Metodo Classico: i soliti problemi di comunicazione

Ci risiamo. Ecco di nuovo emergere le lacune di chi si fregia di essere un comunicatore del vino, un conoscitore dello stesso e del suo mercato. Di chi in sostanza dovrebbe fare chiarezza nel consumatore. Ci risiamo con la sfida Champagne VS Spumante italiano. orini6

Leggo infatti sul numero 4 del mensile “Il mio vino” cose del tipo, parlando di “Talento”, “… quello che noi consideriamo il vero Champagne italiano…” e ancora “…un tesoro di etichette che possono battersi alla pari con molti Champagne…”. Per non dire di cose tipo “… la tecnica può portare fino ad un certo punto ma poi ci vuole l’amore e la competenza degli uomini.” Tutte parole scritte dal direttore della rivista, ovvero Gaetano Manti, nella presentazione del progetto “Talento”. Manti, il quale la scorsa settimana si è reso protagonista di un’uscita (poco felice) nella quale denuncia i wine blogger di non essere all’altezza di poter parlare di vino. Nell’indignazione “generale”, qualcuno ha giustamente ripreso la notizia, naturalmente, sul proprio blog: da Ziliani (potete leggere qui), ad Aristide (qui). Lasciando le accuse di Manti, voglio tornare su quanto scritto per rimarcare alcuni concetti fondamentali. Vogliamo ricordarci una volta per tutte che la Champagne è un territorio (una regione) che si trova in Francia e che quindi non può esistere il vero champagne italiano? E’ come se dovessimo scoprire un ottimo metodo classico in Finlandia e lo chiamassimo “il vero Franciacorta finlandese” oppure un ottimo Nebbiolo in Vietnam e lo chiamassimo “il vero Barolo del Vietnam”! Vogliamo dire al consumatore che oltre alla tecnica e all’amore dell’uomo, esiste una cosa chiamata Terra dalla quale nasce quel frutto che si chiama Uva che avrà caratteristiche diverse a seconda di dove viene coltivata? Vogliamo sottolineare l’importanza di un Territorio come fonte dell’identità di un vino? Ora, ho già detto in altre occasioni intervenendo in altri blog (qui) a proposito delle sparate di qualcuno a inizio anno, che non può e non deve esserci paragone tra Champagne, Franciacorta e Trento, in quanto stiamo parlando di tre territori macroscopicamente diversi accumunati da un metodo. Possiamo paragonare ogni vino di ogni dove all’Amarone della Valpolicella, solo perché applica la medesima tecnica dell’appassimento delle uve? Direi proprio di no. Ma allora perché questo avviene quando si parla di metodo classico? Forse perché viene fatta un’informazione abbastanza discutibile da chi non ha ancora le idee ben chiare? Smettiamola una volta per tutte di fare inutili sfide tra prodotti di territori diversi, in quanto molto spesso per questioni storiche, risultati raggiunti e quantità di bottiglie prodotte è meglio tacere per evitare figure barbine. Impariamo a valorizzare ciò che abbiamo senza necessariamente sparare a zero con grotteschi paragoni privi di inconfutabile valore. Un’ultima cosa ma non meno importante. In una nota a fondo pagina leggo “la qualità degli spumanti metodo classico nasce da una lunga e attenta lavorazione in cantina”. Sostanzialmente ci stanno dicendo che tutto il resto (il lavoro in vigna, l’attenzione nella tempistica di raccolta dell’uva… ecc.) sono fregnacce? Se questo è fare informazione…

P.S. Nella fotografia sboccatura di Franciacorta (vino prodotto con il metodo classico) “al volo” scattata da Francesco Orini.

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9 risposte a "Metodo Classico: i soliti problemi di comunicazione"

  1. finalmente,qualcuno dice queste cose, mi viene da ridere quando leggo e sento cose come quelle del “il mio vino” .Il problema è che il consumatore e spesso l’enotecario ci crede e poi?????
    sono casini!!!!!!!!!!
    Vai Gio continua cosi……………..

  2. La cosa più importante è rendere il consumatore consapevole di tutto quanto gli sta attorno. Spesso la realtà viene mistificata dagli interessi. Troppo spesso!
    Grazie Carlo, puoi contarci che continuerò così!

    1. Mah, che dire … Non conosco il sig. Manti ma se devo desumerne il rigore e la preparazione professionale da alcune sue affermazioni da te citate come “… il vero Champagne italiano…” o “… “la qualità degli spumanti metodo classico nasce da una lunga e attenta lavorazione in cantina …” non c’è da stare allegri … E alla luce di quanto detto uscire poi con delle considerazioni sulle competenze di altri – alcuni blogger in particolare – in merito al vino, beh direi che compie un harakiri mediatico, e senza nemmeno la grandiosa e lucida follia di uno Yukio Mishima. Concordo con l’osservazione del mio quasi omonimo Carlo, il problema è davvero il seguito che tali affermazioni possono avere, confondendo ancora di più un platea che già di suo è portata a prestare maggiore attenzione alla quantità d’informazione che non alla sua qualità.

  3. Silenzio per cortesia, che mi sto godendo il mio Pignoletto Champagne dei colli Bolognesi!!!
    E per pranzo, alla faccia tua, mi apro quel bel Amarone Australiano (in effetti nei primi anni lo chiamava Moda Amarone, poi a lasciato solo Moda in etichetta).
    Giovanni, parole dette, ridette, e poi ancora; lascia in archivio questo post, che fra 2 o 3 mesi (previsione ottimistica, probabilmente passerà meno tempo) lo dovrai ripubblicare, ne sono certo.
    Perchè, nel modo della disinformazione, non cominciamo a parlare di Cava Italiano, invece di Champagne Italiano, tanto la produzione è poco meno? Pensa che addirittura, se non ricordo male, i produttori di Cava hanno ottenuto il mantenimento della dicitura Cremant, perchè sono riusciti a dimostrarne l’utilizzo da tempo immemore.
    In sostanza credo che l’unico metodo classico Italiano che possa essere paragonato allo Champagne sia il Trento DOC; sai perchè? Al momento della stesura del disciplinare di produzione hanno copiato esattamente quello dello Champagne, vitigni e tempi compresi. Poi nel corso degli anni l’hanno adattato alla realtà dei fatti; solo per questo.
    Giuro, chiuso con le ca…..
    Per oggi!

  4. Caro Carlos, il mondo dell’informazione legata al vino ha bisogno di interrogarsi e spero lo faccia presto.
    Nicola, il Cava non ha il fascino dello Champagne quindi qui in Italia lo snobbiamo. Anche in Franciacorta si può utilizzare la dicitura Cremant, ma solo per chi già la utilizzava prima del 1996 (è una notizia che ho appreso negli ultimi giorni). Poi credo, come ho scritto, che sia controproducente cercare paragoni forti con i cugini francesi, a prescindere da quanto si sia copiato dagli stessi. In un territorio e nella sua cultura risiede l’identità di un vino. E’ questo che dobbiamo capire e salvaguardare. Per il resto non mi pare affatto che tu abbia detto cazzate, anzi!

    1. Il mio parlare di Cava era proprio per raffigurare l’Italiano-enoappassionato medio, cioè alla ricerca costante di un paragone, di un raffronto, per cui Cava o Champagne è comunque sbagliato. Alla prossima settimana

    2. Se può avere un nesso e un senso ti copio la seconda parte di quanto apparirà nella prefazione della mia guida ai ristoranti nel numero di Terre in stampa:


      Parlare di ristorazione, di metodi di produzione del vino, di tecniche culinarie ha attirato uno stuolo di comunicatori, giornalisti e improvvisati esperti che sino al giorno prima si erano occupati di ben altri argomenti, col risultato di offrire un’informazione senza solide basi, generica e priva di una solida struttura. Senza contare poi quella al servizio di certa industria e distribuzione che, ben lontana dall’interessarsi realmente di chi produce e propone cibi e bevande con vere radici nella tradizione o fa della ricerca seria e innovativa, ha come unico fine quello di raggiungere precisi risultati economici. Le conseguenze? Disorientamento, miriadi di “consiglieri” che conoscono, solo loro, il “posto giusto”, tanti consumatori che decretano il successo di locali pressoché inconsistenti quando non deleteri e disertano, troppo difficili, i non molti che propongono una cucina fatta di continua innovazione, di reale attenzione a ciò che viene messo nel piatto. Locali che affrontano ogni giorno la fatica di essere coerenti con le proprie idee, la propria originalità e identità. Cucinare, ma anche proporre cibi veri, non standardizzati è impresa ardua, che necessita di competenza e amore: parlate con chi vende un formaggio o suggerisce un piatto, chiedete spiegazioni delle sue scelte, dell’obiettivo che si era posto, vi renderete conto abbastanza rapidamente se vi sta vendendo “aria fritta” o il risultato di lavoro, impegno, passione.

    1. Mmmmm … mah. come dire, ecco insomma, visto le tue assenze, i non inviti, penserei, direi che … Certo caro Giovanni, dopo il “salto” per lo speciale Mille Miglia, tu e Nico apparite in tutta la vostra radiosa bellezza … Entro una settimana penso di poterti dare qualche copia fresca di stampa. A presto.

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