Ore 20 e 50, al telefono: “Scusa, mi confermi che all’asilo – leggi scuola materna – il mio “simbolo di riconoscimento” fosse il quadrifoglio??”
E’ quello che ho chiesto a mia madre dopo essere entrato in casa di Nico (il Sole), rimanendo conquistato da un’immagine evocativa di un passato tanto straordinario quanto lontano. Simona, stava cucendo il simbolo di riconoscimento sulla sacca del cambio e sulla salviettina del kit di sopravvivenza per l’asilo di Tiziano, che di tutta risposta mi ha detto “no è asilo! E’ cuola materna”. L’Elicottero Giallo. Naturalmente mi ha spiazzato per la perentorietà con la quale si è espresso, sto nano di tre anni (!), ma dopo dieci minuti era nel mezzo dell’ingresso in mutande, brandendo tra le mani un asciugacapelli più grande di lui, “fonandosi” la testa dal basso verso l’alto e prendendo così le sembianze di Thomas Milian in “Faccia a Faccia”.
A quel punto, ma solo a quel punto, le mie certezze che si potesse chiamare ancora Asilo, cominciavano a prendere forma.
Parte la cena, io seduto di fronte al “Fonato”. Subito ci lanciamo un guanto di sfida per chi finisce prima quello che c’è nel piatto – è palese il mio debole per lui, forse anche perché non potrò mai dimenticare la notte passata con suo padre, quando è venuto al mondo -.Sfida senza storia, poiché ero affamato e Nico nel piatto mi ha servito un risotto fantastico, mantecato con un formaggio cremoso delle nostre valli, che gridava di essere mangiato. Il secondo ha visto un tripudio di bisteccone alla piastra, accompagnate da cornetti al vapore.
A “innaffiare” tanta bontà di cucina casareccia, una bottiglia di Lugana 2002 di Ca’ Lojera. Appena versato nel bicchiere pareva soffrire, al naso, di un’eccessiva maturità da bottiglia, ma dopo pochi minuti ne è uscito di slancio con una nota ossidativa davvero gradevole, in un tangibile ma piacevole contrasto alla frutta matura che si coglie poi. In bocca c’è vita eccome! Equilibrata uniformità espressiva con una ben definita acidità a ricordare ancora una volta come questo territorio “brescian – veronese” con le sue argille sia in grado di creare vini di grande spessore comprovabile nel tempo. Un plauso va certamente alla sempre dolce Ambra Tiraboschi per la tenacia che riesce a trasferire nei suoi vini.
Questo Blog ha come preciso obiettivo quello di rivelare un progetto che naviga nel confuso mondo del vino, cercando di raccontare come lo vivono le persone e, conseguentemente, le aziende che ne fanno parte. Si parla e si parlerà, sempre più, di quello che avviene nelle aziende Camossi, Cantrina e Colline della Stella, ma anche di cose altrettanto interessanti come il lugana di Ambra, i dati della vendemmia, o ancora le mie piccole polemiche. In ogni modo, alcune cose sono raccontate con la dovuta serietà, altre invece devono essere espresse nella miglior forma, per essere in grado di ricordare che il vino, è anche aggregazione e condivisione in alcuni dei momenti più belli della nostra vita.
Ora: stappatevi una bottiglia – quella che vi piace di più, quella che vi va – e bevetene un bicchiere di gusto. Poi bevetene un altro, un po’ per sentirlo meglio e un po’ per prendere lo spunto e il coraggio di scrivere qui sotto il “simbolo di riconoscimento” che vi era stato assegnato all’asilo. Sono certo che vi ricorderete sempre, da qui in futuro, di quella volta che a trentaquattro anni – nel mio caso – avrete svelato in un blog il vostro simbolo. Allo stesso modo ricorderete sempre il vino che vi ha aiutato a farvi “scucire” tale segreto e i più fortunati, avranno modo di ricordarlo unitamente a una splendida serata, magari in compagnia di un caro amico e della sua famiglia.
Quindi, vi ricordate il vostro “simbolo di riconoscimento”?
io il mio me lo ricordo, ma un pò mi vergogno a dirlo…adesso mi rendo conto che dovevo aver beccato quello più sfigato di tutti…altro che sole e quadrifoglio…
Il mio simbolo era un gatto. Ne ero molto orgogliosa. Di quelli con il fondoschiena appoggiato, le zampette davanti dritte e la coda avvolta. Negli scout il mio totem era lince estrosa. Un destino felino. Spero non siano le unghie ad accomunarmi a loro!
@ Anna: ora devi dirci il tuo simbolo, Maschio!
@ Valentina: mi piace “lince estrosa”! Meno gli scout… Ma questa è un’altra storia…
non posso…davvero… è troppo imbarazzante
Vuol dire che non hai ancora bevuto il secondo bicchiere di vino, che nel tuo caso potrebbe essere birra, o meglio ancora un distillato… 😉
IO avevo i colori invece dei simboli…
P.s. Comunque Ca’Lojera un prodotto ben fatto per non parlare del progetto che stanno costruento passo dopo passo!!!
Indimenticabili il mio lucchetto rosso e la terribile Direttrice maestra Ginevra.
A proposito degli scout andrei un pochino più cauto nei giudizi… scommetto che li conosci superficialmente.
Il mio totem era cinciallegra espansiva! Che fai? Entro a pieno titolo nella colonna di quelli che non ti piacciono?
Anche “lucchetto rosso” e “cinciallegra espansiva” mi piacciono molto. Per gli scout sono disposto a ricredermi dopo aver sentito i vostri splendidi totem… 🙂
che straordinario quadretto! oggi ho finito il tutto con la macchina da cucire.
grazie per aver descritto il ‘mio terremoto’ in modo tanto carino. sappi che quando vuoi, c’è sempre un asciugacapelli anche per te!
p.s. è terribile da confessare, ma io non sono sono mai andata all’asilo/scuola materna. scappavo dal cancello!
Simo, l’asciugacapelli lo eviterei e poi nemmeno con quello riuscirei a pettinare la mia peluria! 🙂
…agli ordini Arcari…il mio era un telefono senza fili nero…
Il telefono senza fili? Più moderno dell’elicottero giallo!
il mio era un cavallo su sfondo giallo, solo che il mio non era rampante.
a dire la verità tra quelli in scelta il cavallo non c’era, ma il ce l’ho avuto lo stesso, visciat…..
E COME DIMENTICARE IL SIMBOLO CUCITO SUL GREMBIULE E SULLA SACCA,
“LE POSATE” CHE BUONGUSTAIO.
il mio forse era un coperchio o forse il coperchio era di mio fratello cipri…più del contrassegno dell’asilo ricordo le posate da asciugare…o ero massaia allora e non lo sono più adesso ? Il vino preferito è quel gewuztraminer da centellinare (aziendabiodinamicadaltappocorona )ormai finito da tempo !
In casa mi è rimasto… il “diffusore” per domare la tua chioma.
CIAO GIO’
La porta. Mi sono chiesto anche io quanto la casualità dell’assegnazione di un simbolo in un ecosistema quale l’asilo potesse già determinare l’ordine sociale e l’ascesa di anonimi soggetti.
Ma io ero “la porta”
@ danilo: un destino segnato!
@ Cristina: sono davvero contento che tu mi segua. Son certo che Cipri, avesse una moto! In ogni modo passerò per quel “diffusore” quanto prima.
@ Davide: ho sentito Silvio, il quale mi ha confessato che il suo simbolo era San Francesco. Direi che in questo caso, mai simbolo fu più azzeccato! 😉
incuriosito dalla foto del lugana di Ambra (la mia azienda preferita nella zona del Lugana) ho letto e ricordato il mio avatar dell’asilo: un cigno.
Questa sera per ricordare meglio la sua eleganza nel fluttuare sull’acqua berrò una bottiglia (altro che due bicchieri) di San Leonardo, probabilmente 1996, il mio taglio bordolese italiano preferito.
il mio simbolo dell’asilo /scuola materna / primo mondo era costituito da tre ciliegie, lo stesso frutto che mi divertivo a mettere sulle orecchie, vero, con tanto di picciolo, come una bimba vanitosetta. per poi mangiarlo a piedi nudi, in giardino, nell’erba. quel frutto il cui colore mi ricorda il “ciccione”, il Groppello a me caro.
grazie a Nico in visita per un abbraccio di buon Natale vi leggo e ritrovo il segno distintivo dei miei tempi, l’amicizia
buon Natale a tutti voi con l’affetto di sempre, Ambra
Auguri a te e Franco cara Ambra…