Mentre si scopre che più del 50% degli studenti di agraria trovano occupazione entro un anno dalla laurea e che con grande soddisfazione l’interesse per il comparto agricolo attrae giovani al di sotto dei quarant’anni, mi trovo ancora a dover fare i conti con l’incompetenza di certi produttori improvvisati.
Ultimamente, grazie alla complicità di un evento del settore, ho potuto incontrare molti amici che non vedevo da tempo e tra questi uno in particolare Pietro (ometto il cognome per volere dell’interessato), con il quale condivido da oltre un decennio impressioni sul mondo del vino. Pietro è un enologo, uno di quelli bravi a cui non piace apparire se non in sporadici casi. Ogni volta che deve uscire in commercio con una nuova annata di un’azienda che segue (collabora con undici cantine), non perde occasione per confrontarsi con me e con altre persone del settore. È scrupoloso come ne ho visti pochi e non lascia nulla al caso. I suoi vini sono tutti impeccabili, espressivi e originali a parte, unico neo, i vini di un’azienda con la quale lavora da anni e sita in un territorio che lui stesso fatica a comprendere (questo rimane il mio parere). 😉 È un raro esempio di umanità, Pietro, capace di cose straordinarie.
Una di queste aziende, nate poco più di dieci anni orsono e che oggi si trova in difficoltà, gli ha contestato un problema tecnico (la cui colpa, dopo una serie di analisi, è imputabile esclusivamente al cantiniere) in merito a un vino e dopo che lui negli ultimi anni è stato capace di migliorare e di fare ordine nelle produzioni confuse (per usare un eufemismo) della cantina, è stato “liquidato” con una lettera fredda come l’inverno in Alaska. Naturalmente la mano che ha mosso la penna non è stata quella del produttore ma di un legale e il tutto per non riconoscere a Pietro il compenso dovuto per i servizi resi nell’ultimo anno.
Questo improvvisato e arrogante produttore, che nella sua esperienza può solo vantare qualche vendemmia e un mare di insuccessi, non rappresenta solo l’emblema della maleducazione e della spocchia, (visto che fino al giorno prima definiva Pietro un amico)ma anche uno dei reali problemi che affliggono il mondo del vino italiano, ossia lo stereotipo di un produttore di vino dalla falsa immagine rurale che cela un interesse attivo solo in ciò che il vino di economico rappresenta.
Una persona incapace di relazionarsi in maniera sensata, di mettersi in discussione con persone che oggettivamente avrebbero molto da insegnargli, in quanto le sue competenze sono risicate e sempre prive di fondamento ma sostenute con spavalderia, a fronte di un interesse che mira solo al denaro e a nient’altro. Come direbbe Sgarbi: Capra! Capra! Capra!!
Morale: L’incapacità fermenta nelle pance degli opportunisti.
Di asini che ragliano è pieno il mondo. Capisco e condivido: so bene cosa significa subire l’ignoranza di un prepotente. Ma Pietro, come altri, vale ben di più di una lettera e sarà la sua vita a dimostrarlo nonostante le ferite che dovrà portare.
Ti risparmio l’elenco delle lettere arrivate a mio marito: nessuno dei mittenti, con tutto il rispetto, ha poi avuto fortuna. Già, perché non si può licenziare se stessi….