La diversità è valore da comprendere e da esaltare

-No, cioè… a me piace il pinot nero!

Di chi? Di dove? Di quando?

-A me piace lo champagne e non il franciacorta!

Di chi? Di dove? Di quando? Di chi? Di dove? Di quando?

-Questo vino è diverso da quello dell’altra volta.

Innanzitutto è un’altra bottiglia, poi dall’altra volta sono passati sei mesi e se sono trascorsi per te, lo saranno anche per il vino.

-Certo che allo stesso prezzo compro uno champagne.

Si, (Di chi? Di dove? Di quando?) ma compri un altro vino.

Vogliamo spostare l’asticella della nostra comprensione del vino anteponendo, una volta per tutte, la figura dell’uomo a quella della bottiglia? Sono stanco morto di tutte queste stupide banalità che rappresentano solo una piccola parte di ciò che mi sono sentito dire e chiedere, durante un anno di degustazioni.

Sono esausto di paragoni tra vini che in comune hanno solo la cO2, come se si potesse confrontare un nebbiolo di Valtellina e uno di Langa per trovare il vincitore di una gara che non ha senso di esistere. Il gusto è personalissimo e la comprensione della diversità un segno di crescita e maturità.

Nella diversità e nell’unicità si cela il nostro patrimonio e comprendere che il vino è territorio, inteso come l’interazione dell’uomo in uno spazio geofisico, è il primo passo per dimostrare di non essere i soliti cialtroni.

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9 risposte a "La diversità è valore da comprendere e da esaltare"

    1. ok, ma questo non può impedirci di dire quello che si preferisce e quello che è qualitativamente migliore.
      Nel vino essere diversi non significa per forza essere “di qualità”.

  1. Grande articolo!Veramente!A vendere vino queste banalità si sentono spesso, forse, dette anche per poca conoscenza enologica della gente, che per semplificare il pensiero, o per comodità etc etc butta tutto nello stesso “calderone”.

  2. quindi non potremo più dire “mi piace il vino pinco pallo”, ma dovremmo dire “mi è piaciuta la bottiglia del vino pinco pallo bevuta dopo tot giorni dalla sua messa in commercio.”?

    E se due bottiglie di vino pinco pallo messe in commercio nello stesso giorno (e imbottigliate nello stesso lotto) hanno avuto conservazione diversa una dall’altra?

    E se…… così all’infinito!!

    in linea di principio posso essere dello stesso parere di Arcari, ma non si può essere così rigidi. Dire che preferisco lo champagne al franciacorta non può esser preso come una banalità solo perchè non cito produttore, annata e situazione in cui ho bevuto la tal bottiglia, uguale nel confronto tra nebbiolo di langa e la chiavennasca valtellinese. Abbiamo diritto di avere delle preferenze e di poterle palesare senza esser messi sotto il fuoco incrociato di sedicenti esperti.

    1. Potrai continuare a dire tutto quello che vorrai.
      Dietro le righe ho cercato di far capire che le massime sono globalizzanti e ci fanno scordare che il vino lo produce l’uomo e che, non tutti gli uomini sono buoni per fare vino oppure lo sono meno di altri. e io ritengo che queste diversità debbano essere evidenziate -non per far emergere il migliore, che in ogni caso uscirà per merito- per elevare il nostro(certamente anche il mio) livello di comprensione.
      mi confronto spesso con alcuni ragazzi francesi che si occupano di vino e riconoscono l’indubbia superiorità nell’espressione dei territori francesi (mi riferisco alla capacità dei francesi di fare e essere un territorio che produce vino) che si traduce in un successo di vino, di critica e di mercato. Quando degustano franciacorta che non gli piacciono fanno subito il nome del produttore e la stessa cosa per gli champagne ma, non dicono che lo champagne è meglio, bensì che è diverso e che anche in quella diversità esistono porcherie. Naturalmente sostengono che la Champagne sia meglio, anche per via delle villette a schiera.

      Pensa al caso del nebbiolo: si fanno forse degustazioni per vedere se è più buono il Barolo di un Inferno, di un Sfursat, o di un Boca, di un Barbaresco…? confronti del genere si fanno -e sono ottimi- per rimarcare ulteriormente quanto sia vario il mondo. E se non basta si va a Barolo e si vede/beve Serralunga, Monforte, la Morra… e ancor più giù i vigneti per sottolineare una sempre più forte identità. Poi è logico che i gusti sono gusti. Ma anche li si può incappare in qualcosa di meno gradevole ai sensi e allora, diventa indispensabile dire il nome dell’artefice come quando se ne osanna uno che riteniamo bravo.
      Questo, in Italia, per vini prodotti con metodo classico non è possibile. Sarà che non siamo ancora in grado di vederlo come un vino a tutti gli effetti e la bollicina diventa il “superior comune denominatore” che non ci fa vedere nitidamente la realtà e quindi ci si concentra in “sfida-sfida” e allora mi tocca sentire o leggere delle massime che a volte mi appaiono, per certi versi, irrispettose e che segnano sempre più il divario culturale (nella comprensione del prodotto vino) tra italiani e francesi.
      E poi: anch’io ho il diritto di avere delle preferenze, nelle definizioni che usano altrettanto sedicenti esperti.

  3. La “diversità” è un valore assoluto da comprendere ed esaltare se fa rima con qualità, se è il risultato della ricerca di una nicchia di mercato da aggredire sarei meno daccordo.
    Molti esperti e degustatori e più che mai i consumatori appena-appena più smaliziati, giocano sulle massime fermandosi alla bottiglia e non a cosa c’è dentro e dietro di essa, Io penso che la soggettività è il parametro che spinge ognuno di noi nella scelta di una cosa piuttosto che di un’altra, l’importante è il confronto, l’analisi oggettiva, la prova continua per far emergere quella diversità che fà emozionare e che racconta il territorio, l’uomo, il vitigno e quanto è racciuso in 0,750 l di vetro!

  4. La qualità è prerogativa imprescindibile e la diversità è il naturale distinguo tra un uomo e l’altro, esattamente come dovrebbe (deve)essere ogni vino.
    Nel tuo post (per il quale ti ringrazio molto)dove parli di Opol, emerge che nella bottiglia hai trovato tante cose… se non ci fosse stata qualità non avresti sentito niente, oppure, nulla di tridimensionale..

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