Prendo spunto da questo post dell’amico Franco Ziliani, relativo al territorio trentino, per lanciare nuovamente un sasso verso la Franciacorta.
Produrre metodo classico costa, così come produrre Franciacorta. Un anno e mezzo, a volte due, prima di poter commercializzare il vino. Le bottiglie sono prima accatastate, poi messe sulle poupitre, riprese nuovamente per la sboccatura e poi ancora per il confezionamento. Costi commerciali e di logistica, solo per citarne un paio.
Allora, se tutto quanto ha un costo, come diavolo si fa a vendere un Trentodoc a 3,49 euro?? E allo stesso modo vorrei sapere come si possa vendere un Franciacorta a 5! Nel caso del Trentodoc la vendita è gestita da un discount che ha creato un proprio marchio, mentre per il Franciacorta il prezzo, è quello di vendita diretta da parte di qualche azienda rivolto a ristoranti, wine bar, ecc.
Ma com’è possibile, o meglio, chi può permettersi di vendere un prodotto tanto costoso a una cifra tanto bassa? Il contadino che coltiva la sua terra da sempre e quindi non ha sulla “groppa” l’onere dell’investimento dei terreni(per fare un esempio), oppure l’imprenditore poco lungimirante(è un paradosso che chi produce vino non sia lungimirante) che dopo pesanti investimenti deve solo preoccuparsi di non essere in perdita? A voi “l’ardua sentenza”.
Questo è senza dubbio il segno evidente della totale assenza di “cultura enoica”, che sfocia poi in una assoluta mancanza di rispetto per il territorio e per chi nello stesso vive grazie all’indotto generato dal mercato del vino, da parte di chi specula senza creanza. Mancanza di rispetto forse non voluta, a causa della profonda inconsapevolezza della materia, ma certamente lesiva.
Di questa politica dei prezzi, di questa concorrenza priva di sentimento che riduce il mercato del vino alla stessa stregua di quello delle pannocchie, o del tondino, chi ne fa le spese? Certamente il territorio stesso nel suo intrinseco valore, così come i produttori di vino, gli stessi che dovrebbero essere tutelati, poiché il loro compito è di tutelare un territorio che rappresenta un bene comune.
Per il bene comune esistono i consorzi, amministrati dai produttori stessi, nella cui etica risiedono la valorizzazione e la tutela del territorio, dal quale ogni consorziato attinge.
Ma non credete che tutelare un territorio non voglia dire solamente produrre un vino attenendosi ai disciplinari, che gli stessi produttori hanno stilato, ma voglia anche dire rispettare un’etica morale e comportamentale nelle questioni commerciali, per far si che le stesse non possano recare danno all’intero sistema?
A mio parere credo sia fondamentale il rispetto per certe regole non scritte. Principi che non hanno come fine quello di stabilire norme per una concorrenza commerciale equa, bensì per un “antagonismo”, che non appaia stupido agli occhi del consumatore.
Penso che alla fine, di questi atteggiamenti, ne faranno le spese tutti, chi più, chi meno. Qualcuno sta già pagando pesantemente, altri si sono già dovuti arrendere, schiacciati dalla mancanza di regole in grado di tutelare il territorio, dalla stupidità dell’uomo…
Che sia arrivato il momento di fare qualcosa prima che qualcosa si faccia noi??
p.s. ho solo lanciato un piccolo sasso.
di aziende franciacortine che escono a prezzi assurdi (9,20 con 1+1= 4,60 per un brut) ce ne sono state, ce ne sono e ce ne saranno sempre, ma il problema è capire perchè.
Forse che si è fatto il passo più lungo della gamba invstendo milioni di euro e poi producendo un franciacorta di valore dubbio?
Io la chiamo selezione naturale, prima o poi l’industriale bresciano la smetterà di pensare che l’azienda franciacortina fa figo e comincerà a fare i conti come i deve.
Piccola provocazione: premesso che concordo con il tuo scritto, è più scandaloso un brut a 5 euro o certe bollicine, sempre franciacortine, a 20 e più euro?
Chiaro, ti risponderò con un post. Anche alle domande-provocazione che ancora non hai formulato.
Ben detto Giovanni;il discorso si potrebbe copia-incolla anche alla mia terra ,dove trovo bottiglie piene che costano meno di quelle vuote. La gente stai sicuro che ti guarda maliziosa pensando che il tuo prezzo sia sbagliato…..ho anche poca fiducia nei consorzi, enti e delle nostre associazioni. Io no mollo ,speriamo che cambino loro.
Ciao e a presto Gian Paolo
finalmente qualcuno che parla di etica commerciale, bravo giovanni.
dico finalmente perchè oggi senbra che la suddetta etica molta gente se la sia messa sotto le scarpe e l’abbia calpestata ben bene.
chi lavora la terra e coltiva le uve sa qual’è il valore del suo lavoro e non accetta di svendersi a certi prezzi, il problema è che c’è tanta gente che ha speculato in viticoltura investendo le liquidità provenienti da altre fonti.
intendiamoci, nulla di male, l’unico problema è che tutto ciò sia stato fatto con il solo scopo speculativo, senza affidarsi a persone competenti, senza pensare al fatto che l’agricoltura sia prima di tutto cultura e custode di un territorio e delle sue tradizioni.
questo vale tanto per chi si svende quanto per quei personaggi che sono convinti di potare vendere certi vini a prezzi alti solo perchè in etichetta riportano un nome di una denominazione, anche questo fa il male delle viticoltura in quanto fa sì che il consumatore perda passione e interesse per il vino, e soprattutto crea confusione.