La Valtenesi appare oggi come un’opera incompiuta, nella quale sono evidenti i segni (i solchi)lasciati dallo scorrere del tempo, come una vittima della confusione e della cementificazione priva di buon senso, oltre che di buon di gusto.
La Valtenesi sfregiata nella sua storica bellezza e usurpata dall’ignoranza di chi passa sulle cose con la pesantezza di un bisonte. La Valtenesi del vino, quella del Groppello, quella che oggi sta cercando, con le unghie, di far percepire al pubblico la propria identità ancora troppo evanescente.
Una Valtenesi per certi versi agghiacciante, se si percorre la statale che da Salò porta a Desenzano. Una strada che pare un gigantesco centro commerciale, in grado di resettare la mente delle persone facendogli scordare che li, si produce vino e olio.
È proprio su questa strada che alla fine(le proteste e il richiamo a una coscienza territoriale, non sono serviti a nulla) è comparso anche il tanto discusso Mc Donald, ovvero il più grande ristorante di questo territorio storicamente vitivinicolo. Olè!
Ora, tutto si potrà dire del sindaco di Puegnago, ma di certo non lo si può tacciare d’incoerenza! Infatti, aveva dichiarato: “Il Mc Donald’s farà da esca promozionale!”. Giustamente non si è fatto attendere, memore della forza con la quale ha sostenuto questa tesi, eccolo a sguainare l’asso nella manica. Leggete QUI le sue strategie di marketing per il territorio. Rasentiamo il grottesco.
È di ieri mattina la telefonata di Paolo Pasini, che ha turbato profondamente la mia “quiete natalizia”: “Giò, il sindaco di Puegnago sta contattando le aziende perché presentino e inseriscano i loro vini nel nuovo Mc!”.
Straordinario, no?? Non lo trovate un perfetto sposalizio tra culture differenti?? Non credete che il nuovo Mc possa aiutare i produttori di vino, a trovare definitivamente l’identità che stanno rincorrendo e magari a vendere più vino??
In attesa che trovino un pirla, in grado di dirci se abbinare il Groppello al Crispy McBacon sia la scelta migliore, oppure se sia più sensato un Chiaretto con il McChicken, vi chiedo di segnalare -se mai ci fossero- le aziende che aderiscono a questa iniziativa. Non voglio accusare nessuno, ci mancherebbe, ma vorrei chiedere loro quale straordinario impeto li ha spinti a fare una scelta simile.
Avanti così, Zeni, che con questa crisi c’è bisogno di idee nuove e brillanti che possano dare una scossa positiva al territorio.
Non mi stupisco più di tanto Giovanni, come hai giustamente detto esiste una coerenza di base: tutto fa brodo, così che il pubblico, già confuso di suo, capisca sempre di meno. Sempre di meno eserciti la facoltà critica e faccia un tutt’uno di hamburger industriali, vini artigianali, milk shake e vendemmie tardive, Mc Italy e quant’altro … E poi si parla di deriva della cultura, si organizzano convegni e dibattiti dimenticando che la salvaguardia della stessa parte dal quotidiano, dai nostri gesti, dalle nostre scelte. Non mi straccerò le vesti se qualche azienda, con la speranza di vuotare la cantina, aderirà alla scelta, sarà solo un altro boccone per questo fagocitante sistema.
Sono d’accordo con te, Carlos, ma il sistema si può cambiare o meglio, possiamo rompere i coglioni a chi si permette tali politiche, lontane anni luce dalla cultura e dalla storia del produrre vino.
….dopo tutti i discorsi fatti mercoledi’ sulla Valtenesi, mi tocca scoprire
anche questa genialata.
Ma allora non ne verremo mai fuori!!!
Date un’occhiata all’articolo di Ugo Andreis sull’ultimo numero del Corriere del Garda
…ora devo andare…c’e’ un big mac che mi aspetta!!
Non trovo l’articolo… segnalaci il link così che lo possano vedere tutti.
grazie
eccolo:
http://corrieredelgarda.wordpress.com/2010/12/17/ci-andavo-spesso-in-campagna/
mi permetto di dire la mia più da esperto di sociologia e marketing che di vino. personalmente non sono per la politica delle progettualità annunciate e mai realizzate. non c’è ombra di dubbio sul fatto che questo abbinamento territorio – vini – Mac sia totalmente fuoriluogo. evidentemente chi l’ha fatto non sa di cosa parla. non ci sarebbe nemmeno da argomentare ma evidentemente si ignora che il mercato del vino non può essere un ambito legato alle logiche dei fatturati, della crescita, del surplus produttivo a tutti i costi. questa è la logica dei fast food che per come la vedo io non sono nè più buoni nè più cattivi, ma solo “altro” rispetto agli obiettivi che si vorrebbero perseguire. tuttavia tra i proclami e i risultati stanno sempre le volontà, e non so quanti produttori abbiano voglia di sputtanare il proprio prodotto sull’altare della logica consumistica di un mac. e utilizzo il termine “consumistico” con la massima libertà da qualsiasi giudizio di valore e con il massimo rispetto per i fast food, la loro storia, la loro multietnicità, la loro capacità di generare un certo tipo di occupazione e occupabilità. non sono solito chiedere regole morali al mercato, ma so bene che dietro al successo di un prodotto c’è sempre una logica di posizionamento di mercato. non so chi sia il sindaco di puegnago, ma concludo con una amara considerazione: il vero dramma in questa italia del 2010 non è certo l’avere certi personaggi al potere ma la leggerezza con cui gli elettori danno loro posizioni decisionali ed ancor più l’incoscienza con la quale certi episodi non vengono pesati e pubblicizzati per dare un reale e profondo giudizio sul loro operato.
@armagio:
purtroppo il mondo del vino si è legato da tempo alle logiche dei fatturati e dei numeri e conseguentemente ha subito l’inflazionarsi del suo valore, non solo economico ma anche storico e culturale. è stata applicata al vino una logica industriale(la stessa che mc ha applicato al cibo), ben lontana dalla cultura contadina. la classe contadina ha certamente beneficiato (per un decennio)dell’industrializzazione del mondo del vino, ma oggi ne sta subendo le conseguenze in termini d’identità, nonché economici. ne viene messa a dura prova la sopravvivenza dell’intera classe sociale, parte della quale si auto elimina già per incapacità intrinseca.
non so se ci siano aziende ancora tanto abbagliate da poter mettere i loro vini all’interno del mc…ma non mi stupirei. staremo a vedere.
concordo con te relativamente agli elettori e anche all’incapacità di chi si oppone nel far pesare il proprio dissenso. del resto, prepotenza e ignoranza ricoprono ancora troppi ruoli di spicco e anche in questo caso mi è difficile stupirmi.
Per quanto ne so qualche produttore ha già calato le braghe.
All’inaugurazione del 20 dicembre sono stati “offerti” spiedo, vino groppello e olio DOP.
Non so i nomi ma sto “indagando”……..
Sto rileggendo e approfondendo un libro di cui ho già parlato, almeno sulla mia pagina fb, e che continua a intrigarmi, La globalizzazione del nulla di George Ritzer, il sociologo americano che ha coniato il termine mcdonaldizzazione. Direi che calza a pennello su questo post di Giovanni le considerazioni che Ritzer fa sul concetto di “locale” e sull’utilizzo che ne fanno le realtà imprenditoriali multinazionali quando lo stesso diventa interessante: dapprima l’utilizzo a loro fini (glocalizzazione), successivamente l’esportazione dello stesso che viene così svuotato dalle peculiari caratteristiche, o come direbbe Arcari della sua identità (grobalizzazione – non è un errore ma un neologismo ottenuto unendo globalization con growth, crescita).