L’orto “familiare” in Valcamonica è molto diffuso. Chi ce l’ha vicino casa, chi appena fuori paese; chi lo cura da sé, chi ha il nonno o un parente appassionato che rifornisce la dispensa di primizie. Mangiamo verdure che abbiamo seminato, annaffiato, protetto e curato per mesi. E’ risaputo che così gli ortaggi sono più gustosi, più sani, ed anche più economici.
Il mio pusher di insalata ed affini è mia zia, con la quale condivido nome e cognome, e che gestisce un appezzamento di circa 80 mq sotto casa, in centro al paese. Mio padre viene da una famiglia contadina, e sin da piccola ho visto sementi, zappe, terra smossa… le patate, le insalate tutte, i ravanelli, i carciofi, i pomodori, gli asparagi, i peperoni, le cipolle, i porri, il sedano, le carote… persino i meloni crescono nell’eden di mia zia.
Oggi, passeggiando tra le verzure mi sono accorta di aver sempre visto un sacco di cose, ma di non aver mai guardato. Non so riconoscere gli ortaggi nella loro collocazione naturale: la terra. Poco spirito d’osservazione? Scarso interesse? Sono una bimba (…) viziata? Non importa, adesso ne ho preso coscienza. E non voglio perdere l’occasione. Non è solo questione di imparare a zappare, di far crescere le fragole e i pomodori. E’ un bagaglio culturale, coltivato in anni di esperienza, di tradizione orale, di trucchi e conoscenze della terra e dei suoi ritmi. I riti che si ripetono ogni anno, uguali ma pieni di variabili, ma in fondo sempre sotto un piccolo cielo.
Mia zia non lo sa ancora, ma da domani diventerò una zappatrice provetta.
E voi, orticoltori che mi leggete, aspetto i vostri suggerimenti e le vostre esperienze. Io vi racconterò il mio viaggio nella tradizione contadina camuna.
Stay tuned. 😉
O brava! Oggi finisco di trapiantare pomodori da tavola nell’orto, al quarto anno di rotazioni e concimazioni con cacca di mucca e compost da rifiuti organici domestici, l’orto è diventato un vero e proprio vivaio di lombrichi. Ad ogni zappata ne vengon fuori un paio, e sono di tutte le misure. Pensare che ancora due anni fà questa terra di collina pietrosa alle falde del monte Amiata, era solo un ammasso minerale duro e quasi impossibile da lavorare, dove l’acqua piovana penetrava solo per un paio di cm, dove sassi di ogni dimensione cementavano gli strati. Però le verdure venivano bene e oggi spero vengano ancora meglio.
sei molto più avanti di me… ma vedo di raggiungerti, almeno l’idea è quella… 🙂 grazie!!
Ebbrava Lucia!
articolo costruttivo stimolante e con un tocco poetico!
mi son ripromessa anch’io di imparare quantomeno a riconoscere e distinguere gli le verdure che crescono nell’orto del nonno, e chissà che un domani non cominci anch’io a seminare qualcosina!
grazie Lju!! sia mai che se coltivandole inizi a mangiarne di più…. 🙂
Mi fai sorridere Lucia.
E’ sabato, un po’ brutto stamattina, e ti leggo dalla mia finestra che si affaccia dall’alto sull’orto di casa (ma niente valcamonica, stiamo in Franciacorta qui). Mio padre è lì che chiacchiera con il vicino… parlano di terra, tempi da rispettare, dosaggi d’acqua, che tempo farà a pasqua … sento un ” se chesto chè al fa come l’an pasat, basta, al peste vià e cambie l’an che e” (chissà qual è l’ortaggio che forse ancora non crescerà come mio papà vuole). Mi piace spiarli dalla finestra. Sanno a malapena mandare un sms, a Milano ci vuole un quarto d’ora prima che capiscano come funzioni la metro e ci mettono mezz’ora a scivere una mail che avrebbe bisogno di due minuti. Ma cazzo, ti fanno crescere un orto come si deve e ti fanno capire che ovunque ci sia terra, non ancora logorata e violentata, lì c’è un eden. E poi .. altro che circoli e conferenze per creare comunità. Guardali lì, come li aggrega la terra, solo per il fatto di esserci. Li osservo e capisco la massima che già Omero aveva espresso millenni fa: ‘ Non c’è impresa migliore che quella realizzata con le proprie mani.’ Dico sempre a mio padre che l’orto, prima o poi, imparerò a gestirlo e a curarlo da me. Lui ride e non ci crede. Non ha ancora capito che faccio sul serio.
Ps. Volevo allegare la foto dell’orto, ma non ci riesco. Mi sa che in quanto a tecnologia ogni tanto sono come loro. Buona pasqua.
Flavia.
Grazie Flavia, hai colto nel segno. #sporchiamocilemani è il nuovo motto. L’idea che le loro conoscenze valgano più delle nostre smanettate sui pc mi ronza in testa da qualche tempo. Ed è da verificare se riuscirò ad imparare a tenere in mano la zappa correttamente con la stessa velocità con cui mia zia ha capito cosa sono un post ed un blog. senza aver mai acceso un pc.
Buona pasqua anche a te, e naturalmente, a tuo padre e al vicino!! 🙂