Alta Langa: cominciano i problemi (e noi li affrontiamo)

Lo scorso febbraio Ferdinando Principiano ha chiesto l’iscrizione all’albo dei vigneti rivendicati ad Alta Langa D.O.C.G. per l’ettaro e mezzo piantato a Serravalle Langhe.

Il Consorzio dopo una settimana ha risposto così:

“Buongiorno, per ora le iscrizioni all’albo dei vigneti atti a produrre Alta Langa DOCG sono chiuse: c’era l’intenzione di riaprirle per la vendemmia 2012 ma visti i dati vendite in forte calo e le scorte in magazzino delle aziende, si è deciso di rimandare tutto alla prossima vendemmia.”

Tradotto: dobbiamo aspettare che le vendite in Gancia, Martini e Fontanafredda vadano meglio, prima di poter produrre Alta Langa con il nostro vigneto?

Un concetto che fila (anche se tutto da verificare) e che certamente avrebbe dovuto attuare la Franciacorta -com’era nelle intenzioni di Maurizio Zanella- all’inizio della sua presidenza, ma che senso ha attuare il fermo degli impianti in un territorio che conta undici produttori?

Un territorio in divenire che vuole svilupparsi, deve necessariamente comprendere l’importanza fondamentale degli uomini che ne fanno, o ne possono far parte.

Come si può estendere la conoscenza di un territorio se lo stesso risulta privo di massa critica e soprattutto di variabili concrete al suo interno? Perché un conto è produrre centinaia di migliaia di bottiglie sulla scorta di un’idea di massima (si vendono bolle: produco bolle) che si è rivelata già fallimentare per tante aziende e un’altra è invece quella di produrre un vino che sia, senza compromessi, espressione della volontà di un uomo e valore aggiunto per il territorio tutto.

I produttori, soprattutto quelli piccoli rappresentano la spina dorsale di ogni territorio. Sono quelli che mancano a Trento, che mancano in Alta Langa e tale assenza non può generare sviluppo. Quattro marchi importanti e accentratori non possono fare un territorio.

Riteniamo siano necessarie altre regole, che non deprimano l’entusiasmo di chi ha voglia di fare bene e che non portino l’Alta Langa a un punto di non ritorno. Attendiamo risposte dal Consorzio.

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8 risposte a "Alta Langa: cominciano i problemi (e noi li affrontiamo)"

  1. Come al solito in Italia tanto è in mano a pochi. In questo caso non credo che la liberalizzazione dei vigneti serva, anzi, ma perchè magari non fissare un maximum di ettari a produttore?

    1. Infatti liberalizzare i vigneti è un’idiozia e dubito serva citare esempi eclatanti quali Puglia e Sicilia, ma pure la stessa Franciacorta, per averne riprova.
      Quello che proponi tu è corretto ma non può essere retroattivo e quindi ci ritroveremmo ancora nella situazione dell’Italia in mano ai pochi che hanno tanto.
      Ritengo invece necessario che casi come questi siano valutati singolarmente e con maggior attenzione dai vertici consortili ma con voto a persona e non come al solito che chi produce di più ha potere politico per decidere quello che vuole.

      1. Si, però si potrebbe anche effettuare una cosa del tipo: tu produttore che hai tot mila ha di vigneto in zona DOC, e dopo vari anni comunque produci sempre più di ciò che riesci a vendere allora si potrebbe togliere gli ha di surplus dalla DOC (ovviamente dando un incentivo) ed inserire nella DOC stessa altri vigneti (di altri produttori) per lo stesso n. di ha. E’ un’idea buttata lì che andrebbe regolamentata davvero bene.

  2. Sarebbe bello ma temo sia impossibile, inattuabile legalmente. Considera che un consorzio non ha nemmeno il potere di stabilire un prezzo minimo del prodotto finito: se uno domani volesse vendere barolo a un’euro a bottiglia non avrebbe ostacoli. Figurati a declassare vigneti sulla base di dinamiche interne a ogni azienda.

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