Banco d’assaggio di Pescara: da rivedere la forma di queste iniziative.

logo franciacortaFrancamente fatico a capire a cosa possa portare un banco d’assaggio fatto in questo modo. Non capisco perché ci si voglia ostinare a far degustare i prodotti di un territorio, senza raccontare lo stesso e senza che esista, da parte degli avventori, la consapevolezza di cosa sia la Franciacorta e in alcuni casi addirittura dove sia ubicata. Non sto di certo additando come colpevoli di tutto gli eno appassionati, credo anzi che agli stessi sarebbe necessario fornirgli informazioni prima di portarli alla degustazione vera e propria. Lunedì ero presente anche io in quel di Città Sant’Angelo vicino Pescara e oltre alla discutibile organizzazione, il ghiaccio era inesistente e le temperature di servizio assolutamente inadeguate per la tipologia dei vini, a dar sostegno a quanto scritto sopra alcune domande che mi sono state poste. Mi è stato chiesto se il rosè che avevo in degustazione fosse la “famosa” malvasia rossa, oppure la differenza tra un Prosecco e un Franciacorta (che può anche starci) ma il top è stato toccato quando mi è stato chiesto, da una ragazza di circa trent’anni, se in Veneto oltre al franciacorta si produce altro metodo classico con altre denominazioni. Qualcuno mi saprebbe spiegare cosa non funziona? Qualcuno potrebbe dirmi se è una cosa così impossibile cercare di fare cultura nel consumatore in maniera che cresca in lui la consapevolezza di quello che andrà a degustare,  infondendogli la certezza che un banco d’assaggio non è un modo come un altro di bere qualunque cosa spendendo poco? Credo si tratti di un modo per rispettare anche il lavoro di chi, producendo vino, ha scelto di tracciare la strada che percorrerà per tutta la vita.

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4 risposte a "Banco d’assaggio di Pescara: da rivedere la forma di queste iniziative."

  1. Sicuramente avrebbe giovato una degustazione con spiegazione della Franciacorta visto che il livello di conoscenza è basso; devo dire però che anche i Franciacorta presentati tranne qualche rarissima eccezione erano di un livello basso; alcuni con una dolcezza veramente esagerata. Comunque ero andato esclusivamente per sentire i vini di Camossi e devo dire che mi sono sembrati molto interessanti. Vedremo l’evoluzione !!!
    Ciao Paolo

  2. Paolo, non voglio e non posso entrare in merito di ogni singolo vino perchè sarei in palese conflitto d’interessi. Sicuramente mi è dispiaciuto che non ci fossero alcuni amici che producono come piace a me. Il problema di fondo sta invece, come hai sottolineato tu, che il livello di conoscenza di cosa sia la Franciacorta e conseguentemente ciò che produce è davvero basso.
    P.S. Garantisco sull’evoluzione…

  3. Giovanni, questo significa che c’è ancora tanta strada da percorrere nella comunicazione enologica e, probabilmente, ancora tanta strada da tracciare!
    Alcune domande -permettimi, lecite, nella loro banalità- di coloro che ignorano il mondo enologico devono essere uno stimolo ulteriore e forse un modo differente di vedere i prodotti.
    La comunicazione enologica si autosupporta: esistono dei canali a cui tutti fanno, a ragione o a torto, riferimento (guide, vinitaly, enoteche, ecc)
    Comprendere la percezione del consumatore occasionale, permette secondo me di identificare nuovi sistemi più esaustivi, più efficaci per trasmettere la qualità del prodotto preso di volta in volta in esame.

    Probabilmente i tecnici parlano di OCM, di denaturanti, di allergeni, di zonazione, quando al consumatore medio finale sfugge la differenza (e ti assicuro, sfugge) tra doc, igt, vdt, brut, demisec, dry, frizzante/spumante, il concetto stesso di zona di produzione, molto più banalmente la definizione di grado alcolico e viene confuso il

    ti faccio un esempio molto semplice: prosecco, barricato, solfiti:

    il termine Prosecco identifica un prodotto bianco che fa le bolle (e quando va bene si differenzia dal Moscato perchè quest’ultimo sà di spuma bianca dell’oratorio), barricato significa qualcosa relativa ad un vino rosso (ma non è identificato il legno, è qualcosa da dire per fare gli intenditori di vino alla cresima del nipote, al quarto bicchiere svuotato), “solfiti” è il Maligno che si impossessa dei vini, rovinandoli, o comunque qualcosa che fa molto male, un po’ come il catrame che si legge a lato dei pacchetti di sigarette.

    altro da aggiungere? ci sarà spazio per una più corretta e radicale comunicazione.
    Ma per apprezzare un terroir, un bouquet, un monovitigno, forse, prima il grande pubblico occasionale, deve sapere la differenza esistente tra quello che è scritto sull’etichetta di una bottiglia e quello che in essa vi è contenuto.

    tu cosa pensi? – complimenti per il blog

    Davide

  4. Ho scritto che cose tipo la differenza tra Prosecco e Franciacorta possono starci, ma potevano anche essere evitate da una mezz’ora preventiva nella quale spiegare e raccontare il territorio prima che gli avventori degustino i vini. Per quanto riguarda i solfiti, sono certo che il 90% di chi si fa grande parlando di vino, non sa nemmeno di cosa si tratta ma li ha già condannati come il male oscuro. Se si vuole fare cultura di un territorio, questi banchi d’assaggio devono cambiare radicalmente, perchè così non servono a molto.

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