Dom Pérignon 1999 e la data di sboccatura mancante

Capita, anche se con la stessa frequenza con la quale si vede un Panda, che durante un trasloco ti possa capitare di ritrovare cose delle quali ignoravi l’esistenza. Allo stesso tempo vorresti abbandonarne, sul selciato, alcune che dalla tua esistenza non se ne vogliono proprio andare. Ma questa è un’altra storia.

Tra le varie bottiglie che ho ritrovato durante la “bonifica” della cantina, ho voluto subito mettere il naso in una di Dom Pérignon 1999. Ora, non me ne voglia il generoso o la generosa donatrice sconosciuta dell’articolo, ma con la mia memoria da pesce rosso, altro non posso fare se non ringraziare.

Considero il Dom Pérignon il più straordinario prodotto (vino) commerciale al mondo. Produrre cinque milioni di bottiglie di questa caratura è qualcosa di veramente eccezionale. Una sola annata in bottiglia, niente “vin de reserve”. Mai.

Quello che per James Bond era “l’elisir d’amore”, per me è stato un viaggio a conferma di tutte le degustazioni che ho fatto in passato, delle diverse annate prodotte.

Questo 1999 l’ho trovato all’altezza delle aspettative. Grande apertura e freschezza per un naso che coglie immediatamente note di ananas maturo e tabacco. Nessuna sbavatura. Integro e caldo anche se meno “acceso” del 1996.

Alla bocca è pieno e salato, in armonico equilibrio tra acidità e zuccheri, che tra loro non si sospingono ma vanno a braccetto, a vantaggio di una golosità cronica.

Il pinot nero si fa sentire con maggior decisione dopo qualche minuto di bicchiere e con lui una leggera e gradevole tostatura e spezie piccanti. Ancora grassezza e volume, per sapori che spostano il pensiero altrove, al caldo, all’esotico.

Un vino difficilmente discutibile, ma concordo in pieno con Mauro Erro che sul suo “Viandante Bevitore”, in merito a una degustazione del medesimo vino ma del 1996, sottolinea l’importanza della data di sboccatura come elemento indispensabile per una degustazione più consapevole.

Sin dalla prima annata, infatti, sia con Arici sia con Camossi, teniamo in modo particolare a evidenziare questo importantissimo dato. Nel retro etichetta indichiamo il giorno, il mese e l’anno della data di sboccatura(certo non siamo gli unici). Il vino evolve nel tempo e a noi, sapere quando è stato sboccato, serve per monitorare la curva evolutiva del vino, confrontando ogni annata con le precedenti. Anche i vini per così dire “base” delle due aziende, sono sempre il risultato di un’unica annata e confrontare i dati raccolti in vigna con quelli espressi dal vino, ci fornisce ulteriori elementi per accrescere la nostra conoscenza e per poter abbozzare paragoni tra il territorio e i singoli vigneti, in relazione al vino e alla vendemmia.

Sono oltremodo convinto che, in un’Italia dove questa tipologia di vini è sempre più rappresentata e rappresentativa, fornire tale dato spiegandone chiaramente i perché, sia un modo di far accrescere la cultura del metodo classico -e in questo caso dei e della Franciacorta- nel percorso evolutivo del consumatore.

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