Quando m’imbatto in un gruppo di turisti stranieri lungo le molteplici bellezze del Benaco mi diverto a origliare le spiegazioni della guida turistica che li accompagna.
Quest’estate, in una calda domenica pomeriggio d’inizio vendemmia, traducendo il tedesco scolastico di cui ammetto conoscere ben poco (mi ha aiutato una traduttrice DOC) ho sentito una di queste guide dare una descrizione meravigliosa del territorio gardesano.
Veniva descritto il Benaco come “un piccolo riassunto dell’Italia…si passa in pochi chilometri dalle antiche rovine romane di Catullo a Sirmione, ai palazzi vittoriani desenzanesi; Salò con la storia e le architetture che lo legano al Novecento, le alpi che dal Trentino mitigano le caldi estati e a sud le umide correnti della Pianura Padana; Rovereto, Bardolino, Lazise, Peschiera a est,le architetture della Repubblica Veneta; a sud San Martino della Battaglia…e se l’occhio è abbastanza forte e la giornata limpida più a sud si possono intravedere i colli mantovani con il loro sapore vagamente Romagnolo”…
Se uno straniero dovesse chiedermi alcune caratteristiche dei vini che sono prodotti sul lago di Garda, penso che non potrei non rubare da quella guida l’intuizione de “Italia in miniatura” facendola mia. La molteplicità dei prodotti e la complessità dei microclimi rendono eccezionale il potenziale enologico di questo territorio. Penso che anche il lettore possa essersi già fatto un’idea analoga in merito a questo variopinto territorio.
Indi per cui, la richiesta di descrivere le caratteristiche dei prodotti gardesani può essere esaudita solamente suddividendo le descrizioni delle caratteristiche dei comprensori uniformi che compongono il bacino del Benaco, altrimenti rischiamo solamente di fare confusione e non essere obbiettivi con i giudizi sui prodotti. Mi focalizzerò principalmente sui prodotti bresciani, di cui dispongo maggiori dati, lasciando la possibilità nei commenti di aggiungere a corollario alcune considerazioni su tutti i territori del comprensorio gardesano e le zone limitrofe. Invito coloro che dispongono di ulteriori informazioni ad intervenire e completare la visione dell’annata viticola; sono molto interessato alle impressioni che gli agronomi hanno avuto nei mesi primaverili ed estivi; analogamente mi piacerebbe altresì sentire le impressioni degli enologi relativamente ai risultati ottenuti dalle uve della nuova annata.
Oggi parlerò – con i dati di cui dispongo – La Lugana.
Le condizioni climatiche dei mesi estivi – soprattutto in luglio – hanno influenzato metabolismi secondari (precursori di aromi tipici del vitigno) e piccole differenze di peso medio del grappolo rispetto le annate 2007-2008: ho notato un incremento nello spessore della buccia, uno stato sanitario dei grappoli ineccepibile, un leggero incremento del peso medio per acino; alcuni agronomi mi hanno confermato che – nonostante il caldo della settimana di ferragosto – i grappoli vendemmiati erano pieni, di facile spremitura e i mosti molto più limpidi rispetto le precedenti annate.
Le piante hanno portato a maturazione tecnologica i grappoli destinati alle basi spumante circa 7 giorni in anticipo rispetto al medesimo periodo del 2008; già nella seconda decade di agosto si è iniziata la vendemmia, conclusa, per le basi spumante, a fine agosto. In queste uve ho rilevato il basso livello in potassio (-25% rispetto la media delle basi spumante del 2008) e un tenore di acido malico nel trebbiano prossimo a 1.4 g/l sui mosti appena spremuti. L’azoto prontamente assimilabile era mediamente attorno ai 300 ppm (con una dispersione media non superiore a 35 mg/l) e acido tartarico di norma superiore ai 3.2 grammi/litro.
L’acidità totale, nel complesso, ha tenuto bene anche dopo la torrida settimana di Ferragosto. Anche il potassio non ha subito l’incremento che ci si attendeva, a favore di una maggiore finezza delle basi spumante.
La vendemmia per il Lugana destinato al vino fermo si è svolta a ridosso di fine agosto e i primi venti giorni di settembre; le grandi cantine hanno razionalizzato la vendemmia a seconda delle disponibilità tecniche ed umane; i prodotti ottenuti presentano una buona omogeneità in termini di profilo acido e grado alcolico potenziale. Ho costatato una bassa eterogeneità dei vigneti e una distribuzione delle maturazioni influenzata soprattutto dalla forma di allevamento più che dalla locazione del vigneto. Il tenore in zucchero è aumentato regolarmente per tutta la prima settimana di settembre, per subire un leggero decremento in produttività dal termine della prima decade. Analogamente l’acidità è diminuita, ma non crollata a ridosso della maturazione fisiologica, questo a favore di una maggiore costanza nel profilo acidico. Come accennavo nel titolo di questo post, ne ha beneficiato anche la finezza aromatica della materia prima.
Alcuni piccoli viticoltori hanno atteso qualche giorno in più per la vendemmia, portando a sovramaturazione l’uva. Questo inconveniente tecnologico è stato minimizzato dall’abbassamento repentino della temperatura a cavallo della seconda metà di settembre, e i metabolismi relativi alla sovramaturazione hanno rallentato quanto è bastato per minimizzare gli effetti. I mosti non hanno presentato grosse differenze in termini di ossidabilità e il livello di polifenoli polimerizzabili non è aumentato significativamente per i prodotti raccolti dopo la prima decade del mese.
In definitiva nei prodotti del Lugana che ho potuto visionare ho trovato una buona uniformità nei dati analitici, l’acidità tutto sommato ha tenuto bene e mediamente si è aggirata ben al di sopra dei 6.3 g / l con una ripartizione tra acido tartarico e malico di 2,75:1. Il torrido agosto ha sì abbassato il livello di acido malico, ma con influenza meno significativa se confrontati questi dati con i dati relativi ai vini fermi ottenuti in Franciacorta e vendemmiati a inizio mese.
Azoto prontamente assimilabile spesso superiore a 320 g / l (l’anno scorso la media per i Lugana era a cavallo dei 220 g / l) e potassio mai sostanzialmente superiore ai 1600 mg/l, nemmeno sui prodotti vendemmiati tardivamente.
Insolitamente puliti i mosti ottenuti quest’anno hanno presentato dopo refrigerazione bassa torbidità e una buona attitudine alla fermentazione; si sono notati incrementi di resa fermentativa di un paio di punti percentuali rispetto ai modelli previsionali e non ho avuto notizia di insoliti arresti fermentativi durante la coda di fermentazione.
Spesso si trascura quanto le condizioni in campo influiscano sulla qualità del prodotto finito; sono convinto che dato l’elevato standard e l’uniformità qualitativa delle materie prime, l’ineccepibile stato sanitario delle partite prodotte, i parametri chimico – fisici a livello ottimale ogni cantina riuscirà ad imprimere la propria personalità ai prodotti creati.
Diverse personalità di un vino dal carattere riconoscibile ed unico che riesce – nonostante la crisi del settore vitivinicolo – a mantenere elevata la visibilità e la reputazione di questa zona gardesana nel panorama vinicolo italiano.
Davide Camoni