Come già pubblicato dall’amico Gianni Briarava sul suo blog, riporto di seguito i miei pensieri relativi ai modi con i quali si degustano i vini per poi giudicarli.
G.A
DEGUSTAZIONI DI VINI ALLA “CIECA”: è il momento di fare maggiore chiarezza.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita esponenziale di sedicenti professionisti della degustazione enoica. Nell’ultimo decennio l’interesse e gli interessi nel mondo del vino sono cresciuti moltissimo e di conseguenza, anche il modo di fare informazione. La rete offre a tutti (noi ne siamo un esempio) la possibilità di creare un blog come contenitore dinamico d’informazioni, di idee e di giudizi, assolutamente personali da parte di chi scrive. Il problema subentra quando chi scrive di vino, si dimentica del valore esclusivamente soggettivo del proprio parere, delle proprie idee e dei propri giudizi, non che della sua professione. Può capitare così, che “l’immemore scrivano” fomentato dal successo accecante, si immoli al ruolo di profeta, dimenticandosi che il suo modo di giudicare il vino ha poco a che fare con la matematica e con la tecnica enologica, della quale millanta di conoscerne le sinuosità, scivolando così nel ridicolo più grottesco, alterando la sensata e leggera informazione possibile, in una massa informe di presuntuosi concetti, atti solo alla gloria della mano, che brandisce la penna.
Le famose degustazioni alla “cieca” sono più che mai una delle cose più incomprensibili ma al contempo uno degli strumenti d’affermazione, di quella che oggi è una classe professionale che pesa, e non poco, nel difficile ruolo di essere “guida informativa” di un mercato.
Ma come funzionano queste degustazioni alla “cieca” e come si articolano? E’ presto detto. Prendiamo per esempio una di quelle anteprime che vengono organizzate dai consorzi di tutela di questa, o piuttosto quest’altra regione vinicola. Innanzi tutto viene organizzato un servizio di sommelierie, che si occuperà dei vini con i quali verranno riempiti i calici delle commissioni di degustazione. Nella forma a mio avviso più corretta, i sommelier dovrebbero passare di calice in calice, versando il vino da una bottiglia coperta,priva della capsula, e con ben visibile il numero del campione. I vini, suddivisi in batterie per poter permettere una pausa tra l’una e l’altra, vengono valutati dalla commissione preposta, secondo una scheda che poco si differenzia da una degustazione e l’altra. Alla fine “dei giochi” ad ogni degustatore viene consegnata una scheda, riportante il nome del vino e dell’azienda che lo produce, corrispondente al numero del campione degustato. A questo punto pare comincino i problemi, in quanto il degustatore ha la possibilità di riassaggiare (dopo aver confrontato il voto da lui espresso con il nome del vino) ogni campione in concorso. Ed è proprio a questo punto che si concentrano i dubbi e le perplessità di produttori, consumatori e appassionati sull’onestà intellettuale e le reali capacità di chi, per l’appunto degusta, valuta e poi riporta i propri giudizi in un “contenitore informativo”.
Ma esiste, in questo caso, un metro valutativo perché si possa determinare se chi degusta, ne sia davvero all’altezza e se ciò che scrive, sia veramente il frutto di ciò che i suoi preparati sensi gli hanno trasmesso? Purtroppo non esiste nulla del genere, non esiste perché l’unica cosa attestabile, realmente verificabile nel vino, non è altro che la tecnica che lo compone, la chimica. Tutto il resto sono personalissimi pareri e quindi, neppure scientificamente smentibili.
La proposta che voglio fare, che vorrei discutere con giornalisti, degustatori ed appassionati è molto semplice: alla fine di ogni degustazione, si lascia tutto il tempo che si vuole per degustare anche cento volte questo o piuttosto quell’altro campione, ma senza mai rivelarne l’etichetta. Prima di uscire dalla sala, al degustatore verrà timbrata e fotocopiata la copia della scheda con le valutazioni riportate per ogni campione e solo a quel punto verranno rivelate le etichette corrispondenti ai numeri. Dal mio punto di vista sarebbe un modo con il quale i consorzi, potrebbero tutelare in egual misura ogni azienda che decide di presentare i propri campioni; dalla grande cantina al piccolo agricoltore. Ma al contempo sarebbe un modo per far si che i bravi degustatori, si possano distinguere da quelli che lo sono meno, oltre ad un modo per evitare quei fastidiosi fiumi di polemiche che seguono sempre certe manifestazioni e certi giudizi. Un modo per fare chiarezza.
Giovanni Arcari
caro Giovanni finalmente qualcosa di interessante in provincia di Brecia….
ti faccio un in bocca al lupo per la tua nuova avventura e per il progetto “terrauomocielo” che sono sicuro ti darà molta soddisfazione…
ciao
Grazie Felix,ce la metterò tutta come sempre!Seguimi,mi raccomando..
Grande GIO….Al tuo progetto ci crediamo, e ti “sponsorizzeremo”!!!
Avanti tutta, e largo ai giovani.
Oggi stapperò un dosaggiozero di Arici in tuo onore per l’apertura del tuo blog..
Andrea