. Ora ti scrivo! 😉
attendo tue nuove! 😉