Made in Brescia è ricercare, selezionare, quanto di valido e buono – niente parole altisonanti – viene prodotto nella nostra provincia a partire dal lavoro quotidiano e dalla passione. Al centro di questo progetto troviamo le persone, non le cose: è dall’incontro dell’uomo con la terra il momento da cui nasce l’unicità che le caratterizza. Made in Brescia vuole essere realtà trasversale che non conosce ideologie o integralismi e si apre ad abbracciare tutti quelli che vogliano condividerne gli elementi fondanti.
La salvaguardia degli aspetti culturali, sociali ed etici di qualsivoglia espressione – come quelle artistiche o intellettuali, anche se il comparto di preminente e primo interesse è quello agro/alimentare – legata a un territorio e alla sua gente. Componenti che rendono un cibo, un manufatto, un testo, ricco di valore, con una sua storia e una sua tradizione.
L’obbligo, ora più che mai necessità, di contemplare l’aspetto ecosostenibile di ogni parte o passaggio del processo produttivo o ideativo. Obbligo che può essere dapprima solo tensione e desiderio ma che deve poi esplicitarsi in atto compiuto.
Il prendere atto dei limiti di una visione unicamente economica del lavoro umano, frutto di un allontanarsi dalle proprie radici. A questo allontanamento dobbiamo parte della responsabilità di quest’ultima crisi mondiale, alimentata da una finanza sempre più distante dal mondo reale, popolata da individui per i quali il denaro diventa fine e non possibile strumento.
La scoperta di un mercato che accolga queste prodotti, che di volta in volta per quantità, stagionalità, rispetto del valore intrinseco e propria irripetibile identità non sono appetibili dalla grande distribuzione o dalla comunicazione di massa. Mercato che non divenga mai unico motivo d’essere, ma sia luogo di scambio e confronto tra chi propone un bene e chi di quel bene necessita, spinto da un bisogno che non sia mera sussistenza.
Il collegamento tra produttori attenti e ristoratori desiderosi di rivalutare il territorio, con la duplice garanzia della qualità e della reperibilità per i secondi e dello smercio con la giusta remunerazione per i primi – senza dimenticare la ricaduta positiva sul recupero dell’ambiente e delle sue diversità -. Così operando si pongono le basi per la continuità del lavoro agricolo e artigianale, permettendone e stimolandone, come momento indispensabile e caratterizzante, il ricambio generazionale.
La divulgazione di un sapere che, lungi dall’essere sterile gioco intellettuale, possa diventare cibo per la mente e difesa da un’omologazione che tutto appiattisce e ottunde. Su questa traccia si dirà di prodotti che cessano di essere conosciuti poche decine di chilometri dal loro luogo di origine, di ricette che, ingentilite o meno, sanno di vero, di non inventato o compiacente, ma. ancora una volta e soprattutto di persone che credono nel proprio operare.
La valorizzazione di una provincia che per estensione, varietà di ambienti, microclimi, e conformazioni geologiche ha ben pochi rivali all’interno di una nazione già composita come poche e che resta, per tanti versi, ancora sconosciuta ai più.
se posso permettermi aggiungerei una postilla, made in brescia deve essere anche difesa del consumatore, di quel consumatore attento e desideroso che spesso si trova a comparare e a pagare cari prodotti spacciati per bresciani, ma che tali non sono.
deve essere uno strumento nelle mani del consumatore per permettergli di diventare quello che Petrini definisce coproduttore, uno strumento che gli consenta di essere consapevole e di smascherare gli imbonitori ed i venditori di fumo.
i miei più sinceri complimenti e un grosso in bocca la lupo
Trovo che il tuo commento sia azzeccato, sia pure alla luce della replica di Giovanni, e più che di un consumatore dotto parlerei della necessità di avere un consumatore edotto. Non è un semplice gioco di parole, piuttosto un obbligo dell’informare, in termini chiari, ma in particolare assolutamente rispondenti al vero, sulle caratteristiche – provenienza, materia prima impiegata, presenza o meno di additivi … – del prodotto. Se successivamente o a priori, il singolo consumatore vuole scoprire tutto il mondo nascosto dietro a un cibo, un vino, aumentando così il piacere nato dalla conoscenza, ben venga ma è, in un certo senso, affar suo. Indubbiamente una delle aspirazioni – delle presunzioni? – insite in MiB è fare cultura ma vogliamo essere lontani da ogni intento falsamente pedagogico, con il “sapere” dispensato dall’alto, riversato su un pubblico che passivamente lo accoglie.
Caro Enrico, per tutelare il consumatore è, prima di tutto, necessario renderlo dotto.
Questo rappresenta l’obiettivo primario del progetto, la cultura che rende consapevoli.