Il caldo torrido di questi giorni non aiuta certamente a mantenere la calma, soprattutto se si è persone che a perdere la pazienza non ci mettono molto. Succede, in quest’agosto vendemmiale in un anno di vera crisi nel quale è necessario investire il doppio per ricavare la metà, che i nodi vengano al pettine e che, chi ha deciso di buttarsi nel mondo del vino più per investire dei “soldi d’avanzo” che non per continuare a fare di un’attività un modo per salvaguardare una cultura e mantenere vive le radici di una tradizione, succede appunto, che continui a rimarcare il suo interesse meramente economico danneggiando tutti. Danneggia l’immagine di un territorio, danneggia le persone che con l’attività vitivinicola campano e danneggia un sistema che si è costruito in tanti anni di duro lavoro. Così, in una fiaba d’agosto che poi tanto fiaba non è, arrivano alle mie orecchie, già infastidite dalla calura, voci di qualcuno che si permette di svendere l’uva facendosi beffa di chi lavora davvero. Qualcuno che di danni ne ha già fatti parecchi: dall’incapacità di produrre un vino di qualità perché privo di quella sapienza necessaria che poco dopo si è tramutata in una resa senza precedenti che l’ha costretto a “calare le braghe” per svendere quattro bottiglie (leggi qui) fino alla totale mancanza di rispetto per il territorio che lo ospita.
Così oggi, in netta difficoltà, può tranquillamente svendere le uve, incurante del danno che sta arrecando a tutti quelli che con quest’attività portano a casa il pane per la famiglia. Applicare una logica di mercato industriale a un prodotto come il vino trovo sia di una pochezza umana davvero imbarazzante.
Il vino non è qualcosa che si stampa, non è qualcosa al quale dare forma in un maglio e non è nemmeno solo l’evento “figo” nel quale persone vestite da prima comunione fanno i brillanti destreggiandosi tra calici e musica. Il vino lo produce il contadino e fare vino significa storia, cultura e amore per una natura sempre meno tutelata della quale ci accorgeremo solo quando non ne avremo più. Certe persone credono che il denaro gli possa permettere ogni cosa. Intendiamoci, ogni attività è avviata per un guadagno ma credo che ci si possa arrivare con maggior coscienza e maggior rispetto. Il denaro deve essere la conseguenza di un’attività e non di certo lo scopo unico. A loro vorrei ricordare che signori si nasce e che, loro, non avranno mai la speranza di poterlo diventare.
L’industria in generale non hà più rispetto per qualsiasi forma di artigianato.
Sono d’accordo che lò si fà tutti per guadagnare, ma ci sono sostanziali differenze a farlo senza scrupoli e rispetto, solo per il danaro, e farlo con passione ,amore e dedizione verso quello che si fà.
Io rispetto il piccolo, e sarò sempre dalla parte dei piccoli, perchè comunque lò facciano, bene o male che gli riesca… ci mette sempre passione e amore, e frutto del suo impegno, sudore e attaccamento.
I piccoli avranno sempre rispetto, in ogni forma e verso tutto e tutti, verso se stessi, verso il lavoro che fanno, e nel vostro caso rispetto per la terra e i frutti che lavorano e per quello che otterranno…..
Io sè posso preferisco bere, amore, passione e rispetto….ingredienti base di ogni bouquet.
Il calice dell’industria lò lascio volentieri ad altri………
Giovanni, il mio sarà un’intervento magari elementare, mà sai che apprezzo il tuo\vostro lavoro, fatto veramente e principalmente di amore, e non potevo non esprimere una mia piccola e modesta opinione.
Altro che elementare caro Gigio, il tuo commento è assai profondo e tocca il cuore del problema. Se si andrà avanti così si rischierà di perdere il patrimonio culturale che certe arti portano in seno. Io continuerò sempre a difendere questo!
Mentre stavo leggendo i tuoi post, il mio orecchio ascoltava Fahrenait dove si parla di piccole librerie, presidi culturali nel territorio, che stanno chiudendo perchè non riescono a sostenere i costi e la concorrenza delle grandi catene.
Io con mio marito abbiamo una piccola azienda vitivinicola che la mia famiglia, contadina da generazioni, ci ha lasciato perchè i miei genitori per ètà non riescono a condurre (anche se mio padre, settantottenne, è fondamentale per le potature invernali che praticamente fa da solo, 4 ettari). I miei sono riusciti a mantenere me e i mei fratellii agli studi con questi vigneti e un pò di seminativi, noi dobbiamo arrangiarci a fare anche qualche altro lavoro. Non vogliamo estirpare o dare in affitto i vigneti perchè io sono cresciuta su questa terra e noi abbiamo le conoscenze per continuare ma … quest’anno… è una tragedia. Ho deciso che se il prezzo dell’uva sarà quello che cercano di imporre i grossi produttori, io lascio l’uva sulle viti anche se mi piangerà il cuore (non oso pensare cosa dirà mio padre).
Noi iniziamo giovedì a vendemmiare i pinot, che vinifichiamo da soli ma il Friulano o amato Tocai rischia di rimanere sulle viti.
Scusa lo sfogo.
Hai fatto bene a sfogarti Lorma, a dare voce alle tue emozioni e ad essere arrabbiata per il degrado culturale che sta divorando il mondo del vino. Vorrei fare un post con il tuo commento, sperando che tu non abbia nulla in contrario. La gente deve sapere.
Grazie
Il post, se vuoi puoi farlo.
Ora inizia la vendemmia e non riesco a seguire molto i blog.
Il lavoro del contadino è sudore e fatica, solitudine e poca poesia.
D’accordo, però credo che nel lavoro del contadino alberghi molta poesia, oltre alla grande fatica, solo deve essere colta come tale…