Vini Veri, Naturali e Sinceri: filosofia di vita o “strategia commerciale”?

Spesso, mi chiedo perché il mondo del vino non abbia una Margherita Hack, non abbia qualcuno in grado di fare chiarezza, con la scienza, per lo smisurato abuso della fantasia che si mette in atto per alimentare un mercato!

Andiamo per ordine. In questi ultimi tempi imperversa il verbo dei vini naturali, veri, sinceri… Tutti ne parlano, nessuno ha ben capito di che si tratta. Qualcuno si è elevato al ruolo di “santone” della categoria e oggi, che il mercato di nicchia premia, i santoni si sono moltiplicati e le faide interne al movimento, per contendersi il potere mediatico, non mancano. Vi ricordate i primi pro-barrique in terra di Langa? Ecco.

Ma voi, avete mai visto il vino in natura? E un vigneto naturale cresciuto spontaneamente?

Questo, solo per porre l’accento di come l’uso improprio di un termine possa creare confusione nel consumatore.

I “verbi” utilizzati, qualche tempo fa erano principalmente due, biologico e biodinamico. Oggi, chi fa fermentare con lieviti indigeni e non selezionati, non utilizza solforosa e lascia che tutto avvenga in maniera casuale e spontanea, si definisce “produttore di vino naturale” e partecipa a manifestazioni dai titoli evocativi.

Ma nello specifico, agricoltura biologica, biodinamica e vini veri, naturali ecc. che cosa sono?

L’agricoltura biologica è un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario dal Regolamento CE 834/07, e dal Regolamento di applicazione CE 889/08, e a livello nazionale dal D.M. 220/95. La Comunità Europea stabilisce che cosa si può fare nel vigneto ma non quello che si può fare in cantina. È certificata e controllata la tecnica e non il prodotto.

L’agricoltura biodinamica è applicata in tutto il mondo dal 1924 da aziende di ogni estensione e tipologia, essa parte dal fondamento che l’azienda agricola è un vero e proprio organismo vivente a ciclo chiuso, inserito nel più grande organismo vivente cosmico, alle cui influenze soggiace. L’agricoltore biodinamico conosce tali influenze e conseguentemente adotta un metodo pratico che le favorisce, col risultato di avere terreni fertili e vitali e prodotti salubri.
È un apporto di conoscenze che si offre a integrazione della cultura agronomica ufficiale, determinandone il rinnovamento in uno spirito più etico ed estetico e che favorisce una nuova professionalità dell’agricoltore, cosciente e corresponsabile.
Dona un nuovo impulso cosmico plasmatore per cui la pianta, da manifestazione di sole forze naturali, sempre più diventa espressione di intervento professionale umano.

Chi certifica è una società che risponde al nome di Demeter:

Il marchio Demeter contraddistingue l’alta qualità del metodo agricolo biodinamico e ovunque uno vada nel mondo lo può trovare. Demeter è un marchio di TUTELA DELLA QUALITA’ BIODINAMICA, è un marchio collettivo internazionale registrato a Ginevra.

È quindi anche un marchio commerciale che vende ai contadini gli stessi prodotti con i quali potranno certificarsi biodinamici.

Poi esistono cose come “Viniveri” “Vinnatur” ecc. che, non sono altro che associazioni di produttori che si danno delle regole come una sorta di disciplinare(un manifesto) su basi biologiche e biodinamiche. Regole che nessuno controlla se siano applicate o meno, ma che da loro il diritto di autodefinirsi “produttori di vino naturale”. Ora c’è chi grida alla certificazione e chi invece all’autocertificazione, accusando magari il vicino di campo di pratiche “illegali” nei confronti della morale del gruppo.

Come ho già scritto il mio timore è che l’utilizzo di termini quali naturali, veri ecc. rischi prima di tutto di essere fuorviante nei confronti del consumatore e in secondo luogo di svilire una filosofia di vita che se testata, potrebbe essere davvero utile per chiunque. In questo momento ha tutta l’aria di una frenetica e ansiosa corsa alla distinzione forzata. Non pensate che troppo fracasso commerciale, possa essere inflazionante per un progetto intelligente, ma che non può ancora avere un fondamento scientifico completo? Non credete che questa forma di “controllo parziale” possa portare troppi produttori “furbi” ad approfittare del miraggio economico, sfruttando un’etica che, di fatto, non abbracciano?

Biologici, biodinamici, certificati, non certificati, autocertificati e in cerca di certificazione. Si parla e si comunica di tutto con grande frenesia e spesso senza ritegno. Lo fanno alcuni giornalisti, alcuni produttori e lo fanno molti consumatori ciclici.

Confusione, che continua a sommarsi a discorsi che spesso, sono privi di attendibilità, o quantomeno d’inconfutabilità.

Facciamo un pochino d’ordine? Ci spiegate qualcosa portando qualche dato significativo?

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60 risposte a "Vini Veri, Naturali e Sinceri: filosofia di vita o “strategia commerciale”?"

  1. Bravo Giovanni, finalmente qualcuno che chiede chiarezza su un argomento molto “sentitio” ultimamente.
    una premessa: il vino in natura non esiste, così come in natura non esiste vigneto.
    la vite è sostanzialmente una liana, il cui scopo è quello di colonizzare il più possibile, l’uomo la contiene tramite la potatura altrimenti lei se ne andrebbe sempre più lontano, ecco perchè in natura un vigneto non potrebbe esistere.
    il vino in natura non esiste perchè è necessario che l’uva venga raccolta e schiacciata per avviare la fermentazione, in pianta l’uva marcisce e degenera.
    Da tutto ciò consegue che il vigneto ed il vino sono opera dell’uomo, così come lo sono le razze animali (bovine, equine, etc)
    Ciò nonostante non bisogna dimenticarsi che l’uomo è parte integrante di un ecosistema, dieri di più, è parte operante e come tale è necessario che prenda coscienza delle proprie azioni.
    L’utilizzo di un prodotto piuttosto che di un altro, tema centrale nella diatriba tra naturalisti biodinamici bioligici e convenzionali, non è il punto centrale della discussione, io credo che questa debba vertire principalmente su COME utilizzo un prodotto.
    Es: il rame è il prodotto principalmente utilizzato in agricoltura biologica, ma in quanto metallo pesante e non molecola di sintesi resta nel terreno per più tempo, inoltre ha efficacia solo di copertura e non sitemica o cititropica ciò comporta che debba essere usato prima delle pioggie e subito dopo in caso di pioggia abbondante (dilavante).
    Ha una durata di soli 8 giorni se non piove contro i 12-14 di un sistemico.
    Tutto ciò comporta che l’agricoltore debba intervenire più spesso, quindi maggior consumo d’acqua e maggior inquinamento del suolo e dell’aria (gas di scariso dei trattori).
    Allo stesso modo chi utilizza prodotti di sintesi deve prendere coscienza del fatto che sono il risultato delle chimica e le chimica inquina.
    Quale soluzione quindi?
    Io credo fortemente che il vignaiolo e l’agricoltore in genere debbano essere interpreti di un territorio inteso nel suo complesso, debbano sapere quando e con cosa intervenire, accettare i rschi e se l’annata lo consente “tirare lungo”.
    In sintesi credo che non possa esistere alcuna certificazione valida se non la propria coscienza e la propria etica.
    Infine vorrei fare un appello a tutti i consumatori, non accontentatevi di ciò che vi viene detto, ma andate a controllare che ciò corrisponda effettivamente alla realtà della cose.

  2. Come già detto Vin Natur fa dei controlli sui vini selezionati per la manifestazione attraverso assaggi e esami di laboratorio per certificare che all’interno del vino non ci siano residui di pesticidi, diserbanti, sistemici, e che le solforose siano in quantità adeguate.
    Detto ciò, visto il tuo discorso, sarebbe bene che ogni produttore al mondo, ma nello specifico in Italia, mi dia delle analisi sulla veridicità ed autenticità del suo vino, visto e considerato che molti Brunelli e altri vini blasonati Italiani non sono fatti come da disciplinare.
    Ti giro la domanda Giovanni, allora non possiamo a tal proposito definire commerciale anche la denominazione? il fatto che Franciacorta sia DOCG. Perché esiste una valpolicella classica ed una valpolicella quando quest’ultima sarebbe Valpantena? Il Prosecco cos’è ora che arriva fino a Trieste?
    Chi ha deciso che la denominazione Barolo potesse includere solo alcuni comuni due dei quali entrati successivamente ma senza avere le caratteristiche adeguate?
    L’ERSA del Friuli ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “Collio Suoli e Vigneti” con la zonazione della DOC Collio… siamo sicuri che tutti i terreni siano buoni ed adatti a produrre grandi vini con quel marchio oppure qualcuno “potente” ha fatto allargare la zona?
    Solo semplici domande che, se ci ponessimo, smetteremo di bere vino…

  3. Riccardo, come ti ho già spiegato, il territorio è un confine politico. Il caso prosecco è un’operazione commerciale, nella quale “prosecco” è esclusivamente un prodotto. Due cose diverse. Le scelte le fanno gli uomini che si espongono al giudizio di un’opinione pubblica nel momento in cui decidono di far diventare la Valpantena, Valpolicella. Il consumatore lo sa e sceglie. Qui il caso è diverso: si utilizza impropriamente un termine, furoviante,(perchè naturale significa questo http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/N/naturale.shtml ) del quale si possono avvantaggiare anche quelle persone che di “naturale” non hanno nulla. E perchè ne approfittano se non per interessi commerciali??

  4. La definizione vino naturale non credo sia da prendere alla lettera. E’ una definizione, magari non felicissima, che alcuni vignaioli dopo anni di esperienze hanno cominciato a darsi per definirsi rispetto ad altri, e per sottolineare che avevano un approccio “bio” anche in fase di vinificazione (cosa non ancora codificata e certificata in sede europea). Il fatto che adesso stia diventando una “moda” (ma siamo ben lontani dalla moda barriques, se proprio vogliamo dircela tutta) è dovuto proprio al fatto che questi produttori si siano fatti un culo così quando ancora non ne parlava nessuno, prima in vigna, poi in cantina e poi andando in giro a spiegare quel che facevano (cosa che costa parecchi sacrifici e d energie). Evidentemente sono riusciti anche a fare vini buoni, visto che l’interesse per loro cresce di anno in anno. Ai primi pionieri si sono aggiunti altri interpreti, ci sono stati e ci sono scontri, ci sono interpretazioni diverse, c’è chi è favorevole alla certificazione e chi no, ma è un movimento molto vivo e , secondo me, ancora molto onesto. Soprattutto è un settore che anche senza la Hack sperimenta parecchio e sperimenta su cose sensate e moderne (una su tutte: togliere la chimica dalla vigna e dal vino), spesso con una sana diffidenza nei confronti di quella scienza (che tu dici faccia chiarezza) che gira nell’ambito vitivinicolo profondamente influenzata dai soldi delle ditte che producono pesticidi e biotecnologie. Il discorso è lungo e scrivere tutto è troppo lungo per me. Solo due precisazioni:
    Demeter certifica le aziende biodinamiche, ma non vende nessun prodotto.
    Chi fa biodinamica bene usa meno di 3 kg/ha/anno di rame: voglio proprio vedere se è più inquinante di chi usa sistemici.

  5. A parte che ti ho spiegato (anche se continui a far finta di nulla) che VinNatur i controlli li fa….che tu ci creda o meno!
    DOCG non è una questione commerciale invece? Molti vini da DOC sono passati a DOCG per questioni prettamente commerciali…
    Se vuoi escludere il prosecco (che comunque è un paese in provincia di Trieste e l’allargamento è stato fatto per questo motivo).
    Il consumatore comunque medio e non sempre informato non sa che la valpolicella (valpantena) è diversa dalla Valpolicella classica! sia per morfologia, terreni ed esposizioni… così come la Cellatica!

    Per quanto riguarda Enrico, non è vero che la vite va potata altrimenti lei se ne andrebbe sempre più lontano. La vita la si pota per dare frutti di migliore qualità altrimenti come in passato ci sarebbero arbusti molto alti che comunque emetterebbero l’uva. C’è gente che non fa potature come testimonia il libro di Fukuoka “la rivoluzione del filo di paglia”…
    Comunque mi sembrano discorsi eccessivi ed inutili definire naturale o non naturale perché vi è l’intervento dell’uomo.
    Anche la nascita dipende spesso dall’intervento dell’uomo perché senza “sesso” almeno che tu non ti chiami Gesù di Nazareth non nascerebbe nessuno. Perciò, signori, o viviamo in un mondo costruito oppure ridimensioniamo il concetto di naturale in un contesto in cui la mano dell’uomo guida tutto quanto ma senza modificarne la sua evoluzione con prodotti chimici!

    (PS Giovanni ho visto le analisi dei vini di quest’anno… la volatile si è attesta su 0,4)

  6. Ale, grazie per il tuo contributo come profondo conoscitore di questo mondo. Ci tengo a ribadire che io credo a questi metodi, ma che oggi il problema è che si inflazionino a vantaggio di un mercato che di fatto non ha regole se non il ridondante termine “naturale”. Per quanto concerne la moda della barriques, aspettiamo ancora un poco.
    Per Demeter si dice anche questo http://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biodinamica#Il_marchio_commerciale

    Riccardo, il prosecco si è escluso da solo non sono io a volerlo escludere come territorio. Per il resto vedo che per te ogni cosa è un’opinione diversa dalla tua, come il significato di naturale.
    Per tutto ciò che di agronomico hai espresso, lascio la risposta a chi la vite la lavora davvero.
    Per l’ultima volta ti dico che quando mi farai vedere che fai tutto quello che dici e le analisi saranno quello che sostieni, sarò pronto a dirti bravo.
    p.s. quella sul sesso e la nascita dell’uomo spero tu la rilegga.. 😉

    1. A volte il dibattito sui vini naturali assume connotati surreali.
      Prendete un normale protocollo enologico di un qualunque consulente e confrontatelo con le pratiche di uno qualunque dei produttori naturali. La differenza è evidente a chiunque non voglia far sterile polemica o inutile disputa nominalistica su cosa sia naturale e cosa no.
      Quanto alle certificazioni, è dal 2003, dai vari Critical Wine, che si discute dell’inutilità del “sistema certificazioni”. A parte che basterebbe rileggersi certe parti di Vino al Vino di Soldati… Insistere a dire che ci sono i furbi e che bisogna far leggi e regolamenti significa chiudere gli occhi sul fatto che in ogni Doc o certficazione biologica o biodinamica o di qualità c’è sempre comunque chi fa il furbo. L’etica non è certfificabile, ahimé.
      Affermare che il movimento naturale non è serio, senza peraltro portare prove concrete di quel che si dice, mi pare disonesto intellettualmente. Per partecipare a Vini veri, ad esempio, si sottoscrive un manifesto e si firma una autocertificazione che prevede anche il controllo a campione dei vini e l’eventuale responsabilità in sede legale di dichiarazioni false. Ora, io vorrei capire perché questo sistema che è oramai comunemente usato nelle amministrazioni pubbliche non dovrebbe essere applicato ai vini… Dopodiché magari certe “cricche” del “biodinamico” danno fastidio anche a me, ma non è una buona ragione per dare addosso a un intero movimento che da anni si fa un mazzo per dimostrare che si può far vino di qualità solo con un pochino di solforosa e dosi minime di rame in vigna.

      1. Inutile disputa non mi pare, dal momento che nessuno ha ancora espresso con chiarezza quale sia la differenza su cosa lo sia e cosa no. La differenza è così evidente anche per il consumatore? Al primo Critical Wine a “La Chimica” di Verona ero dietro il banco a “sbicchierare” per gli avventori.. L’etica non certificabile fa bene ai furbi e molto male a chi ci crede davvero.
        Dottori, ho forse affermato che il movimento naturale non sia serio?? Ho scritto che, “grazie all’impossibilità” di verificare chi sposa davvero una filosofia e chi abusa della stessa per fare il fenomeno, si rischia di sputtanare una cosa intelligente quanto utile. C’è gente che ha iniziato a vendere vino raccontando che la naturalità dei suoi vini sia straordinaria così come il suo amore per la natura. Poi, non importa se guida un’auto che inquina quanto una portaerei! Spero di essere stato chiaro. Lei mi parla di vini veri che certifica e analizza. Pensi che ieri sera qualcuno mi ha detto che tale pratica (l’analisi) sia effettuata solo da vin natur e non da vini veri, pensi.
        Lo sa che a volte si possono fare cose bellissime senza necessariamente strumentalizzarle per il mero commercio?
        p.s. il mazzo, son certo se lo facciano tutti i contadini che producono vino, solforosa a parte.

  7. Caro Giovanni ieri ho detto che le analisi ai vini sono fatte a VinNatur… non a vini veri perché da quel che io sappia (e non necessariamente devo sapere tutto) a Vini Veri le analisi ai vini non le fanno ma come dice il Buon Corra firmano una autocertificazione!!!

    Siccome però ogni cosa che dico la metti in discussione e con il link sulla Demeter ho cominciato a dimostrarti qualcosa, se vuoi andiamo avanti…
    ti porterò le analisi dove le volatili di vini senza ausilio di lieviti selezionati non si discostano poi molto da quelli con i liviti, a differenza di ciò che dici!

    1. Ric, ti ho detto cosa avrai da fare il prossimo anno per dimostrare tutto ciò che vuoi, riguardo ai tuoi racconti di ieri. Metto in discussione quello che non mi dimostri. Quindi, ti prego, vai avanti a dimostrare! Lo scopo di questo post è trovare oggettive dimostrazioni. Per il resto dici e ti smentisci da solo(sarà perchè non rileggi??) 😉

  8. caro Riccardo, scusa ma non credi che l’andare lontano ed avere arbusti alti che emettono uva sia la stessa cosa!?
    A parte che non ho parlato della qualità di frutti, cosa che mi sembrava scontata, ma in ogni caso mi sembra che il succo della questione sia lo stesso: l’uomo pota la vite per contenerla!
    Riguardo al sesso, non so a te, ma a me viene naturale…
    Comunque credo che qui nessuno stia facendo il processo al biologico o al biodinamico, semplicemente credo che la tesi sostenuta da Giovanni (correggimi se sbaglio) si riferisca a come in un batter d’occhio i biologici e i biodinamici si siano diffusi tipo funghi.
    Prima che un tipo di agricoltura, il metodo naturale è una filosofia di vita.
    Il metodo naturale deve essere un auspicabile punto d’arrivo, io stesso quando cominciai, essendo inesperto, mi affidavo a ciò che il mio agronomo mi suggeriva di fare.
    Oggi sono arrivato a stare scoperto anche 27 giorni (annata 2009), e questo grazie alla conoscenza che ho acquisito della mia vigna e del mio territorio.
    Il mio intento è quello di arrivare al naturale, ma fino a quando non arriverò a padroneggiare questo metodo continuerò a definirmi convenzionale anche se di sistemici ne faccio solo uno, non diserbo ma taglio col falcetto (proprio oggi ho sperimemntato il pirodiserbo e prossimamente sperimenterò l’aceto), cimo manualmente, raccolgo e brucio i rami di potatura, etc.
    ma questo lo faccio non tanto per vantarmene, nè per vendere di più o dire che sono migliore di altri, quanto per il fatto che nella vigna ci passo la mia vita: vivo la vigna e credo che sia da coglioni avvelenare il proprio mondo!

  9. Beh Enrico, direi che nella tua risposta c’è coerenza e grande onestà intellettuale. Hai perfettamente dipinto il percorso che con te e altri abbiamo deciso di intraprendere da tempo senza fuochi d’artificio. A questo punto, direi che possiamo definire la diatriba chiusa.

  10. 1) Affermare che il “mazzo” se lo fanno tutti i contadini è a dir poco lapalissiano. Io mi riferisco al fatto che coltivare e vinificare in un certo modo implica l’assunzione di rischi enormemente maggiori rispetto ai normali protocolli chimici.
    2) I consumatori sono tutt’altro che deficienti e masochisti. Chi frequenta certi saloni è informato e non si lascia infinocchiare dal primo venuto. Si informa, acquista, va a trovare il vignaiolo, ri-acquista… Generalmente non si parla di vini da supermercato. C’è una sorta di “controllo sociale” fra consumatori che non sottovaluterei.
    3) Trovo fastidiosa questa logica (non mi riferisco solo a questo post ma ai molti attacchi che ultimamente mi capita di leggere su blog o riviste), per cui di fronte a miliardi di bottiglie di vino chimico ed industriale si vada ad attaccare una minoranza di persone che produce in modo sano per l’ambiente e per i consumatori. E’, come ho detto, surreale.
    4) Se l’idea di questo post era di tipo “giornalistico”, cioé additare il marcio in Danimarca, produttori che abbracciano il “naturale” solo per convenienza economica, allora credo che si debbano fare i nomi ed i cognomi. Chi? Quali aziende? E soprattutto quali sono le prove addotte per poter affermare ciò. Sennò è solo bla, bla, bla.
    5) La realtà è che esiste indubbiamente un ricollocarsi di certi “ambienti” giornalistici ed enologici verso una logica “bio”. Lo si vede con l’uso spropositato di locuzioni come “basso impatto ambientale”, “sostenibilità”, “ecocompatibilità”, ecc. Ed è effettivamente fastidioso, in certi casi. Ma tutto ciò è ben distinto da ciò che si intende per vino naturale che hanno dei protagonisti ben specifici e delle sedi di confronto oramai riconosciute (Fornovo, Villa Favorita, Asti, Roma, ecc.)
    6) Per quanto concerne i suoi dubbi sulla scientificità dei processi naturali di vinificazione credo che basterebbe un pò informarsi. Non ci sarà una Margherita Hack, e non potrebbe essere altrimenti vista l’enorme differenze fra l’astrofisica e lo studio del vivente, però ci sono ottimi studi di un enologo francese, Jules Chauvet, così come testi e seminari di biodinamica moderna, così come molte pubblicazioni specifiche sul vino naturale. Ad esempio il bellissimo “Le vin au naturel” di Francois Morel edito da Le rouge et le blanc.
    Ho detto tutto questo per cercare di rispondere alle domande con cui chiude il suo post. Se negli ultimi anni fosse venuto a Fornovo, saprebbe che il secondo giorno oramai da anni si tiene una tavola rotonda su questi temi. E non mi è mai venuto da pensare che ci fosse un interesse “commerciale” a parlare di lieviti indigeni o uso della solforosa. Se non forse per il fatto che, alla fine, qualche bottiglia di vino dobbiamo pur venderla per vivere…

    1. Dottori, prendo atto del suo tono stizzito e del fatto che non abbia ancora capito, nonostante io l’abbia scritto, quale sia lo scopo di questo post. Mi spiace per lei.
      1) I rischi sono molti e ognuno si assume quelli che vuole, o quelli che sente.
      2) Il “controllo sociale” fra consumatori non è attendibile per stabilire l’onestà di chi dice di mettere in pratica una determinata etica, da chi quell’etica la sfrutta. LE RIPETO CHE STO DIFENDENDO CHI LE COSE LE FA DAVVERO (magari come lei)DA CHI NE APPROFITTA. NON STO ATTACCANDO IL MOVIMENTO “NATURALE”, MA LO STO DIFENDENDO, CON LA SPERANZA CHE POSSA ESSERE PIù ATTENDIBILE, PER FARE CHIAREZZA ALL’INTERNO DI SE STESSO.
      3) Ogni scelta può essere soggetta a critiche. Capisco che questo possa essere frustrante. Se scende con la rotellina del mouse troverà vere critiche (e non come lei ha interpretato questo post) rivolte all’industria del vino, partendo dal danno che la stessa genera nei confronti di chi con il vino campa e non additando loro come dei chimici criminali. Legga.
      4) L’idea del post la ritrova al punto 2, nel post e in altre risposte. Non sta a me fare i nomi e poi sù(!), che in privato, molti se ne dicono alle di peste e corna e non solo nell’ambiente “naturale”. Per il bla bla bla, le chiedo se le prove per dimostrare il contrario le ha lei. E rifacendomi al suo punto 3: faccia i nomi di qualcuno che produce vino chimico.
      5) L’uso spropositato, appunto. Possiamo accertare con sicurezza, quando spropositato e usato impropriamente? E’ possibile che qualcuno si distingua solo per l’uso spropositato di tali locuzioni? Se è certo di potermi smentire, cullerà dolci i miei sonni e le sarò grato.
      6) Seguirò il suo consiglio (anche se mi sono già mosso anni fa a riguardo) ricercando i dati oggettivi di cui parla. Per il resto grazie per le risposte. Su Fornovo e sulle tavole rotonde che si tengono ogni anno non le rispondo, in quanto il fatto che lei metta a confronto il parlare di lieviti indigeni con interesse commerciale, cercando di sottintendere che la cosa l’abbia detta io, lascia il tempo che trova. E grazie anche per aver espresso la necessità di vendere.

  11. “continuerò a definirmi convenzionale anche se di sistemici ne faccio solo uno, non diserbo ma taglio col falcetto (proprio oggi ho sperimemntato il pirodiserbo e prossimamente sperimenterò l’aceto), cimo manualmente, raccolgo e brucio i rami di potatura, etc.”

    Enrico, tra le righe ha scritto una cosa molto interessante.
    Mi definisco convenzionale anche se uso solo un sistemico… già il fatto di usarne solo uno rinnega il concetto di naturalità, uno dei punti cardini di queste associazioni è il totale inutilizzo di tali prodotti.
    Poi viene tutta la parte della cantina!
    Comunque Giovanni prima di prendere posizioni così importanti frequenterei accuratamente gli ambienti “naturali”… e, forse, ti renderesti conto che tutti questi produttori hanno da raccontarti le loro esperienze e c’è solo da trarne vantaggio

  12. Forse non arrivo a capire i tuoi commenti precedenti…

    -Metto in discussione quello che non mi dimostri- forse ti riferisci a questo?

    Non devo dimostrarti nulla Giovanni, o meglio ciò che posso dimostrati io te lo può dimostrare anche un altro produttore naturale e, cmq sia ho tanto da imparare, con fare umile, ma se ho la stima e la richiesta di un produttore famosi di collaborare con lui in fondo qualcosa ho dimostarto.
    E’ già la seconda volta che ripeti “profonde esperienze” con “a chi la vigna la cura davvero”…
    sembra che peli patate dalla mattina alla sera o scriva solo per Amici diVini senza conoscenza alcuna.
    La miglior difesa, il miglior sostegno che posso dare alle cose non sono le argomentazioni, ma l’esempio. Vivere le mie cose E’ il modo per difenderle…. e non dico cose che non so!

  13. caro riccardo capisco le motivazioni se pur a tratti poco chiare di dottori,ma tu sei incredibile nel prometterle,non fornirle -se non il link al sito della stessa azienda in discussione- e maestro nel cercare di attribuire misfatti che tu stesso costruisci come nel caso sopra. enrico non ha detto di essere un produttore naturale! enrico è stato onesto. avrebbe potuto raccontarti di tutto. a questa conversazione il tuo apporto non solo non è stato utile per la causa,ma ha generato il nulla con infantile e fastidiosa arroganza, che di certo non rende merito alla questione che cerchi di difendere. contraddizione in termini,unica cosa detta da arcari sulla quale abbia il cento per cento di ragione.
    tornando a scritto e discussione non è che si possa ignorare l’importanza delle parole. naturale ha un significato profondo e puo’ voler dire tutto e niente e di conseguenza è necessario che l’uso venga fatto con creanza al di là delle autocertificazioni,manifesti o disciplinari. è un termine di uso comune che può facilmente creare perplessità.
    poi uno come arcari che definisce la bibbia l’opinione di qualcuno e non è certo l’esempio della democrazia e della simpatia,avrebbe potuto essere più esplicito e meno dirompente nel suo modo di esprimersi.invece come sempre parte come un treno e finisce come un missile e anche questo non è positivo per la causa.
    da consumatore che è stato a fornovo da ogni anno dal 2003,alla favorita da sempre, al critical a milano e essendo un consumatore di questi vini prodotti con le suddette pratiche,devo dire che non sarebbe male avere delle regole che coinvolgano tutti e avere anche chi controlla che vengano rispettate. altrimenti a che serve darsi delle regole senza controllarle? a che serve che a controllare l’applicazione di una legge sia lo stesso che l’ha scritta? ci vuole qualcuno super partes. come se lo stato volesse controllare la magistratura che controlla lo stato stesso.questo sarebbe surreale!
    marco

    1. Prendo atto del mio essere poco democratico. Riguardo alla bibbia, se qualcuno può dimostrarmi il contrario, senza dirmi che le cose contenute sono vere perché qualcuno appunto le ha scritte… Son qui. Credo di aver spiegato bene l’intento di questo post a prescindere dai miei modi. Ci sono altre cose che ho detto, magari non in questa sede, che si sono rivelate giuste al 100%.

  14. Riccardo, scusa ma penso che leggendo la conversazione, altri possano dirti che sei una contraddizione in termini. A me “La storia infinita” non mi è mai piaciuta e se per qualunque ragione, dipendente o meno dalla tua volontà, non si capisce e si continua a tornare sulle stesse cose, il mio tempo non lo voglio sprecare oltre. Non è una critica, ma pura esasperazione. Faccio un ultimo tentativo.
    Hai detto tu che puoi dimostrare e ora mi dici che non mi devi dimostrare nulla. Poi il produttore famoso che ti cerca per lavorare con lui va bene, sono felice per te(davvero), ma ti rammento che hai trent’anni e che di certo non peli patate, ma non sei nemmeno l’esempio della scienza della viticoltura mondiale, suvvia! Ci sono persone che da vent’anni fanno vino e si mettono in discussione ogni giorno senza fare rumore. Sulla tua umiltà non mi professo. Qualche commento sopra hai scritto tra parentesi “e non necessariamente devo sapere tutto”, e ora chiudi con “non dico cose che non so! Questa la contraddizione in termini. Tu hai preso questa cosa come una discussione tra me e te, quando per me il tuo parere ha lo stesso valore, importante, di quello di chiunque altro.
    Ho scritto e ribadito il senso del post, ma tu continui a credere che io abbia preso posizioni importanti senza frequentare produttori naturali… (del resto non dici cose che non sai). Speravo che da questo post potesse nascere un confronto costruttivo fatto di esperienze, invece non è emerso un cazzo e si continua a parlare di aria. Questa la mia delusione.
    Ti ribadisco che se vorrai dimostrare, come mi hai detto al telefono, tutto ciò che sostieni, io mi prodigherò per trovare i mezzi per farti eseguire ogni cosa tu voglia. Altro non so che fare. Capisci quello che vuoi, ma la discussione, diventata ormai sterile, si chiude qui.

  15. Scusa Riccardo , ma veramente anch’io faccio fatica a capirti.
    Non capisco cosa ci sia di strano nelle mie parole che hai riportato, credo di essere stato intellettualmente onesto, uso sistemici, ne uso pochi, ma li uso, quindi sono convenzionale.
    Forse non hai capito ciò che veramente andava letto tra le righe: sto attento a ciò che faccio, valuto la convenienza non tanto economica quanto agronomica di ogni intervento.
    Almeno io ho il coraggio e l’onestà di dirlo, posso farti nomi (in privato) di chi quest’onestà non l’ha, e vende!

  16. Il fatto che a 30 anni io non sia un pozzo di scienza, soprattutto venendo da un altro settore come quello “bancario”, non posso certo negarlo, so però che non offendo nessuno perché se vogliamo mettere i puntini sulle I, anche se lavori nel vino da diversi anni, non hai nessuna qualifica per farlo, non sei enologo, non hai cantina, e non mi sembra di averti dato dell’ignorante, cosa che tu invece, a mio parere hai fatto con un certo sarcasmo!
    La contraddizione della seguente frase

    “Hai detto tu che puoi dimostrare e ora mi dici che non mi devi dimostrare nulla”

    riguarda due cose ben diverse. La prima che posso dimostrarti che facendo fermentare i vini sulle bucce e senza ausilio di lieviti selezionati la famosa volatile non supera 1 g/l come da te confutato, e i vini non fanno caxxxx come mi avevi detto privatamente per telefono. Altrimenti tutti i vini che sabato e domenica si possono assaggiare a Roma, a partire da Rinaldi e Cappellano, dovrebbero essere imbevibili.
    La seconda è che non devo dimostrati chi sono, cosa faccio e perché, per quanto riguarda la mia persona.

    “non devo necessariamente sapere tutto e non dico cose che non so”, riguardo a Vini Veri, infatti ho detto che non mi risulta facciano controlli accurati e, come ha scritto Corrado, i controlli li fanno “random”, mentre a VinNatur li fanno su tutti i vini! Non mi sembra ci sia una enorme contraddizione in quello che ho detto.

    Sulla Demeter, che ho cercato di spiegarti per ore che non è un marchio commerciale, ma semplicemente un marchio che certifica attraverso controlli in azienda la veridicità delle pratiche biodinamiche, forse dopo averti girato il Link c’hai creduto ma la tua enorme diffidenza nei confronti di un non scienziato come me ha superato i limiti anche perché, ripeto, dopo essersi visti 2 volte e dico 2 volte, non puoi sapere cos’ho fatto in vita mia.
    Vorrà comunque dire, visto e considerato la tue enorme diffidenza, che la prossima volta che dovrò comprare un vino prodotto da una delle aziende che segui, ti chiederò una serie di analisi per dimostrati che quello che dici sia vero.
    Oltre alle analisi esiste la fiducia, l’etica e l’umiltà… almeno nel mio credo!
    Stammi bene

    1. Nemmeno tu sei ancora enonologo. E poi io posso autocertificarmi quello che voglio, o no?? Usa le tue energie in altri modi, qui le sprechi inutilmente. Grazie per il contributo in ogni caso.

  17. “continuerò a definirmi convenzionale anche se di sistemici ne faccio solo uno…”

    questa frase sinceramente mi stupisce! cosa significa anche se faccio solo un sistemico?

    avrei capito se mi avesse scritto “continuo a definirmi convenzionale anche se non uso sistemici” oppure “mi definirò naturale quando non userò più sistemici”.
    Con ciò non voglio crocefiggere Enrico, con il quale mi scuso, ma sottolineare che tutti i produttori naturali (che io conosco ed ho visitato, per gli altri non metto la mano sul fuoco) i sistemici non li utilizzano da anni e pertanto si definiscono naturali.
    Tutto qui. Senza grossi giri di parole.
    L’onestà non la metto in dubbio, ci mancherebbe.

  18. Mi inserisco in questo confronto da semplice consumatrice. Una consumatrice attenta e consapevole nella misura in cui ciò le è permesso dal tempo a disposizone, dalle contingenze di vita e dalle possibiità economiche. Fatta questa premessa vorrei esporre alcune “riflessioni in ordine sparso” scaturite in massima parte dalla lettura del primo intervento postato dal sig. Arcari. Ho la sensazione, mi corregga se sbaglio, che Lei non riponga molta fiducia nel genere umano in generale e, in particolare, nella categoria dei “consumatori” e dei “produttori di vino”. Non posso darLe ragione quando afferma che NESSUNO sui vini naturali/veri/sinceri/nati per magia ci abbia capito nulla. La trovo una affermazione quantomeno superficiale. Come del resto trovo assolutamente fine a sè stessa e votata ad una polemica che, a differenza di come Lei la definisce, non è per nulla SANA la domanda (retorica?!)se qualcuno ha mai visto “Il vino in natura” o un “Vigneto cresciuto spontaneamente”. Ho fiducia nel fatto che la maggior parte dei consumatori (di vino come di qualsiasi altro prodotto che dalla natura proviene)sappia che per la PRODUZIONE del vino e di altri prodotti è NECESSARIO l’intervento dell’ uomo. Se la vogliamo vedere da un punto di vista della biodinamica (che Lei ha così superficialmente presentato e ho paura che l’abbia fatto fidandosi di Wikipedia)se vogliamo metterci in un’ottica ANTROPOSOFICA l’intervento dell’uomo fa parte di un tutto, contribuisce a quella che, in maniera forse semplicistica, potremmo definire la quadratura del cerchio. TERRA – UOMO – CIELO non si chiama forse così il Suo blog? Lasciando da parte queste digressioni vorrei riportare l’attenzione sul concetto di fiducia arrivando anche al motivo per cui sono “inciampata” in questo blog. Qualche tempo fa ero per lavoro sul Lago di Garda. Ho cenato in un ristorante dove, come se mpre capita, mi è stato chiesto cosa volevo da bere. E come sempre faccio ho cercato di andare oltre la frase di rito chiedendo al cameriere, che mi sembrava persona attenta e disponibile, di consigliarmi qualche cantina del luogo. Ho degustato, con molta soddisfazione, un vino della Cantina di Andrea Arici. Cercando ora su internet notizie sul produttore in questione sono giunta qui. Personalmente non ho nessun problema con le definizioni, mi interessano fino ad un certo punto. Il vino per me è una passione che cerco di praticare affidandomi a persone di fiducia. Per quanto mi riguarda intendo la definizione Vini Naturali o Vini Veri o quello che volete come vini che, all’assaggio, richiamano in me l’armonia e la dialettica in un sol tempo. L’armonia perchè non interferiscono, si inseriscono in maniera armonica in quello che è il mio sistema. La dialettica perchè, nel momento in cui li bevo, inizia fra noi un dialogo i cui contorni mutano nel tempo. In linea generale non cerco di bere solo Vini Naturali, sono alla ricerca di vini fatti con passione da persone che credono in quello che fanno. Non credo che le categorizzazioni siano funzionali ad un discorso di qualità. Le categorizzazioni e le rigidità non sono più figlie del nostro tempo. Apprezzo lo sforzo dei produttori di unirsi e darsi delle regole. Ma non penso che il punto sia che occorra DARE PROVA. La prova è il prodotto che scaturisce. Se un produttore che si definisce biologico, biodinamico, naturale non è coerente fa un danno prima di tutto a sè stesso. Per quanto mi riguarda, nel momento in cui mi dovessi rendere conto della sua poca sincerità berrei altro o comprerei altro. Mi affiderei ad altro. Punto. Credo che la cosa migliore, in linea assolutamente generale, sia non tentare di “galleggiare” sulle realtà rispetto alle quali proviamo interesse. Credo sia necessario immergersi per comprendere. Provi sig. Arcari. Provi ad immergersi anche solo per un attimo per poi tornare in superfice. Vedrà, nel frattempo l’orrizzonte a Sua disposizione, avrà assunto altre tinte.

    1. Cara Gomes o chiunque lei sia, sono anni che mi “immergo” nelle cose, ma evidentemente in questo post non sono stato capace di scaturire interventi costruttivi tanto quanto è riuscito a fare Massimo Bernardi. Legga l’intervento di Manferrari al link che riporto sopra.

  19. A parte che da consumatore cado dritto dritto nella “trappola” marketing dei termini bio e naturali … vi faccio i complimenti per la discussione, molto interessante.
    A partire dalla premessa che il vino in natura non esiste.

      1. Era tutto vero in questo post 🙂 … la discussione e’ davvero interessante, e lo e’ per me perche’ sono uno che se vede una roba bio la compra anche se non gli “serve”. Sono davvero una “vittima del marketing” e quindi sviscerare questo argomento mi interessa davvero.

        🙂

    1. Gomes (lo dico a tutti: attenzione con gli ID dei computer, conservo sempre ogni mail) non ho scaturito interventi costruttivi, significa che non sono stato capace di stimolarne. Non facciamo vittimismo per ogni cosa.
      TerraUomoCielo è un progetto che si prefigge di essere uno strumento per il contadino che produce vino. Il termine mi è stato detto da Gianni Masciarelli anni fa, in merito al concetto di terroir(che non è il territorio). A prescindere dai metodi, il vino è e rimane sempre il rapporto fra questi tre elementi, quando il vino è fatto da un uomo e non da un’industria commerciale. Ho voluto iniziare questo progetto per salvaguardare una classe(quella contadina legata al vino) dall’imperante “assalto” industriale che lo stesso stava subendo. Contadini da generazioni con un immenso potenziale in vigna, ma privi di quell’identità personale che oggi è necessaria per costruirsi un piccolo mercato e per poter campare del lavoro della terra. Abbiamo deciso di farlo portando la nostra passione, le nostre conoscenze e la nostra professionalità.
      Questo progetto nasce dalla terra, che rappresenta il primo step di lavoro: la curiamo con un criterio rivolto all’ambiente e al futuro di chi la lavorerà dopo di noi. La lavorano in silenzio e con la schiena china, sperando ogni anno che le cose vadano per il meglio. Controlliamo in maniera spasmodica i frutti, non semplicemente assaggiandoli, ma analizzando i loro aspetti grazie ad analisi scientifiche ed accurate che ci permettono di stabilire molte cose, (per esempio le macro diversità tra due suoli che conferiscono peculiarità ben distinte al frutto)partendo dalla maturazione dell’uva, che per produrre franciacorta è (per noi) essenziale.
      Nei vini cerchiamo di mantenere tali peculiarità perché riteniamo che il nostro vero tesoro sia la terra che a seconda della zona crea delle diversità già solo nella forma del grappolo della stessa identica pianta. A volte non aggiungiamo nemmeno la tanto “famigerata” solforosa, ma senza esporre trionfalistici striscioni. Lo diciamo dopo che abbiamo venduto il vino in quanto vino e non perchè raccontiamo la storia dell’orso.
      Ora, le cose che le ho detto, per le quali ci metto la faccia, sono da lei testabili (ora abbiamo fatto i tagli, ma le posso dimostrare le differenze fra un pinot nero di Gussago e uno di Paratico, per esempio..) sempre che lei esca da questo falso anonimato e scriva nome e cognome(basta che al posto di gomes e della finta mail metta qualcosa di vero).
      Altra cosa: sono contento che lei sia stata sul Garda e abbia chiesto un vino del luogo, solo che o lei mi racconta una cazzata e il suo commento è una macchinazione di qualche frustrato, oppure chi le ha consigliato il vino è un idiota (cosa che dubito fortemente,) oppure lei non è una consumatrice attenta e consapevole(come dice di essere in apertura del suo sermone), visto che non sa nemmeno distinguere una zona, che risulta essere ben più grande di un luogo. Spero di averle dato una risposta da Me, visto che a quanto pare mi conosce, a differenza dell’inciampo in questo blog.

  20. Da dizionario LE MONNIER:

    VINO: Prodotto della fermentazione alcolica dei mosti ricavati da uve fresche od appassite

    NATURALE: Che possiede e conserva freschezza, genuinità o spontaneità, interpretabile anche come riproduzione fedele della realtà. Spesso contrapposto ad artificiale, artefatto, sofisticato (es. Verdura naturale, suono naturale, ovvero non alterato da diesis o bemolli)

    Il Vino naturale pertanto, a mio parere, è una fermentazione alcolica del mosto che conserva caratteristiche il più similari possibili all’uva da cui proviene attraverso un processo di vinificazione spontaneo e conservativo.

    1. Caro Riccardo, potrebbe essere così gentile da inviarci il link?
      O bisogna scendere in libreria e comprare il vocabolario?

  21. Guardi, ci fidiamo ciecamente di lei! 🙂 🙂 🙂
    Oppure organizzo un Autobus dal Piemonte e veniamo tutti alla biblioteca civica di Pordenone!
    Sta raschiando il fondo del barile senza rendersene conto.

    1. Non mi piace fare il censore, ma quando una cosa non ha più senso, non serve a nulla continuare con i battibecchi inutili. Inutili. Quindi, basta illazioni e cose non attinenti o non pubblico più nulla.
      Vi chiedo per favore.
      Grazie.

  22. di ritorno da una giornata in alto adige dove ho visitato diverse cantine per motivi commerciali ho tratto le seguenti considerazioni:
    le aziende visitate che fanno vini usando sistemici (che non è cacca di diavolo sia ben chiaro!) fanno vini molto buoni, ma stancanti, le aziende che lavorano nel vigneto secondo i dettami del biologico (con certificazione) con attenzione al biodinamico fanno vini molto buoni e che non bastano mai, che berresti a nastro.

    Ovviamente il campione non può esser rappresentativo di tutte le categorie, è soltanto un’impressione avuta dopo una bella giornata spesa a cercare di aumentare la mia proposta enoica ai miei sfortunati clienti.

    Una domanda: sareste favorevoli a imporre, come gia per tutti gli alimenti confezionati, sulla bottiglia un’etichetta dove si elencano tutte le sostanze che concorrono con l’uva a fare il vino?
    Sarebbe bello che chi risponde dicesse anche se è un semplice consumatore, un operatore del settore oppure un produttore di vino.
    grazie.

    Io sono operatore del settore e sarei favorevolissimo nonostante la cosa farebbe calare il consumo di certi vini.

    1. Credo che la questione di quelle che abbiamo chiamato in diverse occasioni le “etichette trasparenti” sia la questione centrale di quanto stiamo discutendo. E’ evidente che l’autocertificazione dovrebbe arrivare fino a quel punto, alla elencazione, cioé, in etichetta di cosa si usa in vigna ed in cantina. A quel punto sarà il consumatore a scegliere ed anche a decidere cosa sia naturale e cosa no, al di là dei sofismi e delle inutili dichiarazioni di principio.
      Il dibattito sulle etichette trasparenti è in essere (qualcuno già le stampa autonomamente) e dimostra quanto fallace sia l’idea che si vuol dare di un gruppo di produttori che seguono una via commerciale e non si pongono problemi.
      Ora, nella discussione sono emersi alcuni problemi.
      1) L’OCM vino, dunque l’Unione Europea, e dunque il Ministero delle Politiche Agricole per mano degli Ispettorati Controllo Qualità, vieta le indicazioni che fanno riferimento a parametri/sostanze chimici (compreso il reale livello di solforosa). Il rischio è una multa o addirittura il sequestro delle bottiglie.
      2) Si potrebbero mettere in allegato alla bottiglia (es. collarino), con tutte le ovvie problematiche del caso (a cominciare dai costi). Ma è meglio di niente.
      3) Credo che una scelta del genere sarebbe dirompente se applicata contemporaneamente da tutti i produttori che fanno riferimento ad un certo modo di produrre. Penso che sia molto difficile da ottenere un accordo del genere, ma si deve lavorare in tale direzione, superando divisioni, antipatie e rendite di posizione.
      Ecco, credo che al di là dei proclami e delle polemiche, spingere in tale senso sia uno dei pochi punti di contatto fra tutti noi.

  23. Sta raschiando il fondo del barile senza rendersene conto.

    mi spiace ma siccome si linkava un blog su Nicola Manferrari in cui spiegava delle cose attraverso un dizionario ho provato a dare la stssa risposta attraverso un altro dizionario.

  24. Buongiorno,
    non sono avvezza al vittimismo, quando esprimo un’opinione lo faccio assumendomene tutte le responsabilità. Non mi piace essere la marionetta di nessuno e ho una testa pensante che uso quotidianamente. Se ha il desiderio di proseguire in qualche modo il nostro confronto a “quattrocchi” lo faccia pure utilizzando la mia mail, che Lei ha conservato. Mi dispiace che proprio il MODERATORE DEL BLOG sia uscito dall’argomento della discussione collocandosi su un piano PERSONALE in merito ad una persona che non conosce, e io e Lei non ci conosciamo. La ringrazio di avermi presentato il progetto di cui Lei fa parte. Colgo l’occasione per ribadirLe che può usare la mia mail ogni volta che vuole e, nell’attesa di ricevere una Sua….corro a comprarmi un vocabolario. Le auguro un’ottima giornata.

    1. Senta, “tutte le responsabilità”, scriva nome e cognome e eviti l’ennesima figuraccia come sopra. Che tristezza, che povertà.
      P.S. si compri qualcosa d’altro ma non in libreria.

  25. buon giorno,
    mi chiamo gian paolo e fasccio il contadino a campogalliano di modena,volevo anche io partecipare alla discussione,scusandomi anticipatamente per gli errori vari che farò…in italiano faccio schifo.
    qualche anno fa lavoravo per una azienda biologica/bio-dinamica(vitivinicola) non certifica per via del carattere molto autonomo del proprietario,e da lì ho imparato molte cose, quasi tutto.
    oggi ho una mia azienda e non sono biologico ,anche se stò cercando la mia strada per arrivarci.questo perchè ogni zona và capita e interpretata.esempio in due anni di lavoro a Castelvetro,dove lavoravo, non ho fatto un insetticida,ma sono impazzito di zolfo e rame in annate difficili;qua a campogalliano se non stò attento mi mangiano vivo tra tignola e quant’altro…
    il mio discorso sul vino segue quanto detto; uso lieviti selezionati uso poca solforosa etc.,dati del 2008 lambrusco so2 tot. 48.
    Anch’io mal digerisco la definizione vini naturali ,per via della cattiva informazione che si fa sull’argomento;solo i vini naturali sono buoni e sicuri,a proposito di solforosa andata a leggere quanto scritto da Giampaolo Paglia sull’argomento(non sò mettere il link chiedo pietà)?
    a chi è che non piace il naturale?
    già la parola è rilassante…mi permetto anche di sottolineare che molto spesso si fanno passarte per tali, vini naturali, vini con difetti oggettivi,ridotto,ossidaziopni spinte etc. ovvio che ci sono anche GRANDI eccezioni, come ci sono anche vini “industriali”(si usa questo termine?) buoni e cattivi.
    Io non mi ritengo industriale,ho 4 ettari di terreno .
    Ripeto serve obbiettività di giudizio e buona informazione!!!
    Utimo esempio :ad una degustazione di un illustre collega e stra-bravo
    ,”La Tosa”, una signora del pubblico chiedeva al titolare se faceva agricoltura biologica e…. vini veri etc.,solita domanda. alla risposta negativa la signora ha cambiato atteggiamento come se fosse lui il responsabile del buco dell’ozono.ecco io ho risposto alla signora in maniera poco signorile …
    non sono neanche daccordo con il sig.Chiaro,quando dice che i vini biodinamici sono più bevibili…
    in base a che criterio?
    Sperando di essermi spiegato abbastanza bene, e di non aver offeso nessuno, vi saluto .
    ciao Gian Paolo
    P.S. la signora è andata via dalla degustazione con un bel SUV super turbo….

  26. Prima di tutto credo che “si compri qualcosa d’altro ma non in libreria” sia una frase veramente volgare che non permettto sia rivolta alla mia persona da un perfetto sconosciuto. Come vede non ho nessun problema a scrivere il mio nome. Le aggiungo alcune informazioni su di me. Coordino i Servizi di Assistenza Domiciliare per conto del Comune di Rimini (luogo o zona?). Ho una Laurea in Pedagogia e una in Filosofia, una specializzazione in Malattie Mentali e una in Processi della Comunicazione. Evidentemente tutto tempo mal speso visto che non sono in grado di farmi capire da Lei o di esprimermi in maniera corretta. Con questo credo di chiudere il nostro confronto che, a mio parere, ha preso una piega veramente triste.

  27. per Gian Paolo: io non ho detto che tutti i vini biodinamici sono più bevibili degli altri, ma solamente che in una giornata passata a visitare aziende alto atesine, i vini prodotti da uve biologiche sono risultati più bevibili degli altri (che comunque erano dei bei vini). Ho anche aggiunto che il campione non è rappresentativo di tutte le categorie (di vini) infatti abbiamo assaggiato soltanto 14 vini in totale da tre aziende diverse.

    Se poi interessa posso dire che nella mia breve esperienza di sbevazzatore spesso, con discriminante la beva, i bio dominano incontrastati sui non bio, ma sempre di campione poco rappresentativo si tratta.

    Tema etichette trasparenti: incredibile, c’è una multa se si da un servizio in più al consumatore, ossia se si indicano le sostanze che concorrono alla produzione del tanto amato nettare…. chissà quali potenti lobby non gradiscono l’idea? Chissà chi esercita pressione sulle varie autority? Forse quelle che il loro vino è sempre uguale a se stesso tutti gli anni? Ma sono proprio un maligno a pensar male….

  28. @chiaro
    ok ,ora ho capito, però rimane una tua impressione personale.
    sulle etichette trasparenti…non sò se veramente sia un servizio utile,non c’è già la Repressioni frodi?funzionano da dio ed è un servizio per tutti noi.
    ci sono sostanze ammesse e sostanze vietate, basta seguire la legge,vorrei però anche si facessero analisi per i metalli pesanti su terreni e vini …siamo sicuri che tutto sto rame faccia bene,magari come diceva il Sig. Togni con un sistem,ico (penso alla fioritura)si risolve tutto e non si passa 3-4 volte in più con atomizzatore (che inquina anche lui).
    Domanda che differenza c’è tra un vino che ha 40 di so2 e uno che ne ha 80?
    ciao ora vado in campagna che è tardi.gp

    1. vedi Gian Paolo, a me sembra strano che sull’etichetta dell’acqua minerale ci siano scritti tutti gli elementi che sono in bottiglia e che invece sulla bottiglia di vino non solo non si faccia, ma si prende una multa se il produttore scrive cha ha usato enzimi xyz o lieviti pinco pallo o sostanze per chiarifiche o stabilizzanti…. siamo al ridicolo, dobbiamo veramente farci prendere per il culo o possiamo alzare un po’ la testa e pretendere del semplice buon senso?

      Perchè vedi Gian Paolo a me non piace pensar male della gente, ma sentire (non te in particolare) tanti produttori dire che è meglio non mettere tutto l’elenco delle sostanze fa un po’ venire i brividi.

      1. Scusa sai ma che sostanze dici?ti ripeto che c’è sicuramente chi fa controlli per noi e li fa bene,tipo repressione frodi,e poi ti ripeto che differenza c’è tra un vino chiarificato con Bentonite e quello fatto con Gelatina….poi ripeto la solforosa ,che può anche essere prodotta autonomamente durante la fermentazione,non è responsabile del mal di testa.vi sono studi anche riportati sul blog del grande Gianpaolo Paglia ,poggio Argentiera, che spiegano tutto,discussione anche avvenuta su vinix.mi piacerebbe metterti i link,ma sono troppo lofi.Io dico c’è una legge, suguiamola.Non è questione di prese per il culo è che certi i finocchi con il culo degl’altri (come diceva un comico a zelig)…..senti questo vino macerato sulle bucce per 2 mesi senza lieviti e senza filtrazione, poi lo bevi ed è ossidato con volatili che sembrano Rapaci.Poi per fortuna non sono tutti così.
        Ciao e Buona serata e speriamo non troppo fredda ,visto che siamo già a -9 alle 23.
        gp

  29. Bravo Gian Paolo, condivido appieno quanto hai detto, soprattutto perchè vieni da un’ esperienza diretta in questo campo.
    E’ necessario, e sottolineo necessario, che la gente capisca che il bio non lo si può fare ovunque, che le condizioni climatiche cambiano da zona a zona, che le condizioni di lavoro cambiano da zona a zona!
    Chiaro, non prendere quanto dirò come una provocazione, ma non credi che il fatto di sapere che si trattava di vini Naturali abbia potuto influire sul tuo giudizio? non credi che degustando alla cieca gli stessi 14 vini le cose potrebbero cambiare?
    adeeeso scusate ma ho lasciato il suv acceso…

    1. guarda enrico, può essere benissimo che io mi faccia inconsciamente influenzare, però eravamo in tre e il giudizio è stato unanime (anche qui campione non rappresentativo di tutti i bevitori della terra).
      Però io ero in Alto Adige per motivi commerciali, faccio il rappresentante e quando cerco un’azienda non mi preoccupo dei tre bicchieri, dei soli veronelliani, dei vini frutto e via discorrendo, ma soltanto del fatto che al ristorante una bottiglia in due deve finire dopo antipasto e primo piatto e sicuramente prima che arrivi la seconda portata. Se dovessi fare una scelta tra quello che ho bevuto l’altro giorno non avrei dubbi, nonostante il non bio sia diversi anni che colleziona cristalli dalla più influente (commercialmente) guida enoica.

      Rimane il fatto che di bevute con bottiglie stagnolate me ne son fatte davvero tante e anche di bottiglie lasciate a metà sul tavolo di un ristorante purtroppo nella mia vita ce ne sono state.
      Non vuol esser un giudizio assoluto, ma soltanto il mio giudizio.

    1. e se ti dicessi che esistono varietà di uve, ottenute con incroci vari, che non necessitano di alcun trattamento?
      Io i vini da queste uve li ho assaggiati e per me conta poco: la prova del bicchiere è fondamentale, io me ne frego se uno vinifica in modo convenzionale o in modo “bio-qualcosa”, non mi importa se uno va al vinitaly o a villa favorita, mi importa soltanto che la bottiglia si lasci bere e che il giorno dopo non mi venga un mal di testa che metà è sufficiente. Se poi quel vino aderisce anche al territorio meglio, ma non lo ritengo fondamentale.

      1. dei cosidetti diretti ne ho sentito parlare, sono sicuramente una cosa bella ma potresti immaginare la valtellina senza nebbiolo, il chianti senza il sangiovese, il piemone senza barbera, la valle d’aosta senza i mille vitigni autoctoni o locali che ha, etc.
        Un territorio non può prescindere dala sua storia, anche e soprattutto enoica.

  30. Mi inserisco in questa diatriba sperando di non innescare micce, nel senso che stando in vigneto non ho tanto tempo per commentare.
    Mi presento: mi chiamo Carolina, sono un enologo ma ancora prima una produttrice di vino assieme a tutti e 3 i componenti della mia famiglia, e scrivo dalla provincia di Treviso.
    Conosco il caso Prosecco e posso dire che la zona è stata estesa fino a Trieste per non perdere l’appellativo “Prosecco” e non per fare del mero businnes; infatti i nuovi impianti di tale varietà avranno dei controlli rigidi per non avere un surplus di produzione che possa influenzare il mercato e aumentare la produzione nelle zone che non sono “tipiche”.
    (Poi come tutte le “vacche che si possono mungere” verrà cavalcato anche il Prosecco per cui sarà comunque una cosa di businnes).
    Detto questo torno al senso delle domande poste da Giovanni sul fatto che ci sia più o meno confusione sui vari vini bio, biodinamici, naturali, veri, sani aggiungete voi altre definizioni.
    Concordo che i sia confusione e che ognuna di queste branche tenti di portare certificazioni o autocertificazioni, come concordo che il consumatore non abbia tutti i mezzi possibili per verificare la bontà di una produzione rispetto ad un’altra. C’è anche da dire che quantomeno chi si raggruppa cerca di lavorare con una determinata filosofia dandosi dei paletti e cercando di rispettarli. Detto questo aggiungo che qualsiasi tipo di controllo può essere schivato facendo i furbi, quindi alla fine sta tutto nella coscienza delle persone presentarsi per quello che sono e dire cosa fanno o meno nei loro vigneti e nelle loro cantine.
    Mi trovo concorde in linea di massima con quanto detto da Enrico e Gian Paolo ovvero che solo se si vive la vigna si sa come operare in essa, si padroneggia il metodo dei trattamenti e tutto quello che ne consegue (raccolta, potatura ecc); noi per esempio non siamo ne biologici ne biodinamici, cerchiamo solo di fare le cose fatte per bene nell’ambiente che abbiamo che presenta nebbie, umidità alta, piovosità alta. Questo significa fare i trattamenti con zolfo e rame appena smette di piovere sennò si perde il raccolto, sia un giorno come il 15 agosto che una domenica di festa; ma allo stesso tempo significa anche tirare lungo se non piove senza fare i trattamenti ogni settimana. A noi interessa fare le cose stando bene, ecco spiegato perché non usiamo sistemici: perché usandoli ci suicideremo e non saremmo più liberi di prendere un chicco di uva dal nostro campo e mangiarlo senza morire. Io per esempio non me la sento di fare biologico o biodinamico in queste terre con questi climi: perderei il raccolto ogni anno. Ma questo limite che ho ora (l’esperienza forse potrà portarmi un giorno a fare anche biologico o biodinamico) comunque non è essenziale per fare altro, ovvero usare meno chimica possibile come scelta di vita. Nel frattempo mi istruisco su cosa vuol dire fare biologico o biodinamico, su chi era Steiner e su cosa diceva (e consiglio a tutti di andare a qualche seminario organizzato da “Le Madri” a Rolo, trattano l’argomento in maniera interessantissima sia con Pistis che con Bellotti), non parto a convertire la mia azienda di botto solo per moda.
    Per quanto riguarda la cantina, nonostante i miei studi applico ben poco di quello che ho trovato scritto nei libri, uso l’esperienza e la sperimentazione: faccio prove su prove, in vendemmia dormo pochissimo, osservo e ascolto i nostri vini almeno una volta al giorno, e so esattamente fino a dove posso spingermi ora. Tutto questo è frutto di esperienza, oppure di “mazzo” o “culo” o curiosità.
    Ci tengo infine a dire che ho le mani rovinate e piene di calli, segno che il mazzo me lo faccio, ma con gusto 🙂 ora vo a letto che domani si pota. Grazie dell’attenzione e scusatemi se ci metto un po’ a ripassare. Carolina.

    1. Carolina, nessuna miccia innescata. Sono davvero contento che alla fine siano emersi commenti costruttivi da chi la vigna la lavora davvero come tu, Enrico, Gian Paolo e Corrado. Un contributo molto importante il tuo. Grazie!

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